Tra i nomadi ho scoperto la stella

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12 giugno 2020

Contemplo frère Charles di Gesù nella sua ultima foto: un viso che rivela il suo cammino radicato nella terra, bruciato dal sole e dal vento del Sahara, e i suoi occhi luminosi in un viso trasfigurato da un sorriso di bimbo.

È con questa foto che l’ho incontrato la prima volta in una casetta di “monaci” piccoli fratelli e minatori nella miniera di carbone del Sulcis, in Sardegna.

Chiedo: chi è? È il nostro fondatore, che ci ha tracciato il cammino. Ascolto scrutandolo e scopro la vita di un uomo, camminatore infaticabile, sempre alla ricerca di Dio e attirato da uomini e donne, lontani, poveri, diversi da lui per cultura, origine e religione.

Dopo una adolescenza tumultuosa, in cui dice di non credere più in nulla, frequenta la scuola militare e, ufficiale a 22 anni, è inviato in Algeria. Lì, con meraviglia, scopre nuovi orizzonti, nuovi visi, nuove culture. Charles si lascia attirare a intraprendere una rischiosa esplorazione geografica del Marocco, allora sconosciuto: siamo intorno al 1880.

Leggendo il resoconto della sua esplorazione mi colpisce, con la sua attenzione ai paesaggi e all’esatta descrizione geografica dei luoghi, il suo sguardo verso le persone. Si lascia sconvolgere e interrogare dall’altro.

I fieri cavalieri arabi che arrestano di botto il loro cavallo per prostrarsi sulla sabbia del deserto e mormorare: Dio è grande! lo interrogano su questa Presenza misteriosa e per loro più che certa.

Le notti stellate, dense di silenzio, gli fanno intuire qualcosa d’altro ed è lì che, secondo me, ha origine la sua strana preghiera di non credente: «Mio Dio, se tu esisti, fa che io ti conosca».

L’esploratore del Marocco, carico di massime riconoscenze per le sue scoperte geografiche, si sente ormai ancor più attirato dal Mistero che avvolge questa nostra meravigliosa terra e i suoi viventi, soprattutto quelli che scopre lontani, poveri, abbandonati, i suoi occhi e il suo cuore non possono più dimenticarli.

Al suo ritorno a Parigi entra in un periodo di crisi, di ricerca di desiderio di “altro”. La sua preghiera è esaudita, e il Dio che egli cerca lo scruta da lontano, gli va incontro e lo colma di tenerezza, come il padre del figlio prodigo.

La fede dell’infanzia ritrovata è in lui un fuoco che brucia.

Contemplo la foto di quest’uomo dal viso trasfigurato, ascoltando la sua storia da un piccolo fratello, che è venuto in questa terra sarda bruciata dove uomini e donne si consumano nel durissimo lavoro di minatori; condivide la loro vita, cerca di farsi uno di loro, appassionato di Gesù di Nazaret e con Lui amico, fratello dei diseredati del nostro mondo. In questo piccolo fratello il seme del Vangelo gridato da Charles con tutta la vita, continua a vivere.

L’itinerario di Charles gli ha rivelato, e rivela anche a me, un nuovo cammino di vita evangelica, di umanità nuova.

Mi metto all’ascolto e alla ricerca di Gesù attraverso il suo cammino che trovo luminoso, e che invita ad andare oltre orizzonti e frontiere conosciute e mi chiedo: che cosa mi impedisce di cercare di vivere anch’io questo cammino?

Ma: Dove? Come?...

Cerco e scopro la Fraternità delle Piccole sorelle di Gesù.

Piccola sorella Magdeleine, la fondatrice, mi dice: «Vuoi dare la tua vita al Signore sulle tracce di colui che si chiamava “il piccolo fratello di Gesù” e che chiamava Gesù “mio amatissimo Fratello e Signore?”. Vieni e vedi!»

Noi siamo una delle famiglie religiose nate da frère Charles di Gesù, ce ne è già un’altra e ce ne potranno essere tante altre, perché si tratta di una nuova radice che il Signore ha voluto per corrispondere a bisogni nuovi di un secolo nuovo.

Noi abbiamo scelto frère Charles come padre e fondatore, anche se è morto solo e abbandonato. E non è dandoci delle regole che frère Charles ci ha fondato, ma «supplicando, immolandosi, amando».

Non possiamo rinchiuderlo in alcuna regola rigida, lui è stato il nomade per eccellenza percorrendo il Sahara in tutti i sensi, andando da una tenda all’altra, imparando l’arabo con quelli che raggiunge nella sua prima fraternità di Beni Abbès, e, in seguito, il tamahaq per raggiungere i tuareg ancora più lontani, camminando nel deserto per migliaia di chilometri facendosi loro ospite, facendosi insegnare la loro lingua e condividendo il loro modo di vivere, e, a sua volta, accogliendoli in una disponibilità totale: «la fraternità è un alveare, non cesso di parlare, di vedere gente: schiavi, poveri, malati, soldati» scrive a Béni Abbès.

La Fraternità delle Piccole sorelle di Gesù che mi accoglie, mi lancia subito all’altra riva e mi fa ritrovare le popolazioni musulmane dove Charles ha percepito il mistero di Dio e dove ha dato la sua vita.

Imparando a vivere alla maniera di frère Charles e di piccola sorella Magdeleine, partita nel Sahara sulle sue orme, scopro la Fraternità che è nata e continua a nascere dall’incontro con i musulmani che ci accolgono. La nascita di amicizia, di fraternità, la sperimento come una nascita che ricorda Betlemme, dove tanti diversi si ritrovano: i pastori e i magi. E con questi pastori nomadi del deserto del Sahara, spesso bambini, e con i loro anziani saggi ho scoperto la stella che conduce all’amicizia, alla fraternità, la stella che mi conduce alla lampada che brilla anche nella nicchia dell’altro e che ravviva quella della mia.

Le persone che mi hanno accolto hanno capovolto il mio mondo e mi hanno fatto vedere che il mondo è plurale, che l’altro diverso mi aiuta a vivere.

Vivere l’evangelizzazione alla maniera di Charles mi ha fatto gustare una tazza di acqua fresca che mi è stata offerta da una donna, Fatima, che mi viene incontro per dissetarmi come offerta a Lui. «Chi vi accoglie mi accoglie».

Nelle loro tende ho avuto delle lectio su Abramo e i suoi figli.

Ho provato la verità e la gioia dell’unica umanità di cui facciamo parte, attraverso tutte le differenze.

Spesso pensavo a Charles che non cessa di accompagnarci come fratello della nostra avventura di vivere pienamente la nostra dimensione umano-divina.

Provo della gioia che la Chiesa riconosca la santità della sua vita che ci conduce ai più poveri e disprezzati per imparare con loro, da loro, a credere, a vivere, a lottare, per un mondo più umano.

Una piccola sorella di Gesù
Lampedusa, 29 maggio 2020