Storie di imprenditori solidali

La gioia di dare una mano

Mario Sironi, «Il lavoro (I costruttori)» (1929-1933)
02 aprile 2020

«Come mai è così difficile raccontare le cose belle? (…) Forse — rimuginavo — perché, da che mondo è mondo, il bene non fa notizia. Forse perché, nel nostro modo di pensare, nella mentalità in cui siamo immersi, quando pronunciamo la parola “bene” pensiamo subito a moralismo, retorica, buonismo. Quando si dice “bene” o “bene comune” è difficile che venga in mente la bellezza».

Così scrive Safiria Leccese in apertura del libro La ricchezza del bene. Storie di imprenditori fra anima e business, appena uscito per Edizioni Terra Santa (Milano, 2020, pagine 256, euro 16,90) anche in formato e-book. La giornalista ricostruisce il suo viaggio in Italia dal nord al sud per incontrare e conoscere dieci realtà di imprenditoria in apparenza sui generis. Perché — pur facendo profitti importanti, molto importanti — le imprese protagoniste non agiscono in nome del profitto calpestando le persone ma, al contrario, le valorizzano.

Si tratta infatti di imprenditori che hanno scelto — guidati in ogni caso, pur nella varietà delle singole vicende, dalla volontà di aprirsi alle necessità del mondo — di fare del bene ai propri dipendenti e a intere comunità («Compresi allora che una delle cose che mi regala più gioia è dare una mano, sul serio, là dove serve»).

Imprenditori che scelgono di investire nei rapporti con i dipendenti (immedesimandosi nei loro bisogni), di aiutare sia Paesi molto lontani, che altre zone italiane, quando non addirittura i propri territori. Imprenditori che, accanto allo specifico ambito di azione, si spendono per progettare e realizzare scuole, ospedali o imprese; che intervengono per assistere e supportare realtà già esistenti ma in difficoltà; che inventano premi e concorsi per incentivare l’impegno; che cercano di coinvolgere anche i dipendenti in questa impresa del bene («Per incoraggiare tutti a fare anche una piccola esperienza di volontariato, abbiamo stanziato ore di lavoro. Chi vuole ha la possibilità di destinare parte del tempo lavorativo per dare supporto a uno dei laboratori attivi»).

Si tratta, più in generale, di una volontà capace nel suo insieme davvero di trasformare la vita di migliaia di persone.

Leggendo il libro, si incontrano anche imprese molto note, rivelandone vicende, vocazioni e aspetti sconosciuti e preziosi: i Fratelli Campagnolo, la Ferrero, le pompe idrauliche di Silvano Pedrollo, l’azienda meccanica di alta precisioni bb s.p.a. di Marco Bartoletti, il Fernet-Branca, l’azienda siciliana La Mediterranea, Ennio Doris e la Mediolanum, la Thun, la Fondazione Stella Maris - Irccs per la neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, il progetto messo in campo dai genitori di Carlo Acutis dopo la prematura morte del ragazzo. Il bene si irradia in tante direzioni: presidi ospedalieri in Guinea, Zambia e Uganda; imprese solidali in Paesi in via di sviluppo; la scelta di assumere manodopera tra categorie svantaggiate di lavoratori; progetti a favore di bambini lontani, o molto vicini come nei reparti di oncologia pediatrica. Non si parla mai di invio di soldi, si parla di aiuti — in termini di macchinari, progetti, materiali, dispositivi — in grado di contribuire ad accrescere l’autonomia dei riceventi.

La cosa interessante di queste aziende è che — a parte la volontà di fare scelte orientate al bene di chi ci lavora, della comunità circostante o di realtà lontane — per il resto si tratta di aziende come tutte. A guidarle sono la creatività, lo spirito d’iniziativa, il coraggio imprenditoriale, tutti elementi però indirizzati anche al prossimo.

Molto, tra l’altro, è fatto nel silenzio, senza pubblicità. Non importa il settore, il luogo, la storia di ciascuno — quello che fa la differenza è lo sguardo, la forza di rispondere a una ricerca («Amava infinitamente i suoi cari (…) ma sentiva che il suo talento andava messo a servizio di qualcos’altro, di qualcun altro. Ma a servizio di cosa? A servizio di chi?»).

Ovviamente nelle vicende ricostruite da Leccese non mancano i drammi personali e sociali, le tragedie, i problemi; ma c’è un filo che guida le scelte, anche di fede a volte. Scelte che aiutando il prossimo, indubbiamente migliorano le aziende che le compiono, e le persone che le animano: «Antonia ha capito, grazie a suo figlio, che ciò che resta davvero è solo ciò che hai donato».

Le Edizioni di Terra Santa pubblicano un libro che non è solo interessante per quel che racconta. È un libro che in questo aprile 2020 alla luce di quelli che saranno nel breve e nel lungo periodo gli effetti del coronavirus anche a livello economico e sociale, rivela che un sistema nuovo di fare impresa è possibile. Un sistema virtuoso, solidale e davvero vincente per tutti. Come Papa Francesco (una sua foto, giovane e sorridente, compare nella stanza di uno dei protagonisti del libro) va ripetendo da tempo.

di Silvia Gusmano