Un tempo che spoglia, vivifica e promuove un potente processo di purificazione

Il silenzio del Sabato santo

Andrea Mantegna, «Cristo morto» (Pinacoteca di Brera, Milano, 1475-1478)
11 aprile 2020

Il mondo si è fermato. Il silenzio avvolge le nostre città. Un microscopico organismo ha messo in crisi l’intero sistema con una rapidità inverosimile. L’epidemia che si è abbattuta sul mondo, colpendo così duramente l’Italia, d’un tratto ha dato una brusca frenata d’arresto alla vertiginosa corsa della storia. Paura, spaesamento, grande sofferenza, morte, immensi danni. Quello che ora sta accadendo allerta, interroga. Ci mette di fronte alla fragilità umana facendo crollare di colpo ogni falsa illusione di autosufficienza. Smaschera l’inganno di crederci capaci di avere il controllo e il dominio sulla vita. Non erano bastati i terremoti, le guerre, le varie sciagure viste in diretta a provocare quella scossa di consapevolezza da cui poter presagire un reale cambiamento di prospettiva. Ma questa malattia virale che isola, allontana le persone dai loro cari nel momento della sofferenza e dell’accompagnamento verso la morte, mina i valori più sacri, toccando corde che lacerano e spaventano. Una sosta forse da tempo era necessaria. L’impotenza, la morte, ora venute in primo piano e non più occultabili, d’un colpo stanno riscuotendondoci dal torpore, liberandoci da tante illusorie seduzioni.

È un tempo dunque che spoglia, vivifica, promuove un potente processo di purificazione, predisponendo il risveglio delle coscienze. Questo dolore nudo che oggi ci avvolge, fa da specchio all’immensa sofferenza dell’anima. Diviene l’occasione non più prorogabile per ascoltare la voce del silenzio che ci abita e che chiede la resa. Solo quando il motore della volontà di potenza si ferma, il silenzio interiore emerge con forza e ci spinge a cercare luoghi o angoli silenziosi dove potersi nascondere per gustarne la pace.

Il silenzio chiede abbandono, di lasciarsi condurre verso quella misteriosa avventura che è il risveglio della vita divina dentro di noi. Fermarsi, restare in casa, in famiglia o da soli, può divenire allora un momento propizio per riscoprire un ritmo più lento, più umano, per ascoltare se stessi e gli altri e rendersi conto dell’assurdità del folle ritmo di prima. Certo produce anche forti disagi, insofferenze, soprattutto nei più piccoli e nei giovani, crisi relazionali. Diviene comunque una verifica del nostro stato di salute interiore.

L’abitudine a muoversi secondo un andamento frenetico porta fuori di sé, inaridisce, rende impazienti, abbrutisce l’anima che, privata dei suoi spazi interiori, delle sue pause di silenzio, diviene bramosa, insaziabile e quindi avida perché dipendente da tutti i falsi attaccamenti che sempre più la oscurano. Questa sosta obbligata fa assaporare una cadenza nuova, mettendo seriamente in dubbio che tutto possa essere risucchiato nel ritmo di prima. Diviene una vera opportunità per ritagliarsi salutari momenti di silenzio e di solitudine che ci permettano di rientrare in noi stessi, di ascoltare la voce dell’anima che chiede bellezza, contemplazione. Quando l’anima va verso il suo fondo, verso quel punto in cui sempre è connessa allo Spirito, si placa, si colma, ritorna luminosa, benevola. Essendo nutrita di amore, diviene capace di amare.

Questa pesante realtà che ci ha introdotti in maniera così cruda nella passione del sangue, accompagnando tutto il nostro cammino quaresimale, ci prepara ora a entrare in questa Santa Pasqua che ci attende. La morte, giorno dopo giorno, ha impresso a fuoco dentro di noi la sua immagine più spaventosa per la modalità così drammatica con cui ha manifestato il suo lugubre volto. Ci ha resi partecipi dal vivo della passione e della morte di croce di Cristo che è sempre attuale, che sempre si consuma nel mondo e che oggi si è fatta anche a noi così prossima.

In questo Sabato santo il silenzio veramente s’impone. La preghiera si fa muta. Il cuore si fa muto. Il cielo si fa muto. Ed ecco, che proprio mentre tutto tace, si ode il grido che come coro dilatato e lacerante, si leva da ogni più lontano confine della terra. Quando tutto tace, il grido dell’anima squarcia le barriere di contenimento e si fa udire. Come nel tempo lungo, cosmico della passione di Cristo, che attira a sé tutto il dolore del mondo. «Gesù disse: Tutto è compiuto! E, chinato il capo, consegnò lo Spirito» (Giovanni 19, 30). Dalle tre del pomeriggio del venerdì fino alla mezzanotte del sabato, quel silenzio lungo, cosmico, brucia in se stesso tutti i pesi che gravano sulla storia, purificando in una catarsi universale, ogni oscurità.

È il silenzio in cui anche l’opera creatrice si ferma, è il silenzio che s’innerva nel silenzio del Settimo giorno in cui il compimento prepara l’insorgere dell’Ottavo, dando inizio a una nuova creazione. Il compimento, vertice degli universi creati e increati, giunge con il silenzio che, accogliendo e consumando ogni dolore, fa tacere il grido sommerso dell’anima umana. Il silenzio del Sabato santo, che si ricollega al silenzio del Settimo giorno, in cui l’opera creatrice si ferma, in cui tutto resta muto, prepara dunque quello svettamento che è come lo sprigionarsi dell’infinita potenza dell’atomo di materia. Perfezione compiuta, apice e polo di attrazione dell’intero universo in cui tutto va a convergere. Nuovo sole irradiante, sorgente straboccante di amore.

Proprio nell’ora più buia di quel giorno lungo, cosmico e muto, l’atto creativo, il Verbo incarnato e morto, risorge. Afferma per sempre la vittoria della vita sulla morte. Bellezza inenarrabile della visione pura! Il volto di Lui s’imprime a fuoco in ogni cuore come possibilità di compimento che nessuno potrà più disconoscere, seppure lo rimuove, lo rinnega, o di nuovo lo uccide, perché, Lui già morto e risorto, non può più morire, perché la morte è morta in Lui. La risurrezione è l’annuncio universale della vittoria della vita sulla morte. Il Verbo incarnato, morto e risorto annuncia che la morte è morta in Lui, che è morto il suo seme, lo spirito di menzogna che tiene in vita la morte. Rivelazione che libera anche la morte da se stessa, sempre nascosta nell’ombra per terrore della luce.

Ma come può morire la morte se è già morta? La morte può morire solo ritornando alla vita. Tutto quello che è morto, è sottratto alla vita e come rubato, abusato e tenuto prigioniero. La vita eterna, che Gesù annuncia durante la sua esistenza terrena, rivela che il fiume della vita costantemente fluisce dall’origine, che il passaggio dentro la spazio-tempo non lo può fermare. Ma la cecità provocata dallo spirito di menzogna fa credere invece che il flusso della vita si possa interrompere lasciando alla morte l’ultima parola. Questo inganno è il vero potere della morte, è il suo nocciolo duro. La risurrezione chiede di pacificarsi con la nostra «sora morte corporale», di far morire il seme della morte in noi che è lo spirito d’inganno che ci tiene in suo potere. Entrare nel silenzio del Sabato santo è immergersi in quella sospensione in cui tutto si ferma e si fa muto per predisporsi a partecipare della potenza della resurrezione.

Ma crediamo alla vita eterna, crediamo alla risurrezione?

Se ci crediamo anche la realtà della morte ci apparirà sotto una nuova luce. Tutti coloro che sono trapassati a vita nuova, anche durante questo ultimo tempo di dolore, li potremo ricordare e piangere con cuori più pacificati. La relazione continua attraverso i fili sottili dell’amore che è la vita dello Spirito di Cristo in noi e in loro, che è la forza della risurrezione in noi e in loro. Allora, lentamente, riusciremo a vedere tutto questo dolore come lavacro di purificazione sul mondo. E vedremo tutti loro, dall’alto, rivolgersi a guardare con immenso amore verso la terra, per effondere luce che vivifica e santifica.

di Antonella Lumini