PER LA CURA DELLA CASA COMUNE
La donna nella «Laudato si’»

Con Dio e con il mondo

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01 giugno 2020

Il sottotitolo dell’enciclica Laudato si’ sulla cura della casa comune fa immediatamente pensare che sia estremamente facile affrontarne la lettura dal punto di vista delle donne perché tradizionalmente tanto il concetto di cura, quanto quello di casa sono stati sempre associati al sesso femminile.

Tuttavia, procedendo in questa direzione, il discorso si complicherebbe enormemente in quanto si dovrebbe affrontare la questione, complessa ed ampiamente irrisolta, di cosa sia da attribuirsi alla natura o, al contrario, alla cultura con i suoi condizionamenti.

Si intende, pertanto, seguire un diverso percorso che, in qualche modo, può essere definito a cerchi concentrici, poiché, muovendo da un ambito più ristretto, si allargherà progressivamente lo sguardo, fino a toccare quello che è il cuore di tutta l’enciclica.

Il punto di partenza della la riflessione è fornito dal paragrafo 155, nel quale, dopo l’iniziale riferimento alla legge morale naturale, è posto al centro dell’attenzione il corpo con i suoi molteplici significati e con la sua intrinseca relazionalità.

Si tocca qui un tema verso il quale il pensiero delle donne è particolarmente sensibile e che è analizzato in esso da vari punti di vista, con l’intenzione di rispettare al massimo la concretezza e la particolarità dell’esistenza.

Accettazione-dominio sono le due polarità tra le quali si colloca l’atteggiamento che si può avere verso il proprio corpo, ma la volontà di dominio verso quest’ultimo è la logica premessa di un’identica volontà nei riguardi del creato.

Il passo successivo, ed anche qui vi è piena concordanza con la riflessione femminile, è quello della valorizzazione della personale identità sessuata, presupposto del riconoscimento positivo dell’altro e dell’altra differente da sé, da accogliersi con gratitudine come dono. In questi termini, la differenza sessuale non può essere cancellata e non se ne può sminuire il valore, anche se essa richiede un confronto che non sempre è facile.

Tornando all’immagine dei cerchi concentrici, siamo ora a metà del percorso, perché dall’accettazione del proprio corpo si è passati a quella dell’altro/a differente, toccando una questione sulla quale il pensiero delle donne torna spesso.

Il terzo cerchio, quello più ampio, apre, muovendo dal corpo, alla considerazione dell’intero creato, nella sua duplice valenza di dono e di casa comune ed anche questo è un tema al quale il pensiero femminile riserva una specifica attenzione, trovandosi al suo interno delle precise correnti definite come “ecofemminismo”.

All’inizio del discorso si era sottolineata la relazionalità del corpo ed ora è necessario tornare ad essa per cogliere l’esito ultimo dell’intera argomentazione, che induce a spostare l’attenzione sul paragrafo 240.

Il paragrafo prende l’avvio dal riferimento al modello trinitario per evidenziare che il mondo, creato secondo tale modello, è costituito da una fitta rete di interconnessioni, per la quale tutti gli esseri, mentre sono orientati a Dio, tendono gli uni verso gli altri.

Di nuovo torna in primo piano la sintonia con il pensiero delle donne, sempre attento alla relazionalità ed al rilevamento delle interconnessioni e tale sintonia diviene ancora più evidente se si considera che il paragrafo non si riferisce solo alle relazioni tra gli esseri, ma anche, con importanza non minore, a quelle che segnano dall’interno la vita di ognuno.

Dire relazione, infatti, equivale a dire apertura e l’esistenza umana trova la sua maturazione ed il suo compimento quando si apre: a Dio, agli altri ed al mondo intero.

L’intenzione di leggere alcuni passi dell’enciclica con uno sguardo femminile non ha dato luogo, così sembra, ad una sovrapposizione estrinseca di prospettive, ma è servita a sottolineare alcune delle più significative peculiarità del documento che, dal suo interno, tiene conto di quella pluralità di voci che sono una ricchezza per la Chiesa intera.

di Giorgia Salatiello