«The Vast of Night» del regista esordiente Andrew Patterson

Un gioiellino che sa già di cult

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09 giugno 2020

Non un capolavoro, è bene dichiararlo subito, ma un gioiellino sì, che sa già di cult del genere fantascientifico, aiutato in questo anche dal fatto di non essere uscito nelle sale a causa della pandemia. Stiamo parlando di The Vast of Night («L’immensità della notte»), del regista esordiente Andrew Patterson, passato un po’ in sordina in alcuni festival cinematografici ma che, attualmente in onda sul canale streaming Amazon Prime Video, sta riscuotendo meritati apprezzamenti. Un film che alla scarsità di budget — è costato meno di un milione di dollari — supplisce con una buona dose di creatività sapientemente coniugata con un originale registro stilistico, gradevolmente retrò.

Anni Cinquanta del secolo scorso. Siamo nell’immaginaria cittadina di Cayuga, New Mexico, e tutto avviene nel volgere di una notte. Mentre quasi tutti gli abitanti sono radunati nella palestra del liceo per assistere alla partita di basket delle promesse locali, la giovanissima centralinista notturna Fay (Sierra McCormick) intercetta al telefono uno strano segnale sonoro, mai sentito prima, che ha anche interrotto brevemente le trasmissioni della locale stazione radiofonica. Avvertito dalla ragazza, lo speaker Everett (Jake Horowitz), decide di rimandare nuovamente in onda il segnale nella speranza che qualcuno ne sappia qualcosa di più. Quel qualcuno è un ex militare, Billy. Al telefono, prima che un improvviso blackout interrompa le comunicazioni, inizia a raccontare una strana storia che incuriosisce e inquieta i due giovani. I quali cercano di capire cosa stia accadendo nella loro cittadina. «Qualcuno ci sta spiando. O stiamo per essere invasi… dai sovietici» azzarda Everett, del resto siamo in piena guerra fredda. Ma un’altra telefonata, quella di un’anziana donna, aprirà loro uno scenario imprevisto e persino più agghiacciante.

Sebbene si renda presto evidente cosa sia a sconvolgere la solita routine, in The Vast of Night la tensione resta sempre alta, grazie a una sceneggiatura che tiene bene il passo del racconto. Patterson, che firma, con pseudonimo, anche la sceneggiatura insieme a Craig W. Sanger, usa infatti diversi espedienti per coinvolgere lo spettatore nella stessa angosciosa ricerca dei due giovani protagonisti: lunghi piani sequenza, non meno lunghi dialoghi (talora un filo troppo) in primo piano, per un montaggio ridotto all’osso curato dallo stesso regista, che frappone nel racconto alcune brevi sequenze con schermo scuro, richiamo al mondo senza immagini della radio, e scene in un bianco e nero virato al bluastro nel formato tv Anni Cinquanta, esplicito rimando alle serie di successo dell’epoca, prima fra tutte la fortunatissima The Twilight Zone, conosciuta in Italia col titolo Ai confini della realtà (e Cayuga, per inciso, era il nome della casa di produzione del creatore della serie, Rod Serling). Inoltre la stessa sigla della locale stazione radiofonica — wotw — è un omaggio alla «guerra dei mondi» (War of the Worlds) di Orson Wells.

Doverosi omaggi a personaggi e prodotti cui il regista paga volutamente pegno, ma aggiungendo molto di suo, per offrire — guardando con intelligenza al passato — un originale contributo al linguaggio di un genere che sempre più punta sulla tecnologia per stupire con effetti speciali strabilianti. Sarà che avere a disposizione pochi soldi costringe a una maggiore inventiva, e a maggior ragione se si vuole realizzare un film sci-fi, ma Patterson gioca benissimo le sue carte. E il risultato in The Vast of Night, che inizia e finisce come fosse una delle vecchie serie tv cui si richiama, è davvero notevole, se non nell’originalità della storia, nella sua messa in scena.

di Gaetano Vallini