La denuncia delle Nazioni Unite

Yemen: migranti accusati di trasmettere il virus

epa08420325 A Yemeni (C) wearing a protective face mask chats at a market in Sanaa, Yemen, 13 May ...
15 maggio 2020

Nello Yemen cresce la stigmatizzazione dei migranti divenuti capri espiatori e accusati di diffondere il virus e mettere in pericolo le popolazioni indigene. L’allarme arriva dall’Oms e dall’Oim. Le due agenzie delle Nazioni Unite sottolineano come dall’inizio della malattia i migranti nello Yemen sono divenuti bersaglio di ritorsioni. L’Onu fin dai primi segnali dell’insorgere della pandemia da covid-19 aveva messo in guardia il mondo sul rischio che il momento che stiamo vivendo avrebbe aumentato il razzismo e le discriminazioni, come avviene sempre nei periodi di crisi.

È quello che sta accadendo nello Yemen dove i migranti sono considerati «trasmettitori di malattia» e cresce nei loro confronti la xenofobia che porta a rappresaglie contro queste comunità vulnerabili. Più crescono i casi di covid-19 più i migranti sono sottoposti a molestie fisiche e verbali, quarantena forzata, negazione dell’accesso ai servizi sanitari e restrizioni di movimento. Le agenzie Onu testimoniano che i migranti sono fatti sfollare «nelle aree più a rischio del Paese e nel deserto, lasciati senza cibo, acqua e servizi essenziali». Secondo i dati dell’Oms sulla situazione nel Paese, sarebbero 36 i casi confermati di covid-19 e 8 già le vittime. «La presenza di covid-19 in Yemen è stata ufficialmente confermata il 10 aprile. Quasi un mese dopo, il primo caso segnalato nella città di Sana’a è stato quello di un rifugiato somalo», sostengono le agenzie dell’Onu che ribadiscono come il covid «coinvolga tutti indipendentemente dalla razza». Per questo «i migranti non dovrebbero essere stigmatizzati o associati al rischio di importare malattie», ha dichiarato Carmela Godeau, direttore regionale dell’Oim per il Medio Oriente e il Nord Africa, che ha anche sottolineato: «Il coronavirus non rispetta i confini, coinvolge tutti, indipendentemente dalla razza, dall’affiliazione politica o dalla posizione geografica».

«Non ci sono assolutamente prove — ha  spiegato Ahmed Al Mandhari, direttore dell’Oms per il Mediterraneo orientale — che un gruppo di persone sia più responsabile della sua trasmissione di un altro. Tuttavia, ci sono gruppi di persone che sono più vulnerabili a causa del loro stato di salute preesistente e dell’accesso limitato alle cure, soprattutto in situazioni di emergenza. È nostro dovere collettivo proteggere questi gruppi».

Lo Yemen è un Paese di passaggio per i migranti che vogliono raggiungere altri paesi del Golfo. Anche se il numero di arrivi, secondo quanto riferisce l’Onu, è diminuito a causa della pandemia, passando da 11.101 arrivi nel mese di gennaio a 1725 in aprile, molti migranti e rifugiati rimangono bloccati nello Yemen, anche a causa delle restrizioni di movimento o della chiusura delle frontiere. Un numero crescente di essi vive in condizioni sovraffollate e spesso non igieniche nei centri di transito, di detenzione e di quarantena. «Sono le difficoltà di accesso ai servizi sanitari, le cattive condizioni di vita e di lavoro che causano loro gravi rischi per la salute», ha aggiunto Carmela Godeau. Per aiutarli a proteggere se stessi e le comunità che li ospitano dal virus, l’Oms e l’Oim stanno educando i migranti a proteggersi dal virus.

Lo sforzo messo in campo dalle Nazioni Unite è anche quello di aumentare il numero dei servizi sanitari per tutta la popolazione, così come garantire l’accesso all’acqua potabile e agli articoli per l’igiene essenziali. Oms e Oim ribadiscono che «questa è una pandemia globale, e l’unico modo per combatterla è farlo insieme. Nessuno è al sicuro finché tutti non sono al sicuro».

di Anna Lisa Antonucci