Stallo nei negoziati al vertice Ue sul Recovery fund

Alla ricerca di un compromesso per il futuro dell’Europa

President of European Parliament David Sassoli (L) and President of the European Council Charles ...
18 luglio 2020

Come ampiamente previsto, la prima giornata del vertice dei capi di Stato e di Governo dell’Ue sul Recovery fund (e sul bilancio europeo 2021-2027) si è conclusa con un nulla di fatto.

I colloqui sono ripresi oggi. L’obiettivo è trovare un punto comune sul piano da 750 miliardi di euro — 500 di trasferimenti e 250 di prestiti — per aiutare le economie dei Paesi maggiormente colpiti dall’emergenza covid-19. I Paesi contrari — Austria, Paesi Bassi, Danimarca, Svezia, Finlandia e quelli del Gruppo di Visegrád — sono rimasti fermi sulle proprie posizioni.

In particolare, sono state evidenziate le posizioni dure del cancelliere austriaco, Sebastian Kurz, risoluto nel suo «no» ai 500 miliardi di sussidi del Recovery fund, e del primo ministro olandese, Mark Rutte, sul voto all’unanimità sui piani di riforme nazionali.

Vienna e Amsterdam, hanno indicato fonti da Bruxelles, sono contrarie ai 500 miliardi di sovvenzioni, perché non vogliono che si crei «un’Unione dei debiti a lungo termine». Altro grande ostacolo è la questione della condizionalità legata allo stato di diritto, su cui Polonia e Ungheria hanno alzato le barricate. La recente proposta europea lega gli aiuti al rispetto delle regole democratiche e dei valori continentali. Ma Ungheria e Polonia sono sotto procedura dell’Ue proprio per il mancato rispetto dello stato di diritto, e, quindi, non solo chiedono di cambiare la proposta sul tavolo, ma anche di rivedere quell’articolo 7 del Trattato Ue a causa del quale sono finite a rischio sanzioni.

Nel tentativo di rompere le resistenze dei Paesi contrari, il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha messo sul tavolo una nuova proposta. Il compromesso prevede un Recovery fund tagliato nella parte sussidi (da 500 a 450), sconti più alti, chiave di distribuzione modificata (60 per cento dei fondi distribuiti in base a pil e disoccupazione degli ultimi 5 anni, e 40 per cento in base al calo della crescita solo dell’ultimo anno), una sorta di “freno di emergenza” sulla governance, con la possibilità per i Paesi di bloccare l’esborso dei fondi e chiedere l’intervento del Consiglio.

«Non possiamo permetterci di non avere un accordo», ha dichiarato il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, a conclusione della giornata di ieri. «Qualsiasi rinvio — ha aggiunto nel suo intervento alle plenaria a Bruxelles dei leader dei Ventisette — potrebbe provocare nuove tempeste e mettere in difficoltà l’Europa. Tempeste finanziarie potrebbero abbattersi sulle nostre finanze pubbliche, se non c'è un’Europa che decide».

Prima della ripresa odierna dei lavori, il cancelliere tedesco Merkel, il capo dello Stato francese Macron, il presidente del Consiglio dei ministri italiano Conte, il presidente del Governo spagnolo Sánchez e il primo ministro olandese Rutte si sono riuniti con Michel e con il presidente della Commissione europa Von der Leyen. Il vertice ristretto serve a cercare di avvicinare le posizioni.

Conte ha ribadito il punto di vista di Roma, dicendosi n0n disposto ad accettare regole che ostacolino l’utilizzo dei fondi. L’obiettivo dell’Italia è difendere a oltranza i 750 miliardi previsti dal Recovery fund, dai quali guadagnerebbe 81 miliardi di sovvenzioni a fondo perduto.