Ritrovata su una spiaggia libica una neonata morta nel naufragio di un barcone di migranti

Senza volto né nome, solo una tutina

La fotografia diffusa su Twitter
17 giugno 2020

Stavolta ha prevalso la pietà, o forse solo un comprensibile senso di pudore. Le foto, infatti, ci mostrano il corpo di un neonato con indosso una tutina, il viso travisato da un pallino bianco, deposto in una sacca. Ma possiamo immaginarla la scena del ritrovamento; purtroppo ne abbiamo viste altre. Come un fagottino, il corpicino adagiato sulla battigia, cullato dalle onde; magari anche lei — perchè si tratta di una bimba di pochi mesi — sembra che dorma, come il piccolo Aylan sulla sabbia di Bodrum. O forse, galleggiava riverso, il volto nell’acqua, come la piccola Valeria, annegata con il papà, abbracciata a lui, mentre cercavano di attraversare il Rio Grande, al confine tra Messico e Stati Uniti.

Chissà se sapremo mai come si chiamava. L’hanno trovata sulla spiaggia di Sorman, in Libia. Secondo Migrant Rescue Watch che ha rilanciato su Twitter il ritrovamento da parte della locale Mezzaluna rossa, una delle vittime del naufragio avvenuto sabato scorso a sei miglia nautiche dalle coste di Zawiya. Con lei, a bordo dell’imbarcazione affondata, 32 migranti; 20 sarebbero stati soccorsi da pescatori, 11 risultano dispersi, tra cui un altro bambino.

Questo corpicino senza vita, testimone dell’ennesima tragedia, ci ricorda che la pandemia non ha fermato guerre, né annullato povertà e fame; quelle da cui tentano di fuggire migliaia di persone disperate. Anzi ne ha peggiorato le conseguenze. E non ha fermato i trafficanti di esseri umani.

Forse dovremmo poterla vedere per intero quella foto, osservare quel volto di neonata, perché nulla riesce a scuotere le coscienze più dell’immagine scandalosa di una morte innocente. Se si vuole, lo si può anche chiamare ricatto dell’empatia. Ma che importa, se lo scopo è quello di riaffermare il valore assoluto, l’intangibilità della vita, di ogni vita, così come il dovere di soccorrere chiunque sia in pericolo, il valore della solidarietà e dell’accoglienza dinanzi alle sofferenze del prossimo. Che importa, se serve a non farci voltare dall’altra parte e a ricordarci la nostra umanità. Perché, che lo vogliamo o no, la morte di questa neonata in qualche modo riguarda tutti noi.

di Gaetano Vallini