L’impegno di padre Opeka tra gli emarginati in Madagascar

Una sola famiglia

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05 maggio 2020

«La situazione è difficile per le famiglie, per i poveri che hanno molti bambini. Non abbiamo riso, non abbiamo acqua. Abbiamo bisogno di acqua! Abbiamo bisogno del sapone». È la drammatica realtà, alla luce del diffondersi della pandemia di coronavirus, descritta da padre Pedro Opeka, sacerdote lazzarista argentino che ha fondato l’opera umanitaria “Akamasoa” (“Buon amico”), nella periferia più povera della capitale malgascia. Ma al grido di allarme, in un’intervista rilasciata a Vatican News, il religioso affianca un pensiero di speranza: le parole di Papa Francesco, che in più di un’occasione, come accaduto nel recente messaggio urbi et orbi di Pasqua, ha sottolineato la necessità di condonare il debito dei paesi poveri per consentire a questi ultimi di vivere nella dignità. E che, ribadisce padre Pedro, «leva la sua voce forte, forte per la nostra Terra, per la nostra casa comune». Perché occorre rivolgere il nostro sguardo verso cose meno superficiali e più elevate come i concetti di vita, giustizia, fraternità e amore, esorta il sacerdote: «Dobbiamo essere più fratelli per condividere tutte le ricchezze della Terra. Dopo questa pandemia dobbiamo capire che noi siamo tutti una sola famiglia umana».

In un paese in cui il 70 per cento della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, con frequenti problemi di approvvigionamento idrico, le precauzioni igieniche in questo periodo sono ancora più urgenti e i detergenti liquidi sempre più preziosi. Ma niente spazio alla rassegnazione: «Quest’anno — aggiunge padre Pedro — abbiamo celebrato la Pasqua lungo il percorso dove è passato anche Papa Francesco e dove lui ha benedetto il popolo operaio della cava».

È ancora vivo nelle parole del religioso il ricordo del viaggio apostolico del Pontefice in Madagascar del settembre scorso. La cava è quella di granito a Mahatazana, dove padre Pedro ha dato lavoro a migliaia di persone sottraendole a un destino di miseria ed emarginazione per un futuro di autonomia e di riscatto sociale. E dove una delle donne operaie, ricorda il lazzarista, aveva espresso a Papa Francesco la «speranza che un giorno ci potrà essere più giustizia per i più poveri». Auspicio espresso in uno dei tanti fiori di carità cristiana cresciuti sul fertile terreno di Amakasoa, cui appartiene anche la “Città dell’amicizia”, villaggio nato trent’anni fa nelle vicinanze di una discarica di Antananarivo e anch’esso visitato dal Papa.