Preghiera interreligiosa a Gerusalemme

L’aiuto del Signore contro la pandemia

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24 aprile 2020

«Meraviglioso e triste» allo stesso tempo: meraviglioso perché anche coloro che «di solito non sono così aperti al dialogo interreligioso» hanno partecipato alla preghiera; triste perché l’occasione è stata «la tragedia, il dolore, la sofferenza» provocati dal coronavirus che tuttavia «ci ha uniti nonostante le differenze teologiche». Il rabbino David Rosen, noto per il suo impegno nel dialogo tra le fedi, ha commentato così alle agenzie di stampa quanto successo nel pomeriggio di mercoledì 22 aprile a Gerusalemme: sette leader religiosi ebrei, cristiani e musulmani si sono incontrati nello spazio antistante un hotel e, lontani due metri l’uno dall’altro, hanno pregato insieme per chiedere a Dio la fine della pandemia. C’erano i due rabbini capo d’Israele, l’ashkenazita David Baruch Lau e il sefardita Yitzhak Yosef, l’amministratore apostolico di Gerusalemme dei Latini, arcivescovo Pierbattista Pizzaballa, il patriarca ortodosso di Gerusalemme Theophilos III, l’imam Sheikh Gamal el-Ubra, l’imam Sheikh Agel al-Atrash e il leader spirituale druso Sheikh Mowafaq Tarif.

«Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l’aiuto? Il mio aiuto viene dal Signore: egli ha fatto cielo e terra. Non lascerà vacillare il tuo piede, non si addormenterà il tuo custode. Non si addormenterà, non prenderà sonno il custode d’Israele». C’era il salmo 121, lode a Dio custode d’Israele, al centro di questa inedita preghiera collettiva che ha avuto milioni di partecipanti online in tutto il mondo. «Il coronavirus ha abbattuto molte barriere — ha dichiarato alla Kna monsignor Pizzaballa — perché non conosce confini politici, di razze e di religioni ed è riuscito a fare una cosa molto rara specialmente qui a Gerusalemme, vale a dire far recitare insieme la stessa preghiera a persone di fedi diverse, ebrei, cristiani, musulmani, drusi. È una barriera che il virus ha abbattuto e speriamo che si possa continuare in questa direzione per essere più uniti fra noi».

In Israele il salmo 121, che mise i pellegrini di Gerusalemme sotto la protezione di Dio chiedendo la sua benedizione, è recitato anche nel giorno del ricordo dei soldati israeliani morti e delle vittime del terrorismo (Yom HaZikaron) — una delle ricorrenze più sentite dalla popolazione — che si celebra quest’anno dalla sera del 27 aprile alla sera del giorno seguente.

Rosen, fra gli organizzatori dell’incontro, ha sottolineato la straordinarietà dell’evento: «I leader religiosi del paese si sono riuniti per la prima volta in assoluto per invocare la misericordia e la compassione divina nel momento in cui siamo sfidati da una pandemia». Una piaga, si legge nel comunicato che ha accompagnato l’iniziativa, che «ha colpito tutta l’umanità, indipendentemente dalla religione, dal genere, dalla razza. Sinceramente convinti nella solidarietà, ora chiediamo a tutti i cittadini del mondo di congiungersi e pregare insieme per la salute e l’unità».

I sette rappresentanti ebrei, cristiani e musulmani hanno ricordato le centinaia di migliaia di morti, i milioni di ammalati, pregando Dio di salvare il mondo, «Tu che ci hai nutrito e ci hai fornito l’abbondanza in carestia, che ci hai liberato dalla peste e da malattie gravi e di lunga durata». E poi, ancora, il salmo 121: «Il Signore è il tuo custode, il Signore è la tua ombra e sta alla tua destra. Di giorno non ti colpirà il sole, né la luna di notte. Il Signore ti custodirà da ogni male: egli custodirà la tua vita. Il Signore ti custodirà quando esci e quando entri, da ora e per sempre».

di Giovanni Zavatta