Non sotto terra ma verso il cielo

Leonid Pasternak, «Ritratto del figlio Boris» (1910)
29 maggio 2020

Il 30 maggio del 1960 morì Boris Pasternak. Morì escluso dall’Unione degli scrittori e in grave disgrazia presso i governanti del suo Paese, insultato sui giornali, e il tutto perché aveva ricevuto un Premio Nobel per la letteratura non gradito dalle autorità sovietiche. Per questo motivo i giornali non avevano neppure comunicato dove e quando si sarebbero svolti i funerali del poeta: il Governo aveva tenuto la cosa nel più rigoroso segreto. Pasternak, che viveva allora a Peredelkino, un piccolo centro vicino a Mosca, aveva lasciato disposizione che lo seppellissero nel piccolo cimitero locale, un cimitero molto pittoresco, su una collina, che si vede dalle finestre della dacia di Pasternak. Però nonostante tutto tutta la gente venne a sapere la data e il luogo delle esequie e lo venne a sapere principalmente dalle radio straniere. Attorno alla casa di Pasternak si raccolse una grande folla. Gli scrittori noti erano pochi, perché di norma essi sono sono prudenti e temono sempre di dispiacere le autorità; ma c’erano molti agenti della polizia segreta. Le autorità avevano escogitato un espediente per rendere più sbrigativo il funerale: avevano cioè disposto che un furgone andasse a prelevare la salma, benché ciò non sia affatto richiesto nei funerali russi. Infatti la gente ignorò completamente la presenza del furgone e la bara di Pasternak venne portata a braccia, attraverso il bosco, fino al cimitero sulla collina. E questo assunse persino un carattere simbolico: il nostro dolore era frammisto a uno slancio interiore, a una nuova consapevolezza. E poiché il cimitero si trovava su una collina, a noi che portavamo e accompagnavamo la bara, sembrava non di calare il poeta sotto terra, ma di innalzarlo verso il cielo. E benché gli agenti ci incalzassero dicendo: «Svelti, spicciatevi, sotterratelo!», direi che quello fu un momento di vera esaltazione. Dopo la sepoltura molti dei convenuti non si decidevano ad allontanarsi dal cimitero, cominciarono anzi a leggere versi del poeta, e questo continuò fino a notte fonda.

di Andrej Sinjavskij