A partire dal libro di Elizabeth E. Green sull’ultimo decennio della teologia femminista

La parità di genere è nelle Scritture

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23 giugno 2020

Il recente libro di Elizabeth E. Green, pastora presso le Chiese evangeliche battiste, Un percorso a spirale. Teologia femminista: l’ultimo decennio (Torino, Claudiana, 2020, pagine 154, euro 14, 90) che qui non ci si soffermerà a commentare, offre, però, lo spunto per ripensare il rapporto tra le donne e la Scrittura. Questo rapporto già da alcuni decenni è al centro dell’interesse della teologia femminile e/o femminista e può essere rivisitato muovendosi su due distinti livelli.

In primo luogo, si deve portare l’attenzione sulle figure femminili presenti nella Scrittura e, in seconda istanza, ma con importanza non minore, si deve considerare la particolare ottica con cui le donne si accostano al testo sacro. Riguardo al primo livello individuato, la produzione delle teologhe e delle bibliste ha condotto ad un’ampia ed approfondita rivalutazione delle figure di donne presenti nella Scrittura e spesso considerate secondarie, mostrando come, al contrario, esse svolgano spesso un ruolo cruciale nella narrazione e siano portatrici di un messaggio che altrimenti non potrebbe essere annunciato.

Ciò emerge con chiarezza già nel Vecchio Testamento in cui donne protagoniste o apparentemente marginali offrono un significativo contributo al dipanarsi della storia della salvezza e dell’alleanza di Dio con il Suo popolo e aprono piste che poi gli uomini seguono grazie a loro. Nel Nuovo Testamento le donne sono sicuramente protagoniste, insieme agli uomini, nella sequela di Gesù, che mostra nei loro riguardi un particolare apprezzamento, lo seguono fino ai piedi della croce e ricevono il primo annuncio della risurrezione. Anche gli Atti e le Lettere, che delineano la Chiesa nascente, riportano notizia di donne impegnate in prima persona nella costruzione della comunità e nella diffusione del messaggio cristiano al di là del luogo della sua prima proclamazione.

Il secondo livello prima ricordato induce a spostare lo sguardo sulle donne credenti che oggi leggono, studiano e interpretano la Scrittura a partire dalla personale esperienza femminile. Qui l’esegesi e la competenza teologica si intersecano con il vissuto delle donne e le domande che esse pongono al testo sacro sono molto spesso profondamente differenti da quelle degli uomini e rispecchiano situazioni che sovente sono di sofferenza, di emarginazione e di subordinazione. Si ritrova, questo caso, quello che è un principio generale della lettura di qualsiasi testo e cioè quello che è necessario tenere conto non solo del messaggio veicolato, ma anche del contesto dell’autore e di quello del lettore.

La questione, a questo proposito, si complica perché non è possibile parlare di una generica esperienza femminile, ma devono essere considerate le donne concrete che si accostano alla Scrittura muovendo da ambiti geografici e culturali diversi, ognuna con un bagaglio esistenziale non omologabile a quello delle altre.

In questo modo, il testo sacro fornisce risposte che vanno al di là delle domande iniziali e conducono a una inedita rilettura del proprio vissuto, rivisitato in una prospettiva che non è quella umana, ma quella di Dio. Perché ciò avvenga, però, è necessario che il testo sia liberato dagli schemi interpretativi patriarcali che gli si sono sovrapposti lungo i secoli e sia restituito alla sua originaria purezza, nella quale il messaggio può essere colto in tutto il suo valore.

Molte studiose già da decenni sono impegnate in questo lavoro e il risultato non deve essere quello di sostituire una parzialità, quella femminile, a un’altra parzialità, quella maschile prevalente da lungo tempo, bensì quello di giungere ad una lettura e ad un’interpretazione articolata e poliedrica. Su queste basi, la maggior parte delle studiose che si accostano alla Scrittura concorda nel riconoscere che il messaggio che essa veicola per le donne è di uguaglianza e di liberazione, come del resto avviene per tutti coloro che, lungo la storia, sono stati esclusi, emarginati e oppressi.

La parola di Dio, così, si rivela capace non soltanto di prefigurare il mondo futuro, nel tempo escatologico, ma anche di fornire un potente ed insostituibile impulso alla trasformazione ed alla purificazione di quello attuale.

di Giorgia Salatiello