Tradotto in italiano «Della religione» di Benjamin Constant curato da Roberto Celada Ballanti

Libertà e sentimento

Constant fu uno dei padri fondatoridel liberalismo politico moderno
24 aprile 2020

Teorico della democrazia liberale — uno dei padri fondatori, com’è noto, del liberalismo politico moderno — scienziato politico e giuridico, letterato e romanziere, politico impegnato che debutta nella Rivoluzione francese, matura sotto il regime napoleonico, invecchia durante la monarchia della Restaurazione, meno noto è che Benjamin Constant, nato a Losanna nel 1767, sia stato un importante teorico e storico delle religioni. Si saluta perciò con interesse il suo Della religione, considerata nella sua sorgente, nelle sue forme e nei suoi sviluppi, traduzione e saggio introduttivo di Roberto Celada Ballanti (Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2019, pagine 204, euro 18) che costituisce la prima traduzione italiana della prefazione e del Libro i dell’opera De la Religion, considérée dans sa source, ses formes et ses développements, apparsa in cinque tomi tra il 1824 e il 1831.

In realtà, a quest’opera sui politeismi antichi, scandita in quindici Libri, Constant attese tutta la vita. Tra il giovanile audace pamphlet anti-religioso pensato nello spirito di d’Holbach e Helvétius del 1785, di cui non è rimasta traccia, e il vecchio Constant che nel dicembre del 1830 muore intento a correggere il quinto volume della Religion, che uscirà postumo insieme al quarto nell’aprile del 1831 — come postumi usciranno, nel 1833, i due volumi che compongono Du Polythéisme romain — trascorrono quarantacinque anni nel corso dei quali, tra lunghe pause, mille incertezze e ripensamenti circa il piano del lavoro, si dipana la «lunga fedeltà» di Constant alla propria opera religiosa, fatta di un travaglio analitico che conosce, nell’iter euristico, alcuni snodi cruciali, tutti segnati significativamente dalle città tedesche in cui Constant dimorò, nel corso delle sue infinite peregrinazioni europee: Brunschwick, Weimar, Göttingen.

Ne è risultata un’opera di immensa erudizione, che nel Libro i, qui tradotto, contiene una sorta di introduzione generale, nella quale si delinea un’autentica teoria della religione nella sua sorgente trascendentale e nel suo sviluppo storico. Nel lungo e articolato studio introduttivo, il curatore mette in luce, oltre alla genesi dell’opera nella biografia dell’autore, i pilastri costitutivi della teoria della religione constantiana, ricondotti opportunamente a quella linea del «pensiero religioso liberale», oltre che dello «storicismo critico-problematico», non hegeliano, non assoluto, di cui il testo di Constant rappresenta uno dei vertici illuministi, insieme alle opere religiose di Kant, di Lessing, di Schleiermacher: tutti autori studiati da Constant, in particolare l’ultimo, di cui il losannese legge nel novembre del 1804 i Discorsi sulla religione ricavandone una grande impressione e finendo per ricalcarne da vicino la dottrina.

Quali dunque i pilastri della teoria della religione constantiana? Anzitutto, la distinzione tra «sentimento religioso» e «forme religiose». Questa è davvero la struttura fondamentale dell’intera opera, al punto che Constant definisce la Religion una «storia del sentimento religioso». Per lui, in realtà, ciò che nel dominio delle religioni merita l’attributo di «religioso», prima delle religioni storiche, è il «sentimento», il nome che assume la religiosità onnipervasiva presente a priori nella coscienza, la determinazione costitutiva e trascendentale che, per la sua ampiezza, filtra di sé tutte le altre, tutti gli ambiti dell’umano, dall’etica alla politica. Struttura kantianamente trascendentale, ma non priva di natura mistica, tanto che Constant usa l’espressione «fondo dell’anima» per definirla.

Ma in questo processo si introduce un secondo pilastro teorico: la distinzione che Constant pone tra «religioni libere» e «religioni sacerdotali». Si avverte in questa critica alla componente sacerdotale la radice protestantica del pensiero religioso di Constant, che pensa alla storia delle religioni come lotta tra libertà religiosa e potere autoritario del ceto sacerdotale.

C’è poi un terzo pilastro della teoria constantiana, dopo la dialettica tra sentimento e forme e la dicotomia tra religioni libere e sacerdotali, a formare un disegno complesso, problematico, su più piani: l’idea teleologica, finalistica, che intrama la storia delle religioni. La religione reca in sé, nel suo originarsi dal sentimento religioso, l’idea di perfezione. Compiuto in sé, ritagliandosi nella figura storica, il sentimento ne riemerge in termini di desiderio di perfezione che nessuna forma può contenere in sé, perciò come tendenza alla perfettibilità che non lascia tranquilla nessuna forma, inoculando in essa una inquietudine che solo il culto sacerdotale stazionario può temporaneamente atrofizzare.

Tuttavia, come spiega Celada Ballanti, la teleologia constantiana nulla ha a che fare con l’hegelismo, né segna una reintroduzione della metafisica nella teoria della religione. Infatti, si tratta di una «teleologia senza telos», ossia di un infinito tendere perfettivo senza termine finale. La dottrina religiosa di Constant congeda, in realtà, archai e telos, archeologia ed escatologia, e concepisce la religione, in sintonia coi presupposti kantiano-schleiermacheriani che la informano, come invocazione di senso che non riceve mai certezza e sicura destinazione. Non a caso, come scrive il curatore, è il lamento degli eroi tragici greci come di Giobbe a meglio rappresentarla.

di Marco Vannini