Dalla Pentecoste alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani nell’emisfero sud

Testimoniare insieme

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06 giugno 2020

Insieme in un solo luogo: con queste parole, che richiamavano il capitolo 2 degli Atti degli apostoli, il Consiglio delle Chiese cristiane in Canada ha organizzato per la solennità di Pentecoste una preghiera ecumenica nazionale, via web, riaffermando l’importanza della testimonianza ecumenica nel tempo di pandemia. All’iniziativa hanno preso parte, con forme diverse, numerose comunità di diverse tradizioni cristiane, mentre due brevi riflessioni sono state offerte dalla reverenda Amanda Currie, moderatrice dell’Assemblea generale della Chiesa presbiteriana del Canada e da monsignor Pierre Goudreault, vescovo di Sainte-Anne-de-la-Pocatière: è stata l’occasione per vivere insieme il dono dello Spirito Santo, che apre a nuova vita; nel ricordare quanto prioritario deve essere l’impegno dei cristiani per la costruzione dell’unità, invocando l’aiuto di Dio per superare le differenze che impediscono la piena e visibile comunione, si è rinnovato l’invito alla preghiera ecumenica per comprendere cosa i cristiani devono fare di fronte alla pandemia non solo per alleviare le sofferenze e le solitudini, ma anche per individuare il modo con cui ripensare la società.

In questa celebrazione è stato evidente il richiamo al messaggio per la Pentecoste, firmato anche quest’anno dalla presidenza del Consiglio delle Chiese cristiane, dove forte è stato l’appello a vivere oggi il dono dello Spirito che investe tutti, in grado di andare oltre ogni tipo di barriera, in nome della vita che sconfigge la morte.

Negli Stati Uniti, in vista della Pentecoste, tre organizzazioni ecumeniche (Churches Uniting in Christ, Christian Churches Together e National Council of the Churches of Christ), avevano invitato i cristiani a trovare delle forme per testimoniare insieme Cristo in un tempo di dolore e di disinformazione; questo cammino ha dovuto confrontarsi con le crescenti preoccupazioni e paure, causate dal numero dei decessi e dei contagiati negli Stati Uniti, e dagli scontri che sono seguiti alla morte di George Floyd.

In alcuni paesi dell’emisfero australe, come il Brasile, la Pentecoste è strettamente legata alla celebrazione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, secondo una tradizione che risale agli anni ’20 del secolo scorso quando si era affermata l’idea che proprio la Pentecoste poteva essere il modello di unità nella diversità e allo stesso tempo nella centralità del comune annuncio di Cristo. Proprio in Brasile, quest’anno, prioritario è stato il richiamo all’azione delle Chiese, insieme, contro la pandemia; in tante occasioni, anche nell’ultima settimana, si è ricordata la necessità di seguire quanto viene chiesto per contenere il covid-19 sull’esempio di quanto fatto in altri stati, seguendo con scrupolosità le indicazioni delle organizzazioni sanitarie internazionali.

Dal Consiglio delle Chiese cristiane (del quale fa parte anche la Conferenza episcopale brasiliana) si è alzata la voce per chiedere un sempre più attivo impegno dei cristiani in difesa di coloro che sono maggiormente esposti al contagio, in particolare gli indigeni, che rischiano una strage che si vuole far passare sotto silenzio: contro questa situazione i cristiani devono muoversi in nome di Gesù, esortando tutti — come è stato sottolineato anche in questo tempo di preghiera per l’unità, nelle forme consentite dalla pandemia — a promuovere un radicale ripensamento della società, a partire dalle dinamiche economiche, che determinano emarginazione e sperequazioni. In nome della “gentilezza che genera gentilezza”, secondo il passo neotestamentario che ha guidato tutti i cristiani nella Settimana di preghiera del 2020, si deve costruire una comunità che sappia trovare nuove forme per testimoniare la fede, come è stato ricordato nella preghiera ecumenica nazionale a conclusione dell’evento.

In Australia, dove la conclusione della settimana di preghiera coincide con l’inizio della Settimana per la riconciliazione nazionale, In this together (31 maggio – 3 giugno), nella quale anche le Chiese cristiane sono chiamate a offrire il loro contributo per rendere il “cammino di riconciliazione” un patrimonio realmente condiviso da tutti gli australiani, il presidente del National Council of Churches in Australia, il vescovo anglicano Philip Huggins, ha invitato i cristiani a proseguire sulla strada dell’ecumenismo recettivo. Per Huggins si tratta di rafforzare il percorso che, soprattutto in questi ultimi anni, ha dato tanti frutti per una migliore comprensione di cosa i cristiani hanno scoperto di avere in comune in modo da rendere più efficace la testimonianza ecumenica di Cristo nel XXI secolo.

di Riccardo Burigana