Laudi e canti nati dalla devozione al Sacro Cuore di Gesù

Un varco misterioso

Cristina Odasso interpreta la beata Marie Deluil Martiny in «Troverai un cuore» (Alberto Di Giglio, 2011)
23 giugno 2020

Molti fedeli ripetono la nota e popolare invocazione al Sacro Cuore di Gesù. La sua origine è antica: la troviamo infatti, ritornello di una canzoncina sacra, in un libro di canti del Duomo di Napoli datato 1752. Ed è un’importante testimonianza, perché il culto al Sacro Cuore era sorto poco prima.

Pur essendovi stati dei prodromi già nel XIII secolo negli scritti della mistica Matilde di Magdeburgo (1207-1282), i promotori di questa devozione furono i santi Giovanni Eudes (1601-1680) e Margherita Maria Alacoque (1647–1690), ambedue francesi. Il culto al Sacro Cuore di Gesù si diffuse rapidamente prima dei riconoscimenti ufficiali. Nel 1765 il Papa Clemente XIII lo autorizzò in Polonia e in Francia, mentre solo nel 1856 Pio IX lo estese a tutta la Chiesa.

Ma durante il Settecento questo culto era già praticato in varie regioni e lo dimostra l’esistenza di preghiere, canti e tradizioni in due aree diversissime tra loro: la Napoli di sant’Alfonso Maria de’ Liguori ed il Tirolo austriaco.

Napoli

Ancora in uso è una bella canzone napoletana, di autore incerto (l’attribuzione a sant’Alfonso non è documentata) in tre ottave, intercalate dal ritornello «Dolce cuor del mio Gesù, fa ch’io t’ami sempre più». La prima strofa è un’accorata invocazione: «Sacro Cuor d’amor ferito, / d’amor santo i cuori accendi, / e partecipi li rendi / della manna tua vital. / Oh d’amor inclita fonte, / d’acqua limpida sorgente, / carità mai sempre ardente / espiatrice d’ogni mal».

Nella seconda strofa, con accento tipico del Barocco, Gesù è presentato morente «sovra il letto del dolor» mentre «cruda lancia» squarcia «il Divin Petto». Una mistica contemplazione conclude il testo: «Fu l’amor che ci aperse / questo varco misterioso», la «gran porta» al «Santissimo tuo Cuor». La melodia è dolce e carezzevole e fa pensare ad uno dei grandi autori della prima Scuola Napoletana, da Domenico Scarlatti a Francesco Durante o a Nicola Porpora.

Il Tirolo

Nel maggio 1796 le truppe di Napoleone Bonaparte si avvicinarono al Tirolo, che allora faceva tutto parte dell’Austria. Nell’assemblea dei rappresentanti delle 26 principali città tirolesi l’abate cistercense di Stams (presso Innsbruck), Sebastian Stöckl propose di consacrare il Tirolo al Sacro Cuore, come baluardo contro gli invasori. La proposta fu accettata all’unanimità e la consacrazione, ad opera dei vescovi, avvenne il 1° giugno successivo. Nel 1689 santa Margherita Alacoque aveva proposto la stessa cosa per la Francia, ma il re Luigi XIV aveva rifiutato. Così un secolo dopo il Tirolo fu il primo paese consacrato al Sacro Cuore e la devozione relativa accompagnò le vicende belliche, che culminarono nell’insurrezione del 1809 sotto la guida di Andreas Hofer. Unico mezzo di comunicazione a distanza era l’accensione di fuochi sulle pendici dei monti e da qui nacque l’uso, tuttora in vigore: nella notte dopo il venerdì dedicato al Sacro Cuore, o in quella successiva, i monti di tutto il Tirolo austriaco e dell’Alto Adige in Italia si riempiono di grandi fuochi a forma di cuore, di croce o traccianti le scritte Inri o Ihs, visibili anche da lontano.

Un inno per la festa fu composto più tardi nel 1896 dal poeta e sacerdote Josef Seeber (1856-1919) e musicato subito da Ignaz Mitterer (1850–1924), sacerdote e compositore.

Il testo consta di tre quartine a rima baciata, con un distico per ritornello, che nel canto viene sempre ripetuto due volte. «Su, nel giuramento, paese del Tirolo, alza al cielo il cuore e la mano. Quanto i padri giurarono nell’uragano della guerra» conclude la quartina, mentre il ritornello afferma «Noi lo giuriamo di nuovo: Fedeltà eterna a te, Cuore di Gesù». Dopo la solenne prima strofa si ribadisce «Siamo saldi nella fede, il più bel vanto del nostro paese» ed «Anche se i nemici ci bestemmiano: la fedeltà è il carattere del Tirolo!».

La melodia è enfatica e marziale: l’inizio sull’accordo maggiore con le prime note ripetute è di solito accompagnato da squilli di tromba. Un canto che rinnova il secolare giuramento.

La Francia

In Francia era nata la devozione al Sacro Cuore di Gesù e nel 1863 dal Monastero della Visitazione di Bourg, per iniziativa della serva di Dio Suor Marie Bernaud, partì una nuova pratica: la Guardia d’Onore al Sacro Cuore di Gesù. Il fine era ed è quello di rendere un culto di “Gloria, Amore e Riparazione” perpetuo, mediante la pratica dell’Ora di guardia davanti al tabernacolo o al Santissimo esposto. Sorse così la nuova arciconfraternita, riconosciuta con tale denominazione dal Papa Leone XIII nel 1878. A essa aderirono i Sommi Pontefici successivi e la devozione dei primi venerdì di 9 mesi successivi si diffuse in tutto il mondo cattolico. L’arciconfraternita ebbe un suo inno, il cui testo fu composto nel 1864 dalla beata Marie Deluil Martiny (1841- 1994).

In dieci quartine si snoda una solenne ma festosa preghiera; nella prima strofa, che fa da ritornello, si enuncia la tematica: «Che tutta la terra formi la guardia d’onore; essa canti trionfante gloria ed amore al Sacro Cuore». Nelle strofe successive si afferma che «Gesù ci dona senza limiti i suoi tesori». Una lunga invocazione segue poi. Si chiede al Divin Cuore d’insegnarci a conoscerlo, di essere il nostro re, di salvare il mondo colpevole e di conquistare gli uomini ingrati. Infine anche questo canto si conclude con un proposito: «Noi, guardie fedeli, vogliamo essere il tuo baluardo d’amore, contro quei tuoi figli ribelli, che ti oltraggiano giorno e notte». La melodia venne ripresa da una canzone mariana di origine italiana: «O del cielo gran Regina». Autore ne era il compositore Simon Mayr (1763–1845), tedesco ma trapiantato a Bergamo, dove insegnò per quattro decenni. Tra i suoi numerosi allievi spicca il nome di un giovane di cui egli scoprì il talento: Gaetano Donizetti.

di Benno Scharf