Sulla celebrazione delle messe senza popolo disaccordo dei vescovi

Il governo italiano annuncia la fase 2
Graduale riapertura dal 4 maggio

An Italian mounted police officer is seen in front of the Colosseum, as the spread of the ...
27 aprile 2020

Il governo italiano lancia la fase 2 della risposta all’emergenza sanitaria, un primo passo verso la normalità dopo lo scoppio della pandemia. Il presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, ha firmato ieri il decreto ministeriale che regola la riapertura delle attività e gli spostamenti. Tuttavia, nel decreto si afferma che, a causa delle “criticità ineliminabili” dovute alla “partecipazione dei fedeli”, le messe non potranno riprendere.

In una nota diffusa in serata, la Conferenza episcopale italiana (Cei) ha espresso il proprio disappunto per la decisione del governo. Nella nota si sottolinea che «la Chiesa ha accettato, con sofferenza e senso di responsabilità, le limitazioni governative assunte per far fronte all’emergenza sanitaria». Nel corso di una «interlocuzione continua e disponibile» tra la segretaria generale della Cei, il ministero della Salute e la presidenza del Consiglio, si era già arrivati alla stesura di protocolli in cui sono state ipotizzate le procedure per rendere possibili le celebrazioni nel rispetto di tutti i criteri legati alla sicurezza e alla difesa della salute, quindi, prosegue la nota, «più volte si è sottolineato in maniera esplicita che — nel momento in cui vengano ridotte le limitazioni assunte per far fronte alla pandemia — la Chiesa esige di poter riprendere la sua azione pastorale». I vescovi italiani «non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto. Dovrebbe essere chiaro a tutti che l’impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale». Una posizione, questa, radicata nelle parole stesse di Papa Francesco che nell’omelia pronunciata a Santa Marta il 17 aprile aveva ricordato come «una familiarità quotidiana con il Signore, è quella del cristiano». Ma la familiarità non può non essere comunitaria perché «una familiarità senza comunità, una familiarità senza il Pane, una familiarità senza la Chiesa, senza il popolo, senza i sacramenti è pericolosa».

Subito dopo la pubblicazione della nota della Cei, la presidenza del Consiglio ha emesso un comunicato nel quale si «prende atto» della posizione dei vescovi e si annuncia che «già nei prossimi giorni si studierà un protocollo che consenta quanto prima la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni liturgiche in condizioni di massima sicurezza».

Come accennato, il decreto definisce i criteri fondamentali della cosiddetta fase 2. A partire dal 4 maggio ripartiranno la manifattura e la ristorazione con asporto. Le aziende potranno riaprire solo se rispetteranno il protocollo di sicurezza. Resta il divieto di spostamento tra regioni, se non per motivi di urgenza. Meno restrizioni sugli spostamenti all’interno delle regioni, anche se resta l’autocertificazione. Possono ripartire le cerimonie funebri, anche se non potranno avere più di 15 partecipanti e nel rispetto delle distanze di sicurezza. Dal 18 maggio riprenderanno il commercio al dettaglio, le mostre e i musei. Il primo giugno sarà invece la volta di bar e ristoranti. Le scuole riapriranno a settembre. Conte ha anche annunciato l’assunzione di 24 mila precari della scuola. «Se non rispettiamo le precauzioni la curva risalirà, aumenteranno i morti e avremmo danni irreversibili per la nostra economia. Se ami l’Italia mantieni le distanze» ha detto Conte in conferenza stampa. «Sarà fondamentale il comportamento responsabile di ciascuno di noi».