A cinquant’anni dalla morte di Giuseppe Ungaretti

La coincidenza tra vita e poesia

Giuseppe Ungaretti
30 maggio 2020

Nella notte tra il 1° e il 2 giugno 1970, moriva a Milano Giuseppe Ungaretti, non solo una delle voci più importanti della nostra letteratura di sempre, ma anche un uomo che aveva dato corpo e voce alla poesia in una esperienza di vita di rara intensità e ricchezza. Del resto, lo stesso poeta, nella introduzione a Vita d’un uomo (che raccoglie tutta l’opera), parlando delle sue prime poesie, ebbe a dire: «Quelle mie poesie sono ciò che saranno tutte le mie poesie che verranno dopo, cioè poesie che hanno fondamento in uno stato psicologico strettamente dipendente dalla mia biografia», aggiungendo come a voler offrire una definitiva chiave di lettura della sua poesia: «Non conosco sognare poetico che non sia fondato sulla mia esperienza diretta».

È ovvio quindi che negli anni dopo la morte si siano susseguite varie biografie a lui dedicate. Ma non si può non notare che le biografie fino a oggi disponibili sono a tratti condizionate dall’ammirazione degli autori verso il poeta, con inevitabili reticenze e omissioni. Ad esempio, un elemento fondamentale è il ricchissimo epistolario ungarettiano, che letto attentamente, rivela molto dell’Ungaretti privato e meno noto. A colmare questa lacuna contribuisce il recente volume La vita nascosta di Giuseppe Ungaretti di Claudio Auria (Le Monnier, 2019). L’autore ricostruisce la vita del poeta con un dettaglio incredibile, attingendo con grande cura prima di tutto alle preziose informazioni biografiche fornite nel tempo dallo stesso Ungaretti (in interviste, prefazioni a libri altrui, introduzioni e commenti alle proprie opere, negli epistolari, negli articoli d’attualità e costume, nei saggi critici, lezioni universitarie, conferenze). Insomma, è lo stesso poeta ad aver lasciato ai posteri (più o meno consapevolmente) numerosissime testimonianze della sua esperienza terrena, non soltanto attinenti alla sfera artistica.

Il volume ripercorre, anche nei titoli dei capitoli i tanti luoghi (Italia, Francia, Brasile, Stati Uniti e molti altri) vissuti dal poeta, con una mirabile precisione cronologica e offrendo altresì diffusi e preziosi dettagli del contesto storico e sociale in cui egli si muoveva. Ne emerge innanzitutto la figura di un uomo che metteva sempre una grande passione in tutto ciò che faceva (l’aspetto più eclatante e se vogliamo pittoresco, era la capacità di prendere facilmente fuoco, dare in escandescenze con urla furiose e pugni sul tavolo, per poi tornare immediatamente alla calma e al sorriso).

In questo c’era la sua enorme curiosità e la capacità di stupirsi e provare autentica meraviglia. Ma la passione si traduceva anche nell’importanza data alla cultura e alle arti, nel ruolo enorme attribuito alla poesia, e prima di tutto alla sua poesia. Ma affianco alla sua generosità, soprattutto verso i giovani artisti, c’era la preoccupazione che fosse sempre riconosciuto il suo valore di poeta (anzi, che fosse riconosciuto come il miglior poeta vivente). Da qui quel suo carattere un po’ in ombra tendente a un certo opportunismo, nonché all’adulazione.

Ma snodo cruciale della sua vita di uomo e poeta è certamente la conversione al cattolicesimo. La data riconosciuta da tutti è la Pasqua del 1928 di ritorno dai Monasteri benedettini di Subiaco. Ma non si può ignorare un percorso di fede che inizia lontano, già negli anni della grande guerra, quando il poeta è sempre affacciato dinanzi all’abisso di un mistero. Il 1928 segna dunque una tappa di avvicinamento a una fede che abbraccerà in maniera definitivamente consapevole nel 1947, quando si trovò ad affrontare la morte del fratello e poi del piccolo figlio. Non a caso nel libro Il Dolore Ungaretti manifestò esplicitamente in varie poesie la sua adesione al cristianesimo.

L’editoria non ha mai smesso di interessarsi all’opera di Ungaretti, non solo per la straordinaria abbondanza di “materiale”, ma anche perché tutto il suo percorso artistico letterario è paradigmatico di una dedizione assoluta all’arte, ma pur sempre nella totale adesione alla realtà. Ulteriore conferma ne è il ricco e sempre rinnovato catalogo Mondadori (da sempre editore storico dell’opera ungarettiana). In questo contesto, l’ultima pubblicazione è Visioni di William Blake (2020), che raccoglie la traduzione di Ungaretti delle visioni poetiche del genio romantico inglese. La traduzione per il poeta è una vera opportunità di creazione artistica e quello tra Ungaretti e la poesia di William Blake è un incontro centrale, nel quale figure d’epoche tanto lontane, hanno condiviso quella tensione di spingersi verticalmente dagli enigmi del silenzio alla libertà della parola.

Il volume offre un’ampia scelta delle opere di Blake, dagli scritti giovanili, a quelli profetici, fino alle ultime allegorie. L’intervento di Ungaretti non è stato soltanto quello del traduttore, bensì del poeta che ricrea il testo classico di partenza, lo metabolizza nel proprio sistema di valori di scrittura e ne offre una versione come fosse un capitolo della sua stessa opera.

Oltre a questa ultima pubblicazione, vale la pena menzionare anche il volume Vita d’un uomo. Tutte le poesie che è stato riproposto in una nuova edizione, firmata da Carlo Ossola, e che mette a disposizione dei lettori anche una sezione di “poesie ritrovate” e alcuni testi inediti. E sempre nel progetto Vita d’un uomo (che ebbe inizio quando il poeta era ancora in vita), si segnalano Vita d’un uomo. Saggi e interventi, che raccoglie un’ampia scelta di saggi di critica e di storia letteraria scritti da Ungaretti negli anni tra il 1918 e il 1970; Vita d’un uomo. Traduzioni poetiche, che raccoglie i suoi più noti lavori di traduzione e infine Vita d’un uomo. Viaggi e lezioni, che offre al pubblico due esperienze importanti del poeta, quella del viaggiatore e quella del docente universitario e del conferenziere.

Meritano altresì attenzione anche gli intensi e lunghi epistolari. Innanzitutto, il volume Da una lastra di deserto. Lettere dal fronte a Gherardo Marone, che raccoglie la corrispondenza nel periodo della grande guerra, intrattenuta con Gherardo Marone, direttore a Napoli della rivista letteraria «La Diana» e che testimonia la genesi della grande poesia di Ungaretti, quella de  Il Porto Sepolto, Allegria di Naufragi e  L’Allegria.

Il volume Lettere a Bruna, raccoglie invece il fittissimo scambio epistolare (quasi 400 lettere) intercorso con la sua ultima compagna, la giovanissima Bruna Bianco, in cui il poeta affronta anche temi universali, quali il rapporto tra amore e morte e la forza viva del sentimento e della poesia eternatrice. Infine, si segnala L’allegria è il mio elemento. Trecento lettere con Leone Piccioni, che fu suo allievo all’università e poi curatore delle sue opere, quindi interprete privilegiato di tutto il suo mondo.

Nel giorno del suo ottantesimo compleanno Ungaretti, come a lasciare un consuntivo esistenziale, disse: «Non so se sono stato un vero poeta, ma so di essere stato un uomo; perché ho molto amato e molto sofferto, ho molto errato e ho saputo, quando potevo, riconoscere il mio errore, ma non ho odiato mai».

di Nicola Bultrini