La creatività pastorale raccontata in un programma di TV2000

Così lontani così vicini

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04 aprile 2020

In questo tempo segnato da incertezza e da angoscia, ci viene in soccorso la rivoluzione più grande degli ultimi anni: quella tecnologica, spesso discussa per i pericoli che la sua potenza, nelle nostre mani fragili, porta con sé. E invece, nel buio calato di colpo sulle vite di tutti, il virtuale, questo modo surrogato di stare insieme, così ambiguo e relativo nel suo essere sospeso tra reale e simulato, è momentaneamente l’unico che ci è consentito ma si sta rivelando strumento utile per sostenere le nostre anime spaventate: si è fatto nostro indiscutibile alleato contro l’isolamento forzato, trampolino per balzare oltre i confini delle nostre case e vincere la separazione fisica dai nostri cari. Si è fatto persino mezzo per mantenere “aperte” le nostre parrocchie chiuse per l’emergenza sanitaria. La grande potenzialità della rete è stata infatti raccolta da parroci consapevoli dell’estrema importanza di tenere unita e viva la comunità parrocchiale in un momento così delicato. Lo hanno fatto dando vita a una creatività pastorale nuova, fatta di dirette Facebook, di video sui profili YouTube di diocesi e parrocchie, e di molte altre iniziative che un programma di Tv2000, Rete di speranza, scritto da Gennaro Ferrara (che ne è anche il conduttore) e da Dario Quarta (che ne è l’ideatore) ha deciso di raccogliere. «Nel momento in cui le porte delle nostre parrocchie sono state chiuse alle celebrazioni pubbliche — ha spiegato proprio Ferrara nella prima puntata del programma — forse qualcuno pensava che si sarebbe rallentata, forse addirittura fermata anche la vita delle nostre comunità. Invece è venuta fuori tanta bellezza da preti, suore, ma anche da laici e a volte da ragazzi, e questa bellezza noi la vogliamo raccontare».

E così ogni puntata di Rete di speranza, in onda dal martedì al sabato alle 19.30 (sempre con un ospite collegato via Skype che commenta e interpreta le storie mostrate) offre testimonianza «di una chiesa che nel tempo che stiamo vivendo, di difficoltà e di paura — spiega il direttore di Tv2000, Vincenzo Morgante — non si ferma, ma continua con ogni mezzo, e soprattutto con nuovi mezzi, a portare avanti la propria missione, reinventandosi e mettendosi in gioco per stare vicino ai fedeli. E se la distanza minima di sicurezza è di un metro, la rete è il luogo in cui oggi ci si può aggregare: diventa sala parrocchiale, oratorio, sagrestia. Questo è il tema del nuovo programma che abbiamo pensato di dover proporre. Un dovere, dunque, alla base di un progetto che nasce per raccogliere tutti i segni del cambiamento, le speranze e le voci di un popolo».

Un programma, Rete di speranza, fatto di testimonianze preziose come quella di don Maurizio Mirilli, parroco della chiesa del SS. Sacramento a Roma, nel quartiere di Tor de’ Schiavi, che ha unito creatività e caparbietà alla forza del web salendo sul campanile della chiesa per pregare con l’intera comunità, coinvolgendo sia fisicamente sia virtualmente molte persone. Don Ivan Maffeis, portavoce e sottosegretario della Cei, collegato via Skype nella prima puntata del programma, ha parlato dell’iniziativa di Don Maurizio come di «una grande passione pastorale che ti porta a inventare una strada pur di arrivare con una parola di speranza, di fede, con un segno di benedizione». Ha poi aggiunto che «la rete è complementare all’incontro reale, in carne e ossa, di cui viviamo e che Don Maurizio ha realizzato coinvolgendo un quartiere e arrivando in tutte le case. Ma al contempo, proprio grazie alla rete, è riuscito a raggiungere anche tanti altri, a diventare emblematico con una provocazione simpatica che sicuramente farà nascere altre idee, altre proposte, diventando buona prassi per una chiesa che vuole abitare la città dell’uomo». Di cosa significhi essere parroci ai tempi del coronavirus ha parlato anche don Andrea Guglielmi, parroco di Bassano del Grappa. nella seconda puntata di Rete di speranza: «Significa non dimenticarci che siamo comunità cristiana, che possiamo sfruttare gli strumenti che abbiamo a disposizione, il telefono, internet, i social, le videochiamate, le videoconferenze, allo scopo di continuare a essere comunità, relazione e calore umano; per continuare a mettere in pratica la parabola del buon samaritano. Ci sono persone più deboli di altre, che hanno bisogno di un contatto, che se non è fisico sarà telefonico, sarà un contatto virtuale, ma sarà comunque tempo prezioso che tu dedichi a quella persona. Non solo noi parroci dobbiamo fare questo: è la comunità nel suo insieme che deve attuare tutte le forme relazionali possibili, perché ciascuno si prenda cura del fratello, specialmente del più debole».

Non conosciamo gli esiti, la strada, l’evoluzione di ciò che l’ospite (virtuale) della seconda puntata, il sociologo Mauro Magatti — professore all’Università Cattolica del Sacro cuore di Milano — ha descritto come «questo pregare a distanza, questo essere connessi senza essere in presenza, questa novità assoluta che stiamo felicemente e forzosamente sperimentando tutti assieme dal punto di vista ecclesiale». Sappiamo però che ogni eventuale cambiamento non potrà mai prescindere dalla tenacia, dalla non arrendevolezza e dalla passione di sacerdoti come quelli incontrati nelle prime due puntate di Rete di speranza, dalla forza e dalla bellezza delle loro parole, del loro pensiero e del loro agire sopra ogni difficoltà.

di Edoardo Zaccagnini