Sulla rete le iniziative della Gioventù Missionaria per la Settimana santa

«Mission is possible»

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06 aprile 2020

Si chiama “Mission is possible” la nuova iniziativa per la Settimana santa intrapresa da Gioventù Missionaria, l’apostolato del Movimento Regnum Christi e della congregazione dei Legionari di Cristo. Quelli dopo la domenica delle Palme, infatti, sarebbero stati i giorni di una missione sul campo, in diverse parti d’Italia, per continuare nell’operato di questi ragazzi tra i 17 e i 28 anni, ovvero una nuova evangelizzazione della società fatta di incontri, ascolto, amicizia, conforto. Ma l’emergenza da covid-19 non li ha affatto fermati, anzi... e così a decine stanno partendo per una “missione virtuale”, pur restando fermi a Roma, Milano, Padova, Palermo, Catania, Firenze.

«La Chiesa è in uscita anche sui social. E tanti canali, che noi utilizzeremo, fanno pure parte dei segni dei tempi», dichiara padre Nicola Tovagliari, direttore del Centro di pastorale dell’Università Europea di Roma, da dove si irradiano tante delle attività di Gioventù Missionaria. «Questa volta i nostri giovani non andranno direttamente sulle strade, ma si serviranno di internet per annunciare comunque la parola di Dio, oltre ogni limite e distanza. Abbiamo chiesto il permesso ai parroci delle zone che avremmo dovuto visitare di persona e hanno risposto in maniera entusiasta, così “andremo” comunque da anziani, famiglie e bambini. I nostri giovani, che sono “nativi digitali”, come tutti gli altri giovani di oggi, lo faranno attraverso telefonate o video, per far arrivare a tutti un messaggio di speranza, di solidarietà, di preghiera». Tutto è iniziato la mattina della domenica delle Palme, con una meditazione, e quindi i vari appuntamenti della giornata, sempre in rete. Per i più piccoli, ad esempio, è stato preparato qualcosa di particolare, con alcuni giochi simpatici, anche di magia, ai quali i bambini possono assistere ovviamente da casa, magari avendo accanto i genitori.

“Mission is possibile” coinvolgerà un centinaio di ragazzi, il tutto passando attraverso i canali di Gioventù Missionaria su Facebook, Instagram e YouTube e utilizzando piattaforme di collegamento come Skype e Zoom.

«Così — aggiunge padre Tovagliari — riusciremo a raggiungere comunque gli abitanti dei paesi che ci stavano aspettando e a vivere insieme questi giorni di preparazione alla Pasqua». A guidare i momenti di riflessione saranno i sacerdoti Legionari di Cristo e le consacrate del Regnum Christi.

Questa della evangelizzazione durante la settimana santa è solo una delle varie iniziative dei 1800 ragazzi, per lo più universitari, che in 13 nazioni di tutto il mondo si riconoscono in Gioventù Missionaria; ci sono poi le missioni in carcere o nelle case di riposo, quelle di evangelizzazione in spiaggia o in alcune realtà particolari di vari Paesi, dal Messico alla Bosnia ed Erzegovina. Per quest’ultima modalità, si tratta di un modo diverso di vivere l’estate, al servizio dei più bisognosi, con i giovani che trascorrono tre settimane nei villaggi poveri, visitando le famiglie, parlando con le persone e aiutando a costruire piccole infrastrutture. Molti di questi giovani, come detto, studiano all’Università Europea di Roma e partecipano alle attività sociali di Gioventù Missionaria nell’ambito del “Percorso di formazione integrale”, secondo l’obiettivo dell’ateneo che è per l’appunto quello di offrire una formazione che consenta non solo l’acquisizione di competenze professionali, ma che orienti lo studente a una crescita personale e sviluppi uno spirito di servizio per gli altri.

«Sono certo — prosegue padre Nicola riferendosi alla “missione virtuale” — che sarà ancora una volta una settimana speciale per questi giovani, che sperimenteranno di nuovo la gioia del Vangelo, che sta nel dare e nel darsi più che nel ricevere».

Ma cosa spinge tanti ragazzi a fare un’esperienza così desueta rispetto a quelle vissute da tanti coetanei? Nella risposta ci facciamo aiutare da Cecilia Bayon, consacrata di Regnum Christi, e responsabile dell’accompagnamento delle giovani: «In alcuni di loro c’è il desiderio di trovare uno spazio per se stessi; altri vogliono capire cosa muove i loro amici a fare proprio questa esperienza di Cristo, e questo lo sento dire anche da parte di non credenti».

Proprio quelle dinamiche che continua a vivere Mattia Bruni, sia nei campi estivi che nell’altra esperienza assai particolare che sta vivendo da tre anni, di un capodanno in Bosnia ed Erzegovina: «Ogni anno in ottanta andiamo in un villaggio vicino a Medjugorje. Nei primi due giorni e mezzo la nostra è una missione vera e propria: nei paesini là attorno incontriamo tante persone, dagli anziani ai bambini, così come nei campi profughi. Portiamo loro pacchi di alimenti e facciamo anche animazione. Poi, festeggiamo il capodanno con il veglione, come tanti altri ragazzi. Negli ultimi due giorni, invece, il nostro diventa un pellegrinaggio vero e proprio, che ti lascia sempre il senso che la vita di ogni giorno è diversa e non ci rendiamo conto di quelli che sono i veri valori. In quei giorni riesco ad approfondire il rapporto con Cristo e quello che mi riporto a casa è il vero senso di Dio».

Esperienze forti che vive anche Aurelio Caputo, un altro studente dell’Università Europea, missionario in Messico: «Fare l’esperienza dell’amore di Dio vicino casa è bello, ma farla dall’altra parte del mondo è bellissimo. Incontri persone di grande fede: anche se vivono nella miseria, hanno una fede viva, e ogni volta mi fanno riflettere sul fatto che Dio è presente in ognuno di noi, ovunque. Portiamo un sostegno medico, ma abbiamo anche costruito una sacrestia, e questi sono i riscontri più pratici. Ma poi c’è una grazia più grande, con la crescita umana e spirituale che ci riportiamo dalla missione, assieme alla riconoscenza di uomini e donne che capiscono perché lo fai, perché arrivi dall’altra parte del mondo per loro».

Di “esperienza forte” parla anche una studentessa, Irene Falashi: «L’aveva fatta una mia amica e, quando ne parlava, gli occhi le brillavano. Allora ho voluto farla anche io ed è stata un’esperienza eccezionale: sono stata una settimana in Toscana, con persone con vari handicap che mi hanno dato molto a livello umano, così come il gruppo degli altri ragazzi. Sono tornata stanca, ma carica a mille e tra noi ragazzi resta quel senso di amicizia anche se viviamo in città diverse e lontane. Non vedo l’ora di ripartire!». E anche adesso, che la partenza sarà per l’appunto “virtuale”, la spinta è sempre quella dell’amore di Dio e dei fratelli.

di Igor Traboni