Una mostra a Londra e un libro appena uscito in Gran Bretagna su Charles Dickens

Ritratto di signore (non sempre)

Un'immagine esposta  al Charles Dickens Museum di Londra
08 giugno 2020

Come non si era mai visto prima. A colori. Per celebrare i 150 anni della morte di Charles Dickens, il 9 giugno, il Charles Dickens Museum di Londra ha organizzato un’esposizione che presenta immagini dello scrittore “ritoccate” con l’aggiunta di una dose, discreta ma significativa, di colore. La mostra è pronta, ma ancora non può essere inaugurata a causa dell’emergenza coronavirus. Si attende l’allentamento del lockdown. Il curatore dell’iniziativa, Frankie Kubicki afferma che queste immagini mirano ad attirare il pubblico, soprattutto quello giovane, verso Dickens le cui storie, così vivide di salienti particolari e di discrezioni in rilievo, sono esse stesse “a colori”. Kubicki aggiunge che Dickens amava fare ogni giorno lunghe passeggiate e questa salutare pratica faceva sì che quando brillava il sole lo scrittore finisse per avere una bella abbronzatura. Il “ritocco” delle fotografie rende così giustizia a questo elemento estetico. Al contempo il curatore sottolinea che sebbene siano numerose le fotografie d’epoca di Dickens, la maggior parte di esse non è di buona fattura. Di conseguenza l’esposizione vuole riscattare la figura di Dickens attraverso il colore, utilizzato per rendere al meglio lineamenti, fattezze ed espressione, replicando, in un certo senso, quello che lo scrittore stesso operava nei riguardi dei personaggi che popolano i suoi romanzi. Personaggi i cui tratti, anche i più minuti, sono plasmati da una penna che, in fatto di descrizione, non è seconda a nessuna.

Dalla fotografia alla pagina scritta. È uscito in questi giorni in Gran Bretagna il libro dello scrittore inglese Andrew Norman Wilson The Mistery of Charles Dickens (Londra, Atlantic, 2020, pagine 358, sterline 17.99) che sta già facendo discutere, poiché l’autore, dopo aver riconosciuto, unendosi a un coro unanime, il genio di Dickens come scrittore, formula un giudizio non certo elogiativo sulla sua figura come uomo. Wilson afferma che Dickens era caratterizzato da un ego smisurato che recava i segni di un vacuo compiacimento di sé e di uno smodato spirito di competizione con gli altri scrittori dell’epoca: il tutto condito da una dose non lieve di ipocrisia. Al contempo Wilson getta più di un’ombra sulla fedeltà di Dickens in quanto marito e padre di dieci figli, insinuando il sospetto di scappatelle non proprio innocenti. Si fa quindi riferimento al tentativo dello scrittore di internare in manicomio la moglie Catherine. Non riuscendo nello scopo, lo scrittore lasciò il focolare domestico abbandonando la consorte, «spesso da lui maltrattata», e l’estesa progenie.

Il libro di Wilson — sottolinea «The Times» che ha dato notizia di questa intrigante novità editoriale — è anche una denuncia dei mali che affliggevano la società vittoriana, votata «più all’apparenza che alla sostanza», incurante, al di là dei vuoti proclami, dello stridente contrasto tra ricchi e poveri, nonché restia a promuovere necessarie e mirate riforme atte a favorire un contesto civile aperto al nuovo e al progresso. In quella fase storica si era venuto a creare «un abisso» in cui la società inglese andava gradualmente e supinamente precipitando. Fu merito di Dickens, evidenzia l’autore, quello di aver avuto il coraggio — superando ogni forma di censura — di fissare quell’abisso per recuperare dalle sue remote e fosche profondità pregiudizi, ipocrisie, perbenismo e corruzione e per poi trasfondere, con somma maestria, questo materiale magmatico nelle pagine dei suoi romanzi. «Il suo è stato un vero e proprio atto di magia», sottolinea Wilson. Finalmente un complimento per Dickens.

di Gabriele Nicolò