Frontiere Umane

Annalena, capace di attraversare ogni confine

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27 giugno 2020

Elegante nel portamento, esile, dal carattere schivo, con occhi talmente chiari da rispecchiare quella sua anima sospesa tra terra e cielo: Annalena Tonelli non ha fondato movimenti, né ordini religiosi, non ha costruito chiese né santuari. Ha realizzato con determinazione e tenacia il suo sogno, quello di dedicarsi agli ultimi della Terra. Donna di frontiera, capace di attraversare ogni tipo di confine, fisico, religioso, culturale, è stata definita la Madre Teresa della Somalia, per i suoi trentaquattro anni di servizio indefesso, prestato ai poveri e agli ammalati in Africa. Donna instancabile, più volte aggredita, sequestrata, minacciata, ma sempre pronta a ricominciare. Il suo era un “vangelo di fatti”, di opere, ospedali, scuole: un vangelo di atti quotidiani e straordinari: «Il dialogo con le altre religioni è questo — sottolineava — è condivisione. Non c’è bisogno quasi di parole. Il dialogo è vita vissuta, io, almeno, lo vivo così: senza parole».

Nata a Forlì nel 1943, dopo una laurea in legge presa per accontentare i genitori, Annalena Tonelli inizia a studiare medicina di notte, perché il suo desiderio bruciante è quello di partire in missione: «Scelsi di essere per gli altri: i poveri, i sofferenti, gli abbandonati, i non amati che ero una bambina e così sono stata e confido di continuare a essere fino alla fine della mia vita. Volevo seguire solo Gesù Cristo. Null’altro mi interessava così fortemente: Lui e i poveri in Lui. Per Lui feci una scelta di povertà radicale ... anche se povera come un vero povero, i poveri di cui è piena ogni mia giornata, io non potrò essere mai».

Nel 1970, a ventisette anni, sceglie Waijr, un villaggio desolato nel deserto kenyota del nord-est, dove, fra le tribù nomadi rigidamente musulmane, Annalena insegna ai bambini e cura gli ammalati, lotta contro la tubercolosi, l’Aids, l’analfabetismo, la cecità e la mutilazione femminile; donna giovane, bianca, cristiana, non sposata, Annalena lotta contro i pregiudizi.

Espulsa dal Kenya per essere riuscita a documentare fotograficamente il massacro di una tribù perpetrato dall’esercito governativo, torna in Italia, ritirandosi negli eremi umbri e toscani.

Dopo un anno è di nuovo in Africa, questa volta in Somalia, a Borama, dove fonda un ospedale con 250 letti per i tubercolotici e i malati di Aids, oltre a una scuola per bambini sordi e disabili. I potenti locali hanno deciso di ucciderla, ma i suoi malati sfilano davanti al capo del paese chiedendogli di salvarle la vita. Il 15 ottobre 2003, all’uscita del suo ospedale, viene giustiziata con un colpo di arma da fuoco alla nuca. Annalena Tonelli, 60 anni, trentaquattro dei quali trascorsi in Africa, viene sepolta a Waijr, come era suo desiderio: ancora oggi i nomadi del deserto raccontano la sua storia.

di Elena Buia Rutt