Cronache della vita «alla finestra» nei testi di Niccolò Fabi — III

Nel blu

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21 aprile 2020

Le parole e le note dell’ultimo album di Niccolò Fabi, «Tradizione e Tradimento», pur concepite in un altro tempo, si rivelano oggi incredibilmente attuali. Dopo aver aperto con «I giorni dello smarrimento» e «Prima della Tempesta», e proseguito con «A prescindere da me» e «Io sono l’altro», concludiamo con l’ascolto di «Nel blu» e «Amori con le ali».

In questi venerdì e sabato santi indefinitamente prolungati, nel mezzo di una tragedia dal sapore antico — la cui via di uscita è posta tra le vite rapite oggi dal covid-19 (se non viviamo alla giusta distanza) e quelle che lo saranno domani dalla crisi economica incipiente, può avere ancora senso raccontare l’evento cristiano della risurrezione dai morti ai parenti e agli amici di chi non c’è più, di chi è stato sommerso dalla marea del contagio? E quello ebraico della liberazione da ogni schiavitù a chi, invece, casualmente ci si trova ancora dentro e con molto poco merito ne sarà salvato?

Sì, lo ha ricordato Papa Francesco, abbiamo un «diritto alla speranza» da esercitare, foss’anche soltanto sulle nuvole di Vasco Rossi, nel cielo di Ligabue o lungo il sentiero fiorito di De André; una parola di consolazione capace di rincuorare senza scivolare in un ingenuo ottimismo se sapremo ricordare che il vangelo più antico, quello di Marco, il più semplice e con la maggiore densità di miracoli, si conclude invece in un clima realistico di umana paura e senza un proprio racconto di apparizione del Risorto.

Siamo dunque legittimati solo a credere che «ciò che tarda avverrà» (P. De Benedetti), che un giorno qui in terra e forse già ora nell’aldilà si darà quel che canta Niccolò Fabi: «come in un appuntamento / su uno scoglio prima del tramonto» — come Giuseppe e Franca, morti all’ospedale di Como mano nella mano dopo cinquant’anni di matrimonio — accorceremo di nuovo le distanze ma gradualmente, per il peso del dolore che ci ha lasciato spersi e ammutoliti: «sembrava che io guardassi solo  al  largo / ma ti ho  sentita arrivarmi accanto / prima seduti con le  gambe fra le braccia / ognuno muto dentro i suoi richiami».

In quel momento poi, come i discepoli invitati a tornare nella Galilea delle genti per fare esperienza reale di risurrezione, «ci siamo aperti come libri / aiutandoci a ricordare i nomi / di quelli che eravamo», riordinando «con cura» — alla luce di questa rinnovata vitalità (nel tempo o nell’eternità) — i ricordi di una vita che si preannunciava già vecchia, ma che conteneva in realtà l’essenza del nuovo.

«Tu arrivavi dalla fine di una guerra» pregno di morte, ritenendo ormai intollerabile che qualcuno muoia senza esserne toccati, mentre «io ero scivolato dal mio piedistallo», da un annoiato delirio di onnipotenza; entrambi consapevoli che in realtà siamo «un’assemblea di cocci» intenta «a conversare di vasi», di un’Europa moribonda che ancora una volta sogniamo risorta per pronunciare i nostri mai-più-come-prima, onde evitare quella spirale di autodistruzione in cui «alla fine qualcuno pagherà / il male che ci ha fatto / qualcun altro».

Finalmente liberi da ogni mascherina, che pure ci ha insegnato un uso migliore dello sguardo, «tu mi hai sorriso e ho sentito di essere pronto». Tenendoci per mano, «ci siamo alzati contro il vento / e in pochi passi eravamo fino al bordo / con il coraggio che da soli non avremmo mai trovato». Leggeri come non mai, «il peso si è lasciato andare avanti / i talloni si sono alzati dalla terra», pronti nuovamente a tuffarci nella Vita — eterna o temporale; «tu avevi paura, io forse un po’ di più / ma l’attimo dopo in un salto / noi eravamo insieme, nel blu»: tra le braccia di quel mistero dell’a/Amore quale eterno e immutabile movimento che tutto nel tempo muove.

Non possiamo infine escludere che un giorno lontano, dopo aver sperimentato questi «amori con le ali» e dopo molti forse, qualcuno nell’al di qua dei salvati o dall’aldilà dei sommersi riuscirà anche ad arrivare a riconoscere che paradossalmente il virus «mi ha regalato un movimento / allontanandomi da qualcosa / e avvicinandomi a qualcos’altro / avvicinandomi a qualcuno / e allontanandomi da qualcun altro». Prima no. Per pudore, per amore del Vero che c’è nell’andrà tutto bene – tramandatoci da Giuliana di Norwich.

di Sergio Ventura