La testimonianza di padre Daniele Moschetti

Situazione critica a Castel Volturno

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07 aprile 2020

Ci sono posti in cui l’emergenza sanitaria e sociale di questi tempi è ancora più emergenza. È il caso di Castel Volturno, un paese del casertano di 25 mila abitanti regolarmente registrati e circa 19 mila immigrati, dei quali solo 4 mila regolari. Si stima un rapporto di uno a uno fra la popolazione autoctona e la popolazione straniera, ivi presente da 20/30 anni. Nella terra dei fuochi, di cui Castel Volturno è parte, l’abusivismo selvaggio ha provocato un grave degrado sociale e ambientale. Ci sono discariche abusive a cielo aperto e molte delle case abbandonate dai proprietari cadono a pezzi e vengono occupate abusivamente o affittate in nero agli immigrati. Il disagio economico e il senso dell’abbandono accomuna tutti.

Il lavoro agricolo è svolto quasi esclusivamente dagli africani, l’etnia più numerosa, mentre gli indiani si occupano delle stalle e delle fattorie per la produzione di mozzarelle di bufala. Ora non lavora più nessuno. «Qui c’è la fame vera», dice padre Daniele Moschetti, missionario comboniano in missione a Castel Volturno dopo quasi venti anni di Africa e uno negli Stati Uniti d’America, dove ha svolto un ministero di Giustizia, Pace e Riconciliazione presso l’Onu, un lavoro di advocacy, cioè di pressione politica, verso i grandi della terra. «Gli immigrati non possono più uscire dalle loro case per racimolare quello che occorre per sfamarsi. In più le abitazioni sono fatiscenti, in molte non c’è nemmeno l’acqua ed è impossibile rispettare le norme igieniche». Per affrontare l’emergenza, il comune ha istituito un comitato organizzativo, di cui fanno parte anche i Comboniani, le parrocchie, la Caritas, Emergency, il centro sociale di Caserta e altre associazioni. Diverse realtà politiche, religiose e sociali animate dallo stesso obiettivo, garantire la sopravvivenza e la dignità delle persone più fragili.

Ma il bisogno è enorme. È facile vedere gente in giro in cerca di cibo o di qualche soldo. «Stare chiusi in casa per gli africani è difficile, non appartiene alla loro cultura», afferma padre Moschetti, la cui comunità, dedicata a santa Bakhita, è impegnata nella tutela e promozione dei diritti degli immigrati e nell’accoglienza di persone in difficoltà. «Inoltre, gli stranieri non sanno cosa stia realmente succedendo perché molti non hanno la televisione e non sono informati sull’emergenza sanitaria. E c’è da tener conto del fatto che non tutti conoscono l’italiano».

In strada ci sono anche i senza dimora. E le prostitute che vagano. Il punto di riferimento sono i Comboniani e il Centro Fernandes, della diocesi di Capua, che, ogni giorno, offre pasti caldi a una trentina di persone e ospitalità a 15 stranieri. Tutti gli altri servizi, dal doposcuola agli ambulatori, dalla consulenza legale all’avviamento al lavoro, dai corsi di lingua italiana a quelli sportivi e ricreativi sono sospesi.

Per controllare gli spostamenti è intervenuto persino l’esercito. Da un paio di settimane una trentina di soldati, insieme a polizia e carabinieri, controllano la cittadina che si sviluppa per 27 chilometri sulla via Domiziana, la strada costruita dai romani per il divertimento della nobiltà. Perché Castel Volturno un tempo era bellissima. Nella zona più interna, piena di ville romane, si trova un grande anfiteatro secondo solo al Colosseo, e fino a trent’anni fa era qui che la borghesia campana e romana trascorreva la villeggiatura.

Adesso, gli hotel a 4 stelle si usano per incontri “clandestini” al costo di 20 euro e il luogo è zona franca per camorra e mafia nigeriana, che si sono spartite territorio e affari. La prima si occupa di sversamenti tossici, pizzo, investimenti illegali, mercato degli affitti e sfruttamento sul lavoro; la seconda, di droga e prostituzione. Ora anche la criminalità organizzata si trova in difficoltà, non avendo più mano d’opera. Ma non c’è da rallegrarsi.

«Quella che stiamo vivendo è una situazione esplosiva perché la mafia, storicamente, fa leva sulla disperazione della gente per prosperare. L’abbiamo visto giorni fa a Palermo, con l’assalto a un supermercato dietro cui c’era chiaramente lo zampino della malavita. Per questo agire unitariamente è fondamentale, qualsiasi sia l’appartenenza sociale, politica, di categoria o di gruppo. Come dice papa Francesco, siamo tutti sulla stessa barca. Tutti chiamati a remare insieme». Così, il neocostituito Comitato Castel Volturno Solidale, che racchiude varie realtà, collabora con gli operatori comunali distribuendo pacchi viveri e facendo opera di sensibilizzazione e informazione casa per casa. Si sta cercando di coinvolgere anche i proprietari delle abitazioni in locazione per convincerli a congelare gli affitti e per scongiurare il taglio di acqua ed elettricità.

Al call center istituzionale, che riceve 3/400 telefonate al giorno, ci sono anche volontari e mediatori culturali che rispondono in lingua francese e inglese. Il diffondersi del virus è lo spettro comune. Finora ci sono stati sette contagiati e un morto ma si prevede una fase acuta intorno alla metà di aprile. Con un conseguente aumento delle persone in difficoltà.

«Il governo ha stabilito un Fondo alimentare che prevede anche l’erogazione di buoni spesa ma riguarda solo i residenti. Qui 15 mila persone sono irregolari. Dobbiamo provvedere con altre risorse», dice padre Moschetti. Non si può abbassare la guardia. Ognuno è chiamato a fare la sua parte. «Mi auguro che il sistema di collaborazione che stiamo sperimentando ora continui anche nel futuro. Sarebbe una bella cosa. Guarderemmo insieme a una nuova Castel Volturno».

di Marina Piccone