«Certamen 1246», romanzo ambientato nella Lombardia del XIII secolo

La misteriosa malattia dell’abate Ariberto

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17 aprile 2020

«Qualcosa marciva dentro di lui. Un morbo stava avvelenando il suo spirito. Ne era certo. Avrebbe dovuto rifiutare di ricevere il notaio. Non aveva più la tempra di un tempo, che gli permetteva di reagire in ogni frangente, trovando sempre il modo di risollevarsi. L’ottimismo se ne era andato. Ora, se fosse caduto, niente e nessuno l’avrebbe più rimesso in piedi».

Un lago di Como cupo, fangoso, invernale, fa da sfondo all’inquietudine dell’abate Ariberto da Cassago. Siamo nell’anno del Signore 1268, ma in questo caso il contesto storico non è poi così importante; le dinamiche interne al cuore dell’uomo, le battaglie interiori che si combattono nel segreto dell’anima sono sempre le stesse, nel tredicesimo come nel ventunesimo secolo.

E Ariberto, ormai, sente tutto il peso di questa battaglia: gli equilibrismi necessari alla gestione del potere, la forza corrosiva di segreti taciuti troppo a lungo, la stanchezza di una dissimulazione sempre più faticosa con il passare degli anni. «Ero sul punto di narrargli l’epilogo di quel terribile 1246 — confessa a un amico — ma ho avuto paura. Temo i fantasmi appostati dietro la porta dove da tanto tempo li ho rinchiusi».

Certamen 1246 di Giovanni Casella Piazza (Lecce, Besa Editrice, 2019, pagine 572, euro 28) è un thriller storico, come si legge in copertina, «una storia di sacrificio e lealtà alla corte di Federico ii» ma anche una riflessione sugli effetti collaterali del potere, e si interroga sul mistero delle relazioni umane. Un tessuto complesso di storie, ricco di trame e sottotrame.

Il motore (mobile, mobilissimo, fino all’ultima pagina del libro) della vicenda è un giovane studente di legge, Zirìolo della Mora; il patriarca di Aquileia, Gregorio da Montelongo, lo ha affidato al notaio Giuliano Aielli — insieme a un plico sigillato — perché lo accompagni a Como, dall’abate dell’abbazia benedettina. Zirìolo, ospite del monastero, viene a conoscenza di quello che lì è successo molti anni prima, durante la contesa tra il Papa e Federico ii di Svevia.

Improvvisamente scompare; poco prima di lui erano scomparsi anche altri due giovani monaci, in circostanze non chiare. Ci sono antiche ruggini fra i mercanti del lago e l’abbazia, potrebbe essere una vendetta trasversale, o un ricatto.

Il notaio inizia a indagare; grazie al ritrovamento dei diari di viaggio di Zirìolo, la matassa intricata degli avvenimenti del presente (e del passato) inizia a dipanarsi. Fino al sorprendente finale.

«Te lucis ante terminum — si legge nell’ultima pagina — Rerum Creator poscimus / Ut solita clementia / Sis praesul ad custodiam... canta sereno Ariberto in mezzo ai suoi monaci, ora che la giornata si conclude. Ora che intravede il cielo oltre la nebbia».

La storia dell’abate di Cassago è approdata anche sul grande schermo, nel thriller Oltre la nebbia. Il mistero di Rainer Merz di Giuseppe Varlotta, girato nel 2018.

di Silvia Guidi