Tra illusioni di pace e tensioni storiche

L’Asia resta sospesa

A boat carrying suspected ethnic Rohingya migrants is seen detained in Malaysian territorial waters, ...
10 aprile 2020

Dall’Afghanistan all’India, dal Myanmar alla Malaysia e alle due Coree: le crisi politiche che agitano l’Asia, il continente più vasto e plurale, con il 60 per cento della popolazione mondiale, subiscono scossoni, restano sospese o si aggravano nel tempo della pandemia di covid-19.

Ci sono voluti dieci anni per arrivare all’accordo tra gli Stati Uniti e i talebani, che segna il possibile inizio di una pace duratura in Afghanistan. Firmato nel febbraio scorso a Doha, l’accordo prevede il ritiro delle truppe straniere in cambio della rinuncia ai legami tra gli studenti coranici e i gruppi jihadisti. Prevede, inoltre, la presenza dei talebani al tavolo negoziale con il governo di Kabul, fin qui considerato illegittimo, per concordare passi e nuove prospettive sul futuro del paese. Ma quel dialogo, che avrebbe dovuto avviarsi alla metà di marzo, non c’è stato. E la pandemia del covid-19 rischia di allungare i tempi, rendendo più ardua la soluzione delle contese.

Su un’altra frontiera poco più a Est di Kabul, quella indo-pakistana, si consuma un dramma che vede la popolazione del Kashmir vittima delle politiche di un governo, quello indiano, che nell’agosto 2019 ha revocato lo status di autonomia allo stato di Jammu e Kashmir, infiammando quella che già da decenni era una polveriera. Nella regione contesa l’India ha di recente aumentato il suo contingente militare fino a oltre un milione di uomini, arrestando i leader autonomisti e mantenendo uno stretto controllo dell’esercito sul territorio. Ma la protesta cova sotto la cenere e i rapporti con Islamabad sono sempre sull’orlo della crisi.

Anche nel Sudest asiatico l’emergenza covid-19 serve a coprire conflitti dimenticati: un brusco deterioramento si registra nel Myanmar occidentale, in quello stato di Rakhine dove l’esercito birmano ha subito una cocente sconfitta per mano dell’Arakan Army, il più aggressivo di una serie di milizie organizzate su base etnica che, in tutta l’ex Birmania, rivendicano l’autonomia. E mentre la comunità internazionale, in primis il segretario generale Onu e Papa Francesco, lanciavano un appello per una tregua globale, le forze armate del Myanmar hanno respinto la richiesta di un cessate-il-fuoco nei diversi scenari di conflitto civile che agitano la nazione. L’appello alla tregua è irrimediabilmente caduto nel vuoto e la scarsa attenzione mediatica amplia i rischi di azioni miliari indiscriminate contro popolazioni civili.

Nella vicina Malaysia si è consumata in modo febbrile nelle scorse settimane una crisi politica risoltasi con la composizione di un nuovo governo. Il nuovo premier Muhyiddin Yassin non ha mai nascosto la volontà di rappresentare le istanze dell’etnia malay a spese delle minoranze etniche cinese e indiana, facendo perno sulla presunta supremazia storica dell’etnia malay e della sua fede, l’islam. La prospettiva di limitare alcuni diritti essenziali delle minoranze rischia di riaprire un antico vulnus nella società malaysiana, creando instabilità e conflittualità sociale.

In quella sottile striscia di terra appartenente alla Thailandia, incuneata nella penisola malese, si registra un altro fronte di crisi, quello delle tre province Thai a maggioranza musulmana: Narathiwat, Pattani e Yala. Il conflitto tra il governo di Bangkok e i ribelli islamici ha radici antiche si è riacceso negli ultimi 15 anni. Tre settimane fa l’esplosione di due ordigni all’esterno di un edificio governativo nella provincia di Yala, mentre era in corso un’assemblea sull’emergenza covid-19, «ha nuovamente mostrato il crudele disprezzo per la vita dei civili», ha sottolineato l’ong Human Rights Watch.

Non si può tralasciare, in Asia orientale, lo stallo nella penisola coreana, che solo un anno fa ha focalizzato l’attenzione del pianeta: nei giorni scorsi la Corea del Nord ha lanciato in mare due missili balistici a corto raggio, atto condannato in Corea del Sud. L’emergenza mondiale legata al coronavirus ha aggravato le fratture geopolitiche esistenti tra i paesi del Nordest asiatico, oscurando l’attenzione sulla questione nucleare nordcoreana: in tale quadro, l’intensificarsi del confronto tra Stati Uniti e Cina, anche sul fronte della pandemia, complica le relazioni diplomatiche nella penisola coreana, generando una rischiosa sospensione dei negoziati a tempo indeterminato.

di Paolo Affatato