In Camerun i cappuccini in soccorso dei poveri

Le mascherine dei frati

Foto cappuccini2.jpg
15 maggio 2020

È accaduto quanto si temeva: il coronavirus è arrivato già da qualche settimana anche in Africa, dove la medicina in molti luoghi è ancora affidata alle erbe officinali. Che hanno indubbiamente la loro efficacia, ma che non tutti conoscono. Conoscono tutti invece le mascherine perché le hanno viste alla televisione e vorrebbero avere almeno quelle; ma non è facile trovarle e, soprattutto, sono inaccessibili alle loro finanze. Come sempre si sono mossi i poveri; in questo caso i giovani cappuccini del Camerun, una delle nazioni più colpite dal covid-19, che hanno provveduto a farle preparare per distribuirle alle fasce più disagiate della popolazione. Nel Paese l’infezione sta dilagando molto rapidamente. Secondo i dati del sito di monitoraggio della John Hopkins University, ai primi di aprile i contagi erano 509, mentre ad oggi, 15 maggio sono balzati a 2.954 con 139 morti.

Di fronte all’epidemia, il governo di Yaoundé, come la maggior parte dei Paesi africani, ha chiuso i confini e ha sospeso tutte le attività accademiche. A differenza di altre nazioni, non ha però imposto una rigida quarantena e il coprifuoco notturno. «La nostra strategia di ricerca attiva dei casi sta iniziando a ripagare — ha detto il premier Dion Nguthe — abbiamo fatto 800 test (la maggior parte ai viaggiatori) e oltre 200 sono risultati positivi, ma asintomatici. Abbiamo deciso di lasciarli vivere nelle loro comunità e di curarli sul posto».

Nello stesso tempo il ministero della sanità ha preso decisioni severe: test massicci e generalizzati; isolamento e trattamento immediato dei casi; sorveglianza attiva dei sospetti. Inoltre, ha deciso di scommettere sulla formazione della popolazione alle buone pratiche igieniche (pulizia del corpo e degli ambienti, distanza) e sulla diffusione dei normali presidi medici. in particolare mascherine, guanti e disinfettanti.

«Con il quotidiano aumento dei pazienti — hanno detto i cappuccini — il premier ha obbligato l’uso delle mascherine: chi non le porta va incontro a una multa di 6.000 franchi camerunesi (10 euro); coloro che ce l’hanno, ma non la mettono, dovranno pagare 2.000 franchi (tre euro). «Sapendo quanto sia difficile acquistare mascherine, la cui la domanda si è impennata negli ultimi giorni, e che molti non hanno le risorse economiche per acquistare per comprensibili difficoltà finanziarie in cui si trovano — hanno detto i giovani religiosi — abbiamo deciso di produrle alcune sul posto. Ci siamo rivolti ad alcuni sarti, compresi quelli che lavorano sul bordo delle strade, che le hanno preparate e che noi abbiamo pagato grazie all’aiuto del Centro missionario dei nostri confratelli di Milano. Senza di loro, considerando il momento difficile che sta attraversando la nostra nazione, costretta a combattere su due fronti, quello dell’epidemia e quello della guerra civile in corso nelle province anglofone (che ha fatto più di tremila morti e ha costretto trentamila persone a lasciare le proprie case) non avremmo potuto far nulla. Le prime mascherine multicolori, come piace alla nostra gente — hanno aggiunto — le abbiamo date agli sfollati ospitati nelle nostre comunità; le altre le abbiamo inviate a Shisong, Mbuluf e Mbohtong, dove il virus sta spopolando i villaggi. Speriamo che l’epidemia passi al più presto e che i nostri connazionali possano riprendere la vita normale di sempre, augurandoci anche che i combattimenti tra ribelli anglofoni e forze dell’ordine di Yaoundé, al momento sono sospesi grazie a una tregua, non riprendano più. Noi — concludono i frati cappuccini — preghiamo per questo».

di Egidio Picucci