Un viaggio alla scoperta dell’Era digitale

Immergersi per capire e imparare a nuotare

Un dettaglio della copertina del libro
19 giugno 2020

Pubblichiamo stralci dall’introduzione al libro «Digital Age. Teoria del cambio d’epoca. Persona, famiglia e società» (Cinisello Balsamo, San Paolo, 2020, pagine 208, euro 18). L’autore del libro, dal prossimo 27 giugno, curerà sul nostro giornale una rubrica intitolata «Cambiamento d’epoca».

L’oggetto di questo testo è il complesso e variegato universo contemporaneo della cultura pop. Purtroppo questa affermazione, così perentoria, non è né banale né immediata. Non è banale perché parlare di cultura è un’operazione che richiede alcune premesse di metodo. Non è immediata per il complesso intreccio di significati che racchiude il termine “pop”. Dobbiamo innanzitutto distinguere in che senso parliamo di cultura. Secondo un dizionario della lingua italiana, si può parlare di cultura nel senso di quanto concorre alla formazione dell’individuo sul piano intellettuale e morale e all'acquisizione della consapevolezza del ruolo che gli compete nella società. Dire “cultura” significa allora indicare il patrimonio delle cognizioni e delle esperienze che possono essere acquisite da un individuo tramite lo studio, durante la preparazione specifica, in uno o più campi del sapere. In questo testo non parleremo di cultura come di un insieme di nozioni definito e codificato. Non vogliamo neanche indicare con il termine “cultura” un fenomeno riflesso e coscientemente elaborato.

Il senso che diamo alla parola cultura è eminentemente descrittivo. Intendiamo il complesso delle manifestazioni della vita materiale, sociale e spirituale di un popolo o di un gruppo etnico, in relazione alle varie fasi di un processo evolutivo o ai diversi periodi storici o alle condizioni ambientali. Questa accezione del termine cultura include non soltanto i vissuti ma anche quella che potremmo definire una “cultura materiale”, ovvero un’analisi di una civiltà resa possibile dall’osservazione delle sue realizzazioni tecniche e sociali. Se le realizzazioni materiali di una cultura sono la parte più visibile di essa, è altresì vero che questi artefatti sono anche i più difficili da decifrare. Ogni edificio, infrastruttura, organizzazione sociale e prodotto degli appartenenti a quella cultura è un artefatto. Non solo una banca, ma anche un’associazione o un’organizzazione sono artefatti culturali secondo questa definizione. Anche una canzone o un libro che riesce a muovere e commuovere i membri di quella cultura è un artefatto della cultura stessa. Osservare una cultura, cioè osservare quello che una cultura produce e consuma — anticipando quanto a breve vedremo sul pop — è quindi toccare anche una parte invisibile ma efficacissima della cultura stessa: i suoi valori, i suoi sentimenti, le espressioni di ciò che significa essere uomini e voler vivere in una maniera umana.

La cultura così intesa è allora un amalgama di artefatti sostenuti da valori e dai vissuti delle persone che contengono elementi profondi e a volte inconsci condivisi dal gruppo stesso. Guardare alla cultura è guardare all’umano in un suo determinato comprendere e comprendersi in un periodo storico preciso e omogeneo che, appunto, si esprime e riconosce in una determinata cultura.

In ultima istanza, la cultura ci interessa perché è espressione dell’uomo e del suo atteggiamento nell’affrontare la finitudine e la radicalità dell’esistenza umana, facendo riferimento a certi valori profondi e vitali che lo motivano a pensare, a sentire e ad agire. La cultura è quindi materiale ma anche profondamente spirituale. Questo è il livello che ci interessa e che vogliamo far emergere nella nostra analisi.

Proprio l’aver precisato l'accezione del termine “cultura” che ci interessa e che sarà oggetto del presente approfondimento introduce il secondo elemento di complessità del nostro discorso. La forma della cultura che prendiamo in esame è la cosiddetta “cultura pop”.

Cultura pop non è il termine che si utilizza come anglicismo del termine “cultura popolare” (in quel caso l'inglese utilizza il termine folk); nell’Occidente contemporaneo, indica una serie di artefatti culturali come musica, arte, letteratura, moda, danza, cinema, televisione e radio, nella loro forma analogica o prevalentemente digitale, che vengono consumati dalla maggior parte della popolazione della società. La cultura pop è quella cultura che non si caratterizza per appartenenza geografica o linguistica, come accaduto per altre culture passate, ma prevalentemente perché definita dal consumo di tipi di media che hanno accessibilità e attrattiva di massa.

Il termine “cultura pop” nacque come termine di contrasto: indicava una forma di cultura differente da quella che era la “cultura ufficiale” dello Stato o delle classi dirigenti. Oggi il termine è ampiamente utilizzato, ed è principalmente definito in termini qualitativi: la cultura pop è spesso considerata, nel linguaggio comune, quella che si nutre ed esprime in forme artistiche più superficiali o minori.

Da un punto di vista storico, i sociologi parlano di un’ascesa della cultura pop come espressione della creazione e dell’ascesa della classe media generata dalla rivoluzione industriale. Le nuove classi di lavoratori che via via hanno trovato posto in ambienti urbani, il muoversi da forme di vita agricole e contadine, hanno iniziato a creare questa specifica forma di cultura che porta in sé i segni di frattura e rottura con il passato: una sorta di ferita inconscia nata dalla separazione e frattura rispetto agli usi e alla vita dei genitori e della parte dominante della società.

Storicamente è stato soprattutto dopo la fine della seconda guerra mondiale che le innovazioni nei mass media hanno portato a significativi cambiamenti culturali e sociali in Occidente. Allo stesso tempo il capitalismo industriale, con la produzione di massa e con la necessità di vendere in grandi quantità i beni prodotti, assunse un ruolo fondamentale nell'associare produzione, consumo e cultura in quell’intreccio inestricabile, come descritto poc’anzi, di “materiale” e “spirituale”.

Cultura pop e cultura di massa sono due espressioni che pian piano si sono fuse diventando inestricabili e indistinguibili. Non di rado si trovano come sinonimi di “cultura pop” i termini: cultura del consumo, cultura dell’immagine, cultura dei media e cultura creata dai produttori per il consumo di massa.

Questa pluralità rende particolarmente difficile dare una singola definizione del termine “cultura pop” o ridurre la sua complessa composizione in un’unica caratteristica. (...) Non possiamo capire la cultura pop se non ci rendiamo conto che nella nostra contemporaneità la distinzione tra “autentico” e “commerciale” è sfocata.

Oggi nella cultura pop i consumatori, e in particolare nel digitale gli utenti, sono liberi di abbracciare alcuni contenuti, modificarli per il proprio uso o rifiutarli completamente, o ancora creare contenuti propri che hanno la forza di plasmare a loro volta la cultura.

Proprio nella pluralità di queste definizioni sta tutta la complessità del tema e la non immediatezza cui accennavamo nel voler identificare e analizzare la cultura pop. Ma anche il motivo di occuparsene con urgenza.

Solo decodificando i tratti spirituali di questa cultura così materiale possiamo comprendere meglio i desideri e le speranze, i timori e le angosce che si muovono nei nostri contemporanei. Paradossalmente solo immergendoci nella cultura di massa possiamo strappare le persone dalla massa e riconoscere nei loro occhi le istanze più profonde e vere del loro vivere.

di Paolo Benanti