Nel libro «Come goccia su una spugna» di Diego Fares

Papa Francesco maestro di discernimento

Gianluca Biccini 
Dicastero per la Comunicazione 
Direzione Editoriale - L'Osservatore Romano 
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09 maggio 2020

Quando una particella d’acqua cade su una materia assorbente, vi entra «in modo dolce, delicato e soave»; mentre se finisce su una pietra, provoca «strepito e agitazione»: prende spunto dal linguaggio evocativo della tradizione ignaziana (Esercizi spirituali, 335) il titolo del recente libro del gesuita Diego Fares Come goccia su una spugna: Papa Francesco maestro di discernimento (Edizioni Ancora, Milano 2020, pp. 200, e 18, ebook formato kindle 10,99), che raccoglie una serie di articoli dedicati dall’autore al pensiero che guida il modo di governare del suo confratello divenuto Pontefice.

In effetti l’immagine suggerita dal santo di Loyola ben descrive il paradossale effetto prodotto dalle parole e dai gesti del Papa argentino, che — osserva Fares — «muove gli spiriti, incide, tocca il cuore, fa pensare, non ragiona in astratto né lascia la gente indifferente». Ed è proprio qui che la regola del fondatore della compagnia di Gesù può aiutare a precisare in che cosa il vescovo di Roma è «maestro di discernimento». Il suo insegnamento in tal senso «è che per discernere bene bisogna uscire da sé, esporsi, coinvolgersi nel combattimento spirituale»; occorre «uscire dalle proprie idee, nelle quali io sono sempre il centro, verso le periferie dove la Carne ferita di Cristo ci commuove le viscere e, allora sì, si danno le mozioni affettive reali» nelle quali si può comprendere «quello che lo Spirito dice oggi alla Chiesa».

Accolto il 21 febbraio 1976 come novizio nella Societas Iesu da Bergoglio, allora provinciale per l’Argentina, padre Diego è sacerdote dal 1986. Ha lavorato per un ventennio con un gruppo di oltre un centinaio di laici presso la Casa di San Giuseppe (El Hogar de San José), centro di accoglienza per adulti che vivono in situazione di strada o in condizioni di estrema povertà, e insieme a padre Ángel Rossi, iniziatore della Fundación Manos abiertas, ha contribuito a portare avanti anche la Casa della bontà (Casa de la Bondad), un hospice per malati terminali. Ha conseguito un dottorato in filosofia, con una tesi sulla Fenomenologia della verità nel pensiero di Hans Urs von Balthasar; è professore di metafisica presso la Universidad catolica de Córdoba, della compagnia di Gesù; e fa parte del Collegio degli scrittori di «La Civiltà Cattolica», su cui ha pubblicato i diversi articoli sul tema del discernimento che ora ripropone in questo libro. Del resto la stessa collana Crocevia in cui è edito, ospita contributi degli autori della prestigiosa rivista, i quali in forma accessibile ma competente riflettono sui luoghi del sapere e del vivere che interpellano la società e la cultura contemporanee.

Significativamente la prefazione è affidata alla penna di Jens-Martin Kruse, il responsabile della Chiesa luterana di Roma, visitata dal Pontefice il 15 novembre 2015. Il quale ricorda come in quell’occasione, «per la prima volta, nella storia dell’ecumenismo, si ebbe un dialogo tra la comunità, che poneva domande, e il Papa, che rispondeva». Con la sottolineatura che il quesito iniziale non gli fu posto «da un vescovo o da un rappresentante ufficiale della Chiesa, ma da un bambino. Julius Leonardo, di 9 anni... Francesco ridacchiò, fece venire il ragazzino nell’area dell’altare, lo abbracciò» e gli spiegò come egli percepisca essenzialmente il proprio servizio al pari di quello di «un pastore che, nella sequela di Gesù, ha cura delle persone che gli sono state affidate e annuncia loro il Vangelo». Difatti «la grande accettazione di cui» Bergoglio «gode anche presso cristiani di altre Chiese... — commenta in proposito Kruse — si fonda anche sulla sua concezione del ministero», che non è «una questione di stile personale né una strategia ecclesiale, ma è espressione della sua fede in Cristo, nel suo amore e nel suo sacrificio di sé sulla croce». Secondo il luterano «Francesco vive e parla partendo dall’incontro con Gesù. Con il suo annuncio del Vangelo, con il suo magistero e con la sua azione vuole trasmettere ad altri questa fede». E al contempo cerca di rinnovarla, invitando le persone a entrare nella sequela Christi. Perciò, fa notare Kruse, già nella prima udienza generale in piazza San Pietro, il 23 marzo 2013, affermò che «seguire, accompagnare Cristo, rimanere con Lui esige un “uscire”. Uscire da se stessi, da un modo di vivere la fede stanco e abitudinario». E poiché, conclude, «Fares ha familiarità da molti anni sia con la teologia di Jorge Mario Bergoglio sia con la spiritualità e la tradizione di pensiero ignaziane, che lo caratterizzano», può presentarsi al lettore come “un cicerone” che ne «conosce a menadito la vasta opera» chiarendo «enunciati importanti per la fede», indicando «contesti biblici», facendo «collegamenti con altri testi» e approfondendo «idee teologiche». Basti ricordare, per fare un esempio concreto in tal senso, che lo stesso Pontefice alla messa del Crisma del 2018 donò a tutti i preti concelebranti e ai diaconi un precedente libro di Fares Dieci cose che Papa Francesco propone ai sacerdoti.

Articolata in dodici capitoli la recente pubblicazione sul tema del discernimento prende le mosse dalla prima intervista concessa dal Pontefice al direttore di «La Civiltà Cattolica» padre Antonio Spadaro — non a caso gesuita pure lui — in cui egli affermava: «Il discernimento nel Signore mi guida nel mio modo di governare». Tre anni dopo, con l’esortazione apostolica postsinodale sull’amore nella famiglia Amoris laetitia, Francesco ha posto il discernimento al centro della vita della Chiesa, facendo aprire gli occhi sulla necessità di crescere in questo metodo. Anche perché, conclude Fares nell’introduzione, «insegnare a discernere è il modo con cui i padri aiutano i figli a maturare nella loro libertà». (gianluca biccini)