Nel ritorno di Olive Kitteridge

A occhi e cuore aperti

Frances McDormand plays Olive Kitteridge in the four-hour HBO miniseries adapted from Elizabeth ...
09 maggio 2020

A distanza di dieci anni Elisabeth Strout torna a raccontarci di Olive, la professoressa di matematica in pensione che avevamo conosciuto quando era appena iniziata la sua età “forte”. L’avevamo lasciata nella cittadina immaginaria di Crosby, nel Maine, vedova di Henry, il farmacista, col figlio che viveva lontano da lei, a New York, e con un mondo fatto di abitudini quotidiane, di incontri con gente del posto. Sono passati gli anni e poco è cambiato, apprendiamo che ha incontrato Jack, un nuovo amore, vedovo anche lui e docente ad Harward, ora in pensione. Olive è sempre la stessa: rude, spigolosa, schietta fino a essere spietata. Con se stessa prima ancora che con gli altri (si definisce «una vecchia ciabatta»). Ma, sotto i modi spicci, capace di una profonda empatia e di una ruvida grazia nei confronti dell’umanità varia che incrocia. Olive è ormai vecchia, sente tutto il peso degli anni, il suo corpo non la serve più come un tempo, anche Jack muore e la solitudine si fa tagliente come una lama ma per fortuna non si lascia prendere dallo scoramento e non rinuncia mai a farsi attraversare da lampi di interesse e curiosità per ciò che la circonda. Il tempo della vecchiaia può essere un tempo crudele. Olive guarda alla sua vita che è stata e si accorge di «aver sperperato la vita per inconsapevolezza». Tuttavia, in un presente fatto di minute cose, di una progressiva resa alla inevitabile Fine delle Cose, Olive riesce a vivere piccole epifanie, a cogliere lampi di bellezza. Come nel primo libro, Strout compone un romanzo in racconti. In alcuni la nostra protagonista si affaccia di sguincio, apparentemente defilata, ma nella coralità della narrazione tutto torna a lei, delineandone la personalità. La scrittura è impressionistica, fatta di periodi brevi, di dialoghi di realismo quotidiano, di scarti fulminei, capaci di passare da una riflessione intensa a una imprecazione ad alta voce («Accidenti!») che anziché sminuire, esaltano la profondità della riflessione. Non è una lettura indolore questa di Olive, ancora lei! (Torino, Einaudi, 2020, pagine 272, euro 19,50); non lo è per l’immedesimazione che comporta, perché è specchio per ogni lettore di quanto inesorabile sia l’età che avanza. Ma l’ironia, l’autoironia, la curiosità mai doma per la bellezza del mondo, per il mistero spesso stupefacente dell’animo umano che sono in Olive ci fanno certi che fino all’ultimo vale la pena di restare a occhi e cuore aperti.

di Giulia Alberico