I messaggi dei patriarchi Bartolomeo e Cirillo per la Pasqua ortodossa

Croce e resurrezione

La resurrezione di Cristo in un’icona russa del XIX secolo
18 aprile 2020

«È difficile restare umani senza la speranza dell’eternità. Questa speranza vive nel cuore di tutti i medici, infermieri, volontari, donatori e di tutti coloro che prestano assistenza generosamente ai fratelli che soffrono con spirito di sacrificio, abnegazione e amore. Nel mezzo di questa crisi indicibile, essi profumano di resurrezione e speranza. Sono i “buoni samaritani”, coloro che versano, a pericolo della loro vita, olio e vino sulle piaghe; sono gli attuali “cirenei” sul Golgota di coloro che giacciono nelle infermità». È il passaggio più intenso del messaggio che il patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo, ha diffuso in occasione della Pasqua ortodossa che si celebra domenica 19 aprile. Un discorso che non poteva non affrontare il tema dell’emergenza provocata dalla pandemia di coronavirus, la quale, si legge, «ha dimostrato quanto fragile sia l’uomo, quanto facilmente lo domini la paura e la disperazione, quanto impotenti si rivelino le sue conoscenze e la sua fiducia di sé, quanto infondata sia l’opinione che la morte costituisca un evento alla fine della vita e che l’oblio o l’allontanamento della morte sia il suo giusto modo di affrontarla».

La fede nella resurrezione di Cristo «e nella nostra propria co-resurrezione» non nega la presenza della morte, del dolore e della croce nella vita del mondo. «Non respingiamo questa dura realtà — prosegue il patriarca ecumenico — né assicuriamo per noi stessi, attraverso la fede, una copertura psicologica davanti alla morte. Conosciamo tuttavia che la vita presente non è tutta quanta la vita, perché qui siamo “di passaggio”; che apparteniamo a Cristo e che camminiamo verso il suo Regno eterno. La presenza del dolore e della morte, per quanto sia evidente, non costituisce la realtà ultima. Essa è l’annullamento definitivo della morte. Nel Regno di Dio non c’è dolore e morte, ma vita senza fine. “Prima della tua Croce venerabile”, cantiamo, “era tremenda la morte per gli uomini; dopo la gloriosa passione, tremendo è l’uomo per la morte” (Doxastikon del vespero del 27 settembre)».

È la fede in Cristo che dà forza, perseveranza e pazienza per tollerare le difficoltà: «Cristo è “colui che guarisce da ogni male e che redime dalla morte”. È colui che ha sofferto per noi, colui che ha rivelato agli uomini che Dio è “sempre a nostro favore”, che alla Verità di Dio appartiene essenzialmente la sua filantropia. Questa desiderabile voce del divino amore riecheggia nel “coraggio, figliolo” di Cristo verso il paralitico e nel “coraggio, figlia” (Matteo, 9, 2 e 22) verso la donna emorroissa, nell’“abbiate fiducia, io ho vinto il mondo” (Giovanni, 16, 33) prima della Passione e nel “coraggio, Paolo” (Atti, 23, 11) verso l’apostolo delle genti, in prigione e minacciato di morte».

Anche il patriarca di Mosca, Cirillo, nel suo messaggio parla di questa Pasqua particolare, difficile, che il mondo cristiano è stato costretto a vivere, ma i fedeli sanno che non sono soli né abbandonati: «I fedeli figli di Dio hanno un solo cuore e una sola anima (Atti, 4, 32); insieme siamo il Corpo di Cristo e niente potrà separarci dall’amore di Dio manifestato in Gesù Cristo nostro Signore (Romani, 8, 39). Ecco perché coloro che oggi non possono venire a pregare in chiesa, per ragioni oggettive, sanno che li ricordiamo, che preghiamo per loro. La fede dà la forza di vivere e, con l’aiuto di Dio, di sopportare vari mali, prove differenti, specialmente quelle che ci colpiscono oggi con la diffusione di un virus pericoloso». Il primate della Chiesa ortodossa russa invita «tutti a intensificare la preghiera affinché il Signore ci dia, nonostante le difficoltà, la possibilità di partecipare alla grazia della vita liturgica della Chiesa, affinché si compia il santissimo sacramento dell’Eucaristia, affinché i fedeli possano avvicinarsi coraggiosamente alla vera fonte della vita, dei santi misteri di Cristo, in modo che i malati possano guarire e i sani siano protetti da tutte le infezioni pericolose. Crediamo che il Salvatore risorto — sottolinea — non ci abbandonerà e ci invierà la fermezza e il coraggio per rimanere saldi nella fede e continuare il nostro cammino terreno verso la salvezza e la vita eterna».

A causa del covid-19, il mondo sta attraversando «prove straordinarie», le autorità hanno adottato stringenti misure precauzionali e in molti paesi «i servizi religiosi non vengono più celebrati in pubblico». Tuttavia, «noi cristiani ortodossi non dobbiamo deprimerci o scoraggiarci» ma «siamo chiamati a mantenere la pace interiore, a ricordare le parole del Salvatore, pronunciate alla vigilia della sua Passione redentrice: “Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo” (Giovanni, 16, 33)». Il patriarca Cirillo invita, da veri credenti, a essere indulgenti l’uno verso l’altro, a praticare, seguendo l’esempio del buon Pastore, la carità e la pazienza, ad aiutarsi a vicenda nelle prove: «Nessuna restrizione esterna deve spezzare la nostra unità e toglierci l’autentica libertà spirituale acquisita dalla conoscenza di nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo».