Raccolti fondi per migliorare le condizioni dei campi nelle isole greche

Caritas Austria per i profughi

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04 maggio 2020

Il coronavirus non si ferma di certo alle porte dei campi profughi allestiti in Europa. Anzi, le precarie condizioni igienico-sanitarie e l’impossibilità di garantire un reale distanziamento sociale, a causa del sovraffollamento, rendono gli individui che vi abitano più di altri vulnerabili al contagio. Particolarmente difficile è la situazione nelle isole greche e nei Balcani dove oltre quarantamila persone fuggite dalla guerra e dal terrorismo devono resistere in condizioni molto spesso disumane. Lo stesso Janez Lenarčič, commissario europeo per la gestione delle crisi, ha ammesso che al momento «non esiste la capacità medica per affrontare una potenziale esplosione del virus». Sul fronte degli aiuti c’è anche Caritas Austria che agli inizi di marzo ha avviato su Facebook una raccolta fondi che in poche settimane ha prodotto un milione e mezzo di euro che serviranno soprattutto all’approvvigionamento idrico e al trasporto dei malati. «Il risultato della donazione — ha affermato Andreas Knapp, segretario generale per i programmi internazionali di Caritas Austria — mostra quanto sia grande la solidarietà dei cittadini».

La situazione nei campi profughi di Moria a Lesbo e di Vial a Chios è notevolmente peggiorata negli ultimi mesi. Manca tutto: cibo, acqua potabile, elettricità, articoli per l’igiene personale e le cure mediche, mentre lo smaltimento dei rifiuti è spesso un miraggio. Klaus Schwertner, responsabile Caritas per l’arcidiocesi di Vienna, tornato dalla Grecia alcune settimane fa, ha detto che l’Europa non può accettare sul suo territorio una simile condizione di vita: «La Grecia non può essere lasciata sola dalle altre nazioni dell’Ue. Deve essere prevenuta, in ogni modo, quella che potrebbe trasformarsi in una catastrofe umanitaria. Ho incontrato una giovane famiglia con un neonato. Il bambino aveva solo tre giorni. È un dramma».

Grazie ai fondi raccolti, Caritas Hellas ha già acquistato prodotti per l’igiene, alimenti per l’infanzia, coperte, sacchi a pelo e altri articoli per oltre 23.000 persone. Al suo fianco Caritas Austria sta lavorando per distribuire i pacchi nei campi il più rapidamente possibile nonostante le restrizioni di accesso a causa della pandemia. I soldi sono serviti per comprare anche una nuova autoambulanza che ha preso servizio a Chios. È stretta la collaborazione con l’ong Medici senza frontiere per la quale sono stati messi a disposizione 100.000 euro che saranno utilizzati per migliorare le condizioni igieniche nel campo profughi di Samos. Qui — come anche a Leros, a Kos o a Kara Tepe — la situazione è davvero allarmante: più di 7.000 fra donne, uomini e bambini vivono in un’area progettata per un massimo di 650 persone. Ciò significa che devono stare a stretto contatto, in piccole tende. Inoltre, negli ultimi giorni, vari incendi appiccati qua e là per protesta hanno distrutto decine di rifugi e container privando alcune famiglie di un minimo alloggio. Adesso Medici senza frontiere fornirà ulteriori 60.000 litri di acqua al giorno e costruirà strutture sanitarie al di fuori dei limiti del campo ufficiale, dove vive gran parte dei rifugiati.

Caritas Austria, insieme ad altre dieci organizzazioni non governative, è attiva anche nel campo profughi di Kara Tepe, dove risiedono circa 1.300 persone classificate come “particolarmente vulnerabili”: vittime di torture, disabili, donne in gravidanza.

La cooperazione fra Caritas è encomiabile. Quelle di Austria e Svizzera hanno consentito che restasse in vita il centro sociale «Kipseli» di Caritas Grecia, nel centro di Atene, che opera nella formazione e nella consulenza per i rifugiati ma che funge soprattutto da luogo di incontro e scambio culturale. La struttura avrebbe dovuto chiudere i battenti alla fine di marzo a causa della mancanza di risorse ma le due Caritas hanno immediatamente messo a disposizione della sorella greca un totale di 180.000 euro. Ciò significa che il servizio può essere garantito per altri sei mesi.

Caritas Austria negli ultimi tempi ha ampliato il suo raggio d’azione raggiungendo i Balcani, specialmente la Bosnia ed Erzegovina: grazie a 55.000 euro di aiuti d’urgenza alla Caritas locale è stato migliorato il funzionamento del campo profughi a Tuzla, con l’ampliamento della lavanderia. Altri 90.000 euro sono stati messi a disposizione di Caritas Serbia per le misure igieniche nei campi di Obrenovac e Krnjaca. Vengono poi organizzate lezioni per i più piccoli, mentre le donne sono supportate con consulenza psicologica, gruppi di artigianato e di cucina. «Ho dovuto crescere velocemente», racconta un siriano, oggi diciassettenne, che fa volontariato con i bambini in un campo: «Li aiuto a distrarli in modo che possano dimenticare le cose brutte che hanno vissuto».

di Giovanni Zavatta