I dati in un rapporto dell’Unhcr pubblicato in vista della giornata del rifugiato

In fuga l’uno per cento della popolazione mondiale

Un piccolo migrante stremato dorme per terra in un campo nell’isola di Lesbo (Afp)
18 giugno 2020

L’Unhcr, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, ha rivolto ieri un appello ai Paesi di tutto il mondo affinché si impegnino ulteriormente «per dare protezione a milioni di rifugiati e altre persone in fuga da conflitti, persecuzioni o violenze che compromettono gravemente l’ordine pubblico». Come dimostra l’ultimo rapporto sulle migrazioni nel mondo, gli esodi forzati oggi riguardano più dell’1 per cento della popolazione mondiale — 1 persona su 97 — mentre continua a diminuire inesorabilmente il numero di coloro che riescono a fare ritorno a casa.

Il rapporto annuale dell’Unhcr Global Trends, pubblicato due giorni prima della giornata mondiale del rifugiato del 20 giugno, rivela che, alla fine del 2019, risultava essere in fuga la cifra senza precedenti di 79,5 milioni di persone. L’Unhcr non aveva mai registrato un dato tanto elevato.

Il rapporto, inoltre, rileva come per i rifugiati sia divenuto sempre più difficoltoso porre fine in tempi rapidi alla propria condizione. Negli anni Novanta, una media di 1,5 milioni di rifugiati riusciva a fare ritorno a casa ogni anno. Negli ultimi dieci anni la media è crollata a circa 385.000, cifra che testimonia come oggi l’aumento del numero di persone costrette alla fuga ecceda largamente quello delle persone che possono usufruire di una soluzione durevole.

«Siamo testimoni di una realtà nuova che ci dimostra come gli esodi forzati, oggi, non soltanto siano largamente più diffusi, ma, inoltre, non costituiscano più un fenomeno temporaneo e a breve termine» ha dichiarato l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Filippo Grandi. «Non ci si può aspettare che le persone vivano per anni e anni una condizione precaria, senza avere né la possibilità di tornare a casa né la speranza di poter cominciare una nuova vita nel luogo in cui si trovano. È necessario adottare sia un atteggiamento profondamente nuovo e aperto nei confronti di tutti coloro che fuggono, sia un impulso molto più determinato volto a risolvere conflitti che proseguono per anni e che sono alla radice di immense sofferenze» ha aggiunto.

«Nel mondo siamo arrivati a un punto mai visto prima, sono quasi 80 milioni le persone in fuga a livello globale, un numero elevatissimo che rispecchia la realtà attuale: viviamo una serie di conflitti che vanno avanti da decadi, ma anche crisi molto più nuove» ha detto il rappresentante Unhcr Chiara Cardoletti. In questo panorama, «è responsabilità della comunità internazionale gestire le crisi e risolverle, altrimenti continueremo ogni anno a vedere i numeri alzarsi e a vivere in un mondo sempre più violento e diseguale. Nel frattempo dobbiamo concentrarci sulla solidarietà, e dobbiamo capire che i rifugiati sono vittime, non i responsabili di queste situazioni. Sta a noi dare un futuro a queste persone, che se lo meritano tanto quanto noi». Una regione particolarmente preoccupante per l’Unhcr è quella del Sahel, dove «negli ultimi sei mesi c'è stata una evoluzione molto grave, un inasprirsi delle violenze tra le comunità e un aumento dell’estremismo» ha spiegato il rappresentante dell’agenzia Onu. «È un conflitto molto violento che sta toccando oltre 3 milioni di persone sfollate e rifugiate, con casi di stupri, violenze, reclutamento di bambini, tutto in una situazione già difficile in questi Paesi, come ad esempio il Burkina Faso dove l’80% delle terre coltivabili sono state distrutte dal cambiamento climatico, e dove ora con covid-19 abbiamo ancora più paura». In questo panorama di crisi mondiale, «la pandemia del coronavirus non ci voleva. La prima preoccupazione per noi oggi è il contagio».

Il rapporto Global Trends mostra che dei 79,5 milioni di persone che risultavano essere in fuga alla fine dell’anno scorso, 45,7 milioni erano sfollati all’interno dei propri Paesi. La cifra restante era composta da persone fuggite oltre confine, 4,2 milioni delle quali in attesa dell’esito della domanda di asilo, e 29,6 milioni tra rifugiati (26 milioni) e altre persone costrette alla fuga fuori dai propri Paesi.

L’incremento annuale, rispetto ai 70,8 milioni di persone in fuga registrati alla fine del 2018, rappresenta il risultato di due fattori principali. Il primo riguarda le nuove preoccupanti crisi verificatesi nel 2019, in particolare nella Repubblica Democratica del Congo, nella regione del Sahel, in Yemen e in Siria, quest’ultima ormai al decimo anno di conflitto e responsabile dell’esodo di 13,2 milioni di rifugiati, richiedenti asilo e sfollati interni, più di un sesto del totale mondiale.

Il secondo è relativo a una migliore mappatura della situazione dei venezuelani che si trovano fuori dal proprio Paese, molti non legalmente registrati come rifugiati o richiedenti asilo, ma per i quali sono necessarie forme di protezione.

Dietro a tutte queste cifre — riporta sempre l’Unhcr — ci sono storie di sofferenza individuale profonda. Il numero di minori in fuga (stimato intorno ai 30-34 milioni, decine di migliaia dei quali non accompagnati), per esempio, è più elevato di quello dell’intera popolazione di Australia, Danimarca e Mongolia messe insieme. Contemporaneamente, la percentuale di persone in fuga di età pari o superiore ai 60 anni (4 per cento) è estremamente inferiore a quella della popolazione mondiale (12 per cento) — una statistica che attesta lo strazio, la disperazione, i sacrifici e la separazione dai propri cari.