Gli alunni con disabilità e il diritto allo studio

Germogli nel deserto

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15 giugno 2020

L’ultimo anno della materna per i genitori è ricco di emozioni e di paure. Quale scuola scegliere, tempo modulare o tempo pieno, anticipare di un anno o seguire senza fretta la crescita del bambino. Poi all’improvviso la vita può cambiare le domande e gravare di allarmanti incertezze.

La trepidazione per l’ingresso in prima elementare lascia il passo alla preoccupazione di cure mediche, i mesi sono scanditi da visite in ospedale e le giornate trascorrono in casa. Tuttavia ogni bambino ha diritto allo studio. La scuola di conseguenza ha il dovere di organizzarsi per garantire, nelle forme e nei tempi opportuni, uno dei principi fondamentali della Dichiarazione universale dell’Onu.

In otto anni di insegnamento ho conosciuto alcune madri che con forza lottano per i loro bambini con disabilità, per vedere rispettati quelli che sono — semplicemente — i diritti che la legge riconosce. Una grande ammirazione per queste famiglie e profonde domande di fronte al mistero della sofferenza dei piccoli, la quale, come più volte affermato dal Papa, «è la più difficile da accettare». Situazioni gravi, sostegni privi di continuità, classi che diventano palestre di vita, amicizia e solidarietà.

Quando però per un alunno è necessario attendere per il regolare inserimento in classe, la famiglia non può essere lasciata sola. Un sistema che è ancora carente autorizza un progetto di sole sessanta ore da distribuire nell’arco dei due quadrimestri. L’Istituto comprensivo si organizza, allora, gestendo risorse e materiali per seguire il proprio alunno durante la terapia. Abaco, regoli, letterine, laboratorio sui cinque sensi, orologio da costruire e tessere sui momenti della giornata possono aiutare e colorare le fasi dell’apprendimento.

Sei anni, occhi furbi e un carattere da duro come dice lui. «Mi piacciono tutti i colori, ma non mi ricordo come si fa la S». La sua mano, la destra che da poco ha imparato a distinguere correttamente, stringe con decisione la matita. Le unghie sono ancora fragili, la mascherina lo protegge, l’argento vivo lo fa muovere continuamente sulla sedia facendo scivolare i cuscini che gli permettono di arrivare al tavolo. Ama gli animali, soprattutto i “coniglietti”, i numeri e l’inglese. «Dimmi una parola con la N». «Narvalo». «È maggiore il 3 o lo 0?». «Maestra... più piccolo dello zero c’è il -1!».

Nella sua classe lo attendono un banco e un raccoglitore con le fotocopie della settimana, perché, come recita l’ultimo verso di una filastrocca per bambini, «adesso dai guarda in cima che c’è / una stella d’oro che illumina anche te». Foto, video dei compagni, festa di Natale con la preside, messaggi audio, potenziamento di lettura con la referente della Scuola Primaria, regali a distanza, visita delle maestre del team e la volontà dell’Istituto a tutti i livelli di seguire questo percorso per rendere le giornate del bambino il più regolari possibili.

In una situazione d’emergenza per tutta l’Italia, ogni classe di ogni Istituto, di ogni ordine e grado, passa a un regime d’istruzione domiciliare. La chiusura delle scuole ha lasciato attoniti e ha reso necessaria l’attuazione di misure opportune in tempi celeri. Da Nord a Sud, dai docenti a tempo indeterminato a quelli a tempo determinato, famiglie e studenti vivono una dimensione nuova. La paura e la precarietà di questi momenti possano renderci solidali e uniti, sapendo cogliere nuovi germogli lì dove sembra essersi diffuso il deserto.

di Virginia Di Mauro