La denuncia della fondazione Aiuto alla Chiesa che soffre

In Pakistan cristiani discriminati anche nell’emergenza sanitari

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26 maggio 2020

«È inaccettabile che cittadini del Pakistan, a causa della propria confessione religiosa, non ricevano aiuti essenziali per la sopravvivenza in tempi di pandemia»: è quanto dichiara a «L’Osservatore Romano» il direttore della sezione italiana della fondazione di diritto pontificio, Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs), Alessandro Monteduro, in merito alla notizia diffusa dalla Commissione nazionale per la giustizia e la pace del Pakistan, dove spesso i cristiani e le altre minoranze religiose non usufruiscono di aiuti, di beni alimentari e di prima necessità e sono tra quanti stanno soffrendo di più a causa dell’emergenza coronavirus. Secondo il responsabile di Acs Italia, «il Pakistan deve liberarsi dall’influenza dei gruppi estremisti e porre fine alla sistematica oppressione delle minoranze religiose anzitutto perché è doveroso. Lo deve fare nell’interesse dell’intero Paese».

I cristiani e le altre minoranze religiose del Pakistan sono le categorie più disagiate. Prima della pandemia molti vivevano di salari giornalieri e di lavori saltuari e, in seguito al blocco delle attività, non hanno più il necessario per vivere. «Questa grande nazione, con duecento milioni di abitanti — spiega Alessandro Monteduro — deve infatti fare ancora i conti con problemi strutturali, fra i quali gli insufficienti investimenti in istruzione, assistenza sanitaria e igiene pubblica, non solo in tempi di covid-19. La storia dimostra la straordinaria creatività delle comunità cristiane in questi settori, per cui è poco lungimirante, se non addirittura autolesionistico, privarsi del loro prezioso contributo in una fase storica così delicata».

Nei giorni scorsi, Cecil Shane Chaudhry, direttore esecutivo della Commissione nazionale per la giustizia e la pace, ente cattolico per i diritti umani, ha riferito ad Acs di organizzazioni religiose e moschee che escludono i cristiani nella distribuzione di cibo e kit d’emergenza. Per questa ragione, Chaudhry ha invitato il governo pachistano a fornire mascherine, guanti e altri dispositivi di protezione ad operatori sanitari e lavoratori domestici, molti dei quali sono cristiani, e ha lanciato l’allarme di un probabile picco di casi di covid-19 proprio fra cristiani e altre minoranze che svolgono i lavori più a rischio nel Paese asiatico. «Il covid-19 non conosce confini: tutti sono a rischio, indipendentemente dalla loro religione — afferma il direttore esecutivo della Commissione nazionale per la giustizia e la pace — quindi come può essere giusto negare cibo e altri aiuti d’emergenza ai cristiani e alle altre minoranze, specialmente quando sono tra quelli che soffrono di più». Nel Paese gli aiuti continuano ad essere spesso negati ai non musulmani.

Secondo gli ultimi rapporti della John Hopkins University, i casi confermati di coronavirus sono oltre cinquantunomila, e i morti sono oltre un migliaio, anche se, secondo Chaudhry, molti casi non sarebbero stati segnalati. Anche per la mancanza di tamponi. L’attivista cattolico chiede al governo di Islambad di analizzare meglio i dati per indirizzare gli aiuti ai più vulnerabili e sostiene che al momento non si conoscono iniziative per far fronte ai bisogni delle minoranze religiose nel Paese.

Anche secondo un altro attivista cattolico pachistano, Anjum James Paul, presidente della Pakistan Minorities Teachers’ Association, quello che si sta registrando nel Paese «è una pratica scandalosa e allarmante, che va fermata sul nascere. Ci sono alcune persone — ha sottolineato — che stanno sfruttando il blocco dovuto al covid-19 e la disperazione creatasi in tante persone indigenti, per indurre una conversione religiosa all’islam, operando un ricatto: se vuoi il cibo, diventa musulmano». Si tratta di un ricatto bello e buono che molte organizzazioni cattoliche stanno cercando di impedire. Anche Aiuto alla Chiesa che soffre è scesa in campo dando vita, nei giorni scorsi, ad un programma di aiuti di cinque milioni di euro per sostenere, nell’emergenza coronavirus, il lavoro delle Chiese locali in tutto il mondo. (francesco ricupero)