La testimonianza di Mario Vittorio Cozzoli nel libro «Una vita al servizio degli altri»

Dietro le quinte e sempre in prima linea

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09 giugno 2020

C’è un gran bel pezzo della storia d’Italia della seconda parte del Novecento, e in particolare del dopo concilio Vaticano II, nella testimonianza di Mario Vittorio Cozzoli. Sfogliando le pagine del libro che Andrea Pepe gli ha dedicato — scegliendo un titolo sacrosanto come Una vita al servizio degli altri (Roma, Ave, 2020, pagine 344, euro 38) — ci si trova “a tu per tu” con le vicende di un popolo che rilancia se stesso dopo la tragedia della guerra. E quasi ci si “sorprende” tra campi polverosi di oratori a giocare a pallone. Ma anche per le strade a far presente, coi fatti prima ancora che con le parole, che l’esperienza politica non può prescindere, mai e poi mai, dall’attenzione solidale ai più deboli. In poche parole, Cozzoli — e con lui tante donne e tanti uomini della sua generazione — ha creduto fino in fondo che sì, il Vangelo non è solo un bel libro, ma un “manuale” tecnico per la quotidianità.

E se una precisa ricostruzione storica consente di inquadrare l’Italia dagli anni Cinquanta in poi, la scelta di far parlare Cozzoli attraverso le carte e i documenti consente di fare memoria di quanto è stato fatto, concretamente, e di prendere consapevolezza che si può rifare anche oggi. Perché saranno pure cambiati i tempi, ma l’essenza resta la stessa. Cozzoli — e il libro lo spiega con attenzione — ha lavorato «al servizio dell’Azione cattolica, al servizio dei giovani e dello sport, nel Centro sportivo italiano, nella sua Puglia e nell’ambito della Democrazia cristiana».

Un uomo “dietro le quinte”, e per questo non conosciuto al “grande pubblico”, si potrebbe sintetizzare. Sì, ma assegnando a questa espressione la dignità del servizio appassionato agli altri. Sì, “dietro le quinte” ma sempre in prima linea — da cattolico senza aggettivi — nell’impegno con e per la gente. Davvero un libro che illumina, e sicuramente rende giustizia, a una storia alta. Approfonditamente documentata dal fondo archivistico donato dalla famiglia Cozzoli — la moglie Gilda Sallustio e i figli Vito e Paolo — all’Isacem-Istituto per la storia dell’Azione cattolica e del movimento cattolico in Italia, intitolato a Paolo VI.

Nato a Molfetta il 26 agosto 1928, Cozzoli cresce nella Gioventù italiana di Azione cattolica (Giac), divenendo dirigente parrocchiale. Dal novembre 1947 all’ottobre 1951 è presidente diocesano della Giac di Molfetta, divenendo anche consultore regionale per gli “aspiranti “e poi delegato regionale del ramo giovanile maschile. Si laurea in giurisprudenza all’Università di Bari, avviandosi alla carriera bancaria. Nel corso degli anni, assumerà ruoli dirigenziali in importanti istituti bancari. Nel 1958 è vice-presidente nazionale della Giac per poi assumere, senza soluzione di continuità, a partire dal 1964, la vicepresidenza dell’Unione uomini fino alla trasformazione, dopo il nuovo statuto del 1969, nel settore adulti. In questa veste, per dieci anni è membro designato dalla presidenza nazionale della Consulta nazionale dell’apostolato dei laici. È anche consigliere nazionale del Centro sportivo italiano dal 1956 al 1972 e, quindi, dal 1975 al 1979. Autore di testi sui monumenti romani, fonda e presiede l’Università popolare molfettese, insignita del Premio cultura 1970 della Presidenza del Consiglio dei ministri. Negli anni Settanta, ricopre l’incarico di vice-dirigente dell’Ufficio del tempo libero della Democrazia cristiana (settore sport), facendo poi parte delle commissioni formate dal partito per il riesame e la riforma della legislazione sportiva. Dal 1988 al 1991 è capo della segreteria del ministro della Protezione civile, e dal 1991 al 1992 del ministro del Commercio con l’estero, di cui è anche consigliere economico. Muore a Roma il 13 maggio 2009.

Una biografia importante. Ma sarebbe un errore, e soprattutto un’opportunità sprecata, fermarsi a titoli e qualifiche. Insomma, quando si parla di Centro sportivo italiano ci scorrono davanti volti e storie di tantissimi ragazzi che, proprio attraverso quella esperienza, hanno potuto diventare uomini. Senza ricorrere a slogan e senza paura di sporcarsi il vestito con la povere dei campetti più sperduti, Cozzoli ha dimostrato che «il laico è colui nel quale il mondo si fa presente alla Chiesa».

Ecco il profilo, attualissimo, di un cristiano che ha capito che la politica è servizio punto e basta. E che ha saputo vivere e sorridere alla vita, sostenuto in questo stile dalla sua passione sportiva. Un’immagine straordinaria: poche ore prima di morire, chiede di vedere in tv la sua Inter. Chissà nelle maglie nerazzurre di Javier Zanetti e compagni avrà rivisto i suoi ragazzi di Molfetta e di tante parti d’Italia giocare la partita più importante, quella della vita.

di Giampaolo Mattei