Il pellegrino greco Nicola di Trani

Santo del Kyrie eleison

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01 giugno 2020

La sorprendente personalità di san Nicola da Stiri (1075) — e di Trani (1094), analogamente a come viene chiamato il francescano sant’Antonio (+1231): da Lisbona (sua patria di nascita), e di Padova (sua patria di adozione) — consente di annoverarlo sia tra le variopinte file dei saloi, i “folli per Cristo”, uno che visse da “pellegrino e forestiero” (1Pt 2, 11), uno di “quelli della strada” (At 9, 2), un ramingo.

In verità, sulla terra noi siamo erranti e, se non avessimo davanti agli occhi la preziosa immagine di Cristo, ci smarriremmo e ci perderemmo del tutto, com'è il genere umano prima del diluvio. Molte cose ci sono nascoste sulla terra, ma in cambio c’è stata donata la misteriosa, segreta sensazione del nostro vivo legame con un altro mondo, con il mondo celeste e trascendente, e le radici dei nostri pensieri e sentimenti non sono qui, ma in quei mondi lassù. Così lo starec Zosima ne I Fratelli Karamazov. Credo possa servirci da “cornice” per comprendere un po' meglio la figura del nostro giovane pellegrino greco.

Quando era ancora ragazzino e viveva con sua madre e suo fratello a Stiri (non lontano da Delfi), racconta la sua più antica biografia, «acceso dallo splendore dello Spirito Santo e prevenuto dalla benedizione della grazia divina, un certo giorno, all’improvviso, cominciò ad esclamare a gran voce: “Kyrie, eleison”. Una volta iniziata quest'opera, quella cioè di invocare la divina misericordia con cuore fervoroso e ad alta voce, come gli aveva insegnato il Cristo apparendogli visibilmente, vi perseverò notte e giorno fino alla fine della vita e meritò di raggiungere grandi altezze nelle virtù e grandi progressi nella grazia».

Una delle caratteristiche che rendono san Nicola marcatamente originale, è il suo incessante ripetere il Kyrie eleison (tanto che il suo nickname era Nicola Kyrieleison). Possiamo considerare questo paragrafo come fondante, che dà ragione a tutte le dinamiche che accompagneranno la breve vita di Nicola. Sembra come se ci venisse svelato il segreto che vivificava e attirava il suo cuore come una calamita irresistibile. Tutto il resto sarà una concatenazione di conseguenze nel tessuto della vita, la cui radice — il bandolo della matassa, per così dire — è questa esperienza mistica fondante: la luce infuocata dello Spirito e l’accordarsi della sua voce umana in risposta alla voce divino-umana di Cristo, gridando incessantemente il Kyrie eleison. Si scopre nella propria umanità guidata, guarita e perdonata, teso a quella comunione di cui gli si è fatto dono e che diventa supremo desiderio del cuore e criterio di discernimento dei suoi gesti nei confronti del prossimo. Ha custodito da quel giorno in poi il tono della preghiera di Bartimeo (cfr. Mc 10, 46-52), del pubblicano (cfr. Lc 18, 13), e della cananea (cfr. Mt 15, 21-28), l'umile confidenza che gli ha procurato il dono della salvezza, l’esperienza dello splendore di un Amore gratuito che vuole raggiungere tutti.

Ma questo non le ha reso le cose più facili: sua madre lo credette o fuori di senno o afflitto da spiriti impuri, e lo affidò ai monaci del vicino monastero di Osios Lukas, i quali nemmeno loro capiscono il ragazzo, e lo trattarono brutalmente. Dopo varie peripezie, Nicola si ritirò in una grotta sulla montagna, dove continuò a pregare e intercedere, incoraggiato da una visione dell’icona della Deesis (o Intercessione): la Madre di Dio e san Giovanni il Precursore, attorniandolo, supplicano il Cristo Pantocratore a favore di tutti.

Infine, mosso interiormente, decise di partire in pellegrinaggio verso Roma. L’Adriatico e le sue sponde erano parte di un mondo lacerato da violenze e cupidigie, che coinvolgevano indistintamente bizantini, normanni, saraceni ed ebrei. Un monaco, di nome Bartolomeo, lo incontrò casualmente nel porto di Lepanto e lo accompagnò fino alle coste pugliesi, diventando poi un prezioso testimone della sua vita.

Nicola percorse il Salento a piedi nudi con una croce in mano, sempre proclamando il Kyrie eleison, e subendo ancora incomprensioni, soprusi e violenze da parte di ecclesiastici e potenti, ma attorniato da frotte di bambini, affascinati dalla sua gioiosa mansuetudine e bontà, nelle quali irradiava la sua vita nuova in Cristo. Arriverà sfinito a Trani, dove finalmente viene ben accolto dal vescovo Bisanzio e dalla popolazione tutta. Il giovane greco morirà poco dopo, il 2 giugno 1094. La città lo sceglierà come suo patrono, dopo la sua canonizzazione nel 1099, ed erigerà in suo onore la splendida basilica romanica in riva al mare, che custodisce il suo corpo.

Nicola, nelle contingenze più concrete, spesso ostili o contrarie, si affidava al suo Signore con il Kyrie eleison, e faceva così in tutti gli eventi, esteriori e interiori, per far schiudere lo splendore del Regno a favore dei suoi fratelli, essendo diventato capace di una vera solidarietà in umanità.

Come mai erano così rilevante queste due parole della sua preghiera? Molto spesso usiamo per pregare delle parole che sono estremamente ricche, ma non afferriamo la profondità del loro significato perché le prendiamo per quello che significano nel nostro linguaggio ordinario mentre potrebbero avere un'eco profonda nei nostri cuori se solo sapessimo collegarle ad altre cose che conosciamo.

Vorrei fare un esempio, che può colpire gli studiosi dei classici poiché la filologia in questo caso è dubbia ma è tuttavia basata su un gioco di parole inventato secoli fa dai Padri spirituali greci, che conoscevano la loro lingua e non avevano certo timore di inventare un gioco di parole di cui anch'io mi servirò. Molti di noi usiamo le parole Kyrie eleison o “Signore pietà”, in alcuni momenti della nostra vita. In sostanza, si tratta di un appello a Dio per ricevere compassione, misericordia, conforto, il calore del cuore, perdono, tenerezza. Ora, il punto in cui lo studioso dei classici può trovare qualcosa da ridire sul conto dei Padri greci è che alcuni di loro fanno derivare eleison dalla stessa radice delle parole greche «albero di olive», «olio di oliva», elaion. L'olio, anticamente, veniva usato per lenire le ferite (cfr. Lc 10, 33), per rinvigorire la pelle e i muscoli, per illuminare la sera. Quindi, quando preghiamo con il Kyrie eleison, diciamo: «Signore, diffondi il tuo amore e la tua tenerezza su di me», «lenisci le mie sofferenze», «avvolgimi nel tuo splendore», «guariscimi», «sanami», «dammi la tua luce», «prenditi cura di me», «ridona sapore alla mia vita», «manifestami il tuo perdono», «dona al mio cuore la tua pace»...

Le parole di preghiera hanno la caratteristica di essere sempre parole di impegno. La nostra mentalità si forma, si plasma e si colma secondo le parole che usiamo. Se il nostro cuore le accoglie con una convinzione completa e le esprime con tutta la forza di cui siamo capaci, la nostra volontà le afferra e le trasforma in azione. Perciò, preghiera e azione diventano due espressioni della stessa situazione, in cui veniamo a trovarci di fronte al Signore, noi stessi e ogni persona e cosa attorno a noi.

San Nicola il Pellegrino è un testimone libero da costrizioni e confini, traboccante di fiducia e di compassione, uno sprone gioioso nel nostro pellegrinare per le strade di un mondo sconvolto da rigidità, pregiudizi e violenze. Lui è un ponte vivente — in spirito, anima e corpo (1Ts 5, 23) — tra mondo greco e mondo latino, tra ortodossi e cattolici. Con una semplicità disarmata e disarmante, raggiante e contagiosa. Luce argentea e vento, spiaggia di sabbia e roccia su un mare di schiuma che sospira ai bordi dell’Apulia, dove si alza la diafana cattedrale di tufo calcareo… Nicola, il giovane pellegrino greco mi insegni il mistero della costanza incomprensibile e la forza delle dolci invocazioni di una preghiera umile e limpida.

Sì, fluida per natura è l’acqua del mare; la pietra, invece, molto dura. Ma la onda sopra la pietra con il suo sciabordio continuo, per mezzo dell’insistente carezza d’acqua, leviga la pietra più resistente. Persista, così, la supplica del Nome anche sul mio cuore di pietra, e la sovrabbondanza della memoria continua di Dio mi vinca con la stilla di grazia, trasfigurando il mio sospirare in un rosario vivente di Kyrie eleison.

di Guglielmo Spirito