Intervista del Presidente del Consiglio italiano con i media vaticani sull’emergenza covid-19

Conte: Europa sia forte e solidale di fronte all’emergenza

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08 aprile 2020

In questo periodo di emergenza, la politica dia esempio di unità ai cittadini. È quanto afferma il presidente del Consiglio dei ministri italiano, Giuseppe Conte, in un’intervista rilasciata a «L’Osservatore Romano» e Vatican News. Dall’emergenza sanitaria all’impegno per sostenere l’economia nazionale, dalla delicata questione dell’accesso alle chiese al ruolo dell’Europa nell’affrontare questa crisi senza precedenti, il capo dell’esecutivo risponde a tutto campo e auspica una nuova primavera per l’Italia una volta usciti dall’emergenza:
 

All’inizio di una Messa del mattino a Casa Santa Marta, il Papa — che lei ha incontrato anche recentemente — ha pregato per i governanti chiamati a prendere misure difficili in un momento estremamente delicato. Lei come vive, anche dal punto di vista personale, questa situazione di difficoltà?

Il messaggio del Papa mi ha trasmesso forza. Avverto quotidianamente la sofferenza e il dolore di tante, troppe famiglie che hanno perso i propri cari, che hanno perso il lavoro, che rischiano di perdere fiducia e speranza nel futuro. E avverto, insieme, tutta la responsabilità di decisioni difficili ma necessarie. Penso, ad esempio, a quelle che hanno portato a limitazioni di alcune libertà fondamentali dei cittadini. Come ha osservato il Santo Padre, chi ha l’autorità per compiere queste difficili scelte si può sentire solo. Ma nel mio animo alberga anche l’orgoglio di guidare un Paese che si sta mostrando una comunità unita, coesa, solidale. Gli italiani stanno dando grande prova di coraggio, compostezza, resilienza. Il mondo ci guarda e ci ammira.
 

L’Italia non era preparata, il mondo — possiamo dire — non era preparato a un’emergenza del genere. Tuttavia, per alcuni, il governo non è stato sufficientemente tempestivo e ha preso alcune decisioni contraddittorie, specie nella fase iniziale dell’emergenza. Come risponde a queste critiche?

Abbiamo agito da subito con senso di responsabilità, mettendo al primo posto la salute dei cittadini, che la Costituzione, all’articolo 32, qualifica come diritto fondamentale. Abbiamo preso decisioni difficili, seguendo criteri di proporzionalità e adeguatezza sulla base delle indicazioni del comitato tecnico-scientifico. Lo abbiamo fatto fronteggiando un virus di cui si conosceva pochissimo. Persino la comunità scientifica è rimasta spiazzata. Ogni decisione è stata presa in scienza e coscienza. Ma verrà il momento, è inevitabile, in cui saremo chiamati a rispondere delle nostre scelte. Non mi sottrarrò, cercando alibi o scorciatoie. Ma ora è il tempo di agire insieme ed è necessaria la collaborazione di tutti, sindaci e presidenti di Regione inclusi.
 

Accanto alla terribile emergenza sanitaria, si profila una emergenza economica per tutto il Paese, in un quadro di crisi globale. Anche Papa Francesco ha avvertito che già si vede gente che ha fame. È necessario, secondo lei, un nuovo modello economico per affrontare il dopo coronavirus?

Intanto serviva una primissima e immediata risposta a chi ha fame e l’abbiamo data, con un trasferimento di 400 milioni ai Comuni per poter distribuire buoni pasto alle famiglie più bisognose. Con il Cura Italia abbiamo stanziato 25 miliardi di euro per interventi in favore delle famiglie, dei lavoratori, delle imprese; all’interno di questo intervento, ben 11 miliardi sono dedicati ai tanti cittadini la cui vita professionale è sospesa: la cassa integrazione per i lavoratori, il bonus per gli autonomi. Con l’ultimo decreto siamo intervenuti con un ampio schema di garanzie pubbliche per liberare subito 400 miliardi di liquidità a beneficio delle nostre imprese, piccole e grandi. Nel complesso sono interventi davvero poderosi. Prima che questa emergenza stravolgesse le vite di tutti noi, il Governo era al lavoro per la definizione di un’agenda ambiziosa, orientata ad armonizzare sviluppo economico, sostenibilità ambientale ed equità sociale. Sono obiettivi che ho anticipato e condiviso in diversi vertici internazionali, non ultimo, a settembre scorso, all’Assemblea generale Onu, che ha dedicato al tema della sostenibilità un ampio spazio di discussione. Il Santo Padre aprì questo ragionamento già 5 anni fa, con l’enciclica Laudato si’, ponendo al centro della riflessione il tema di una nuova “ecologia integrale”, con cui diede forza alle diffuse istanze in favore di modelli economici orientati alla inclusione e alla giustizia sociale.
 

In più occasioni, il Papa ha espresso la sua preoccupazione per la condizione nelle carceri in questo periodo segnato dalla pandemia. Cosa pensa sia possibile fare per affrontare questa situazione?

Il governo di certo non si gira dall’altra parte rispetto alla condizione delle carceri e alla tutela della salute dei detenuti e di tutti coloro che in esse lavorano. Anche negli istituti penitenziari abbiamo adottato, per quanto possibile, il principio di massima precauzione facendo quanto possibile per ridurre al minimo il rischio. Dall’inizio dell’emergenza ad oggi oltre 4 mila detenuti hanno trovato una collocazione fuori dagli istituti o perché in condizioni di salute a rischio, o perché si è potuto ricorrere alla detenzione domiciliare. Siamo intervenuti inoltre per dotare le strutture dei dispositivi di protezione necessari, abbiamo installato 151 tensostrutture per il triage in ingresso, predisposto spazi per l’isolamento e distribuito oltre 275 mila mascherine. Per alleviare il disagio emotivo di chi si è visto costretto a rinunciare alle visite dei propri cari, abbiamo aumentato il numero dei colloqui facendo ricorso a strumenti tecnologici, che permettono di videocollegarsi anche se lontani. Ringrazio le donne e gli uomini che in questi giorni dalle carceri inizieranno a produrre 400 mila mascherine al giorno, il loro contributo è importante. E rivolgo un sentito ringraziamento anche agli agenti della Polizia penitenziaria.
 

Dal Papa si è levato più volte in questo periodo un appello alla solidarietà. Si può dire che c’è in gioco il futuro, l’identità stessa dell’Unione europea proprio sul fronte della solidarietà? E che ruolo può avere l’Europa a livello internazionale nell’era del post coronavirus?

L’Unione europea deve essere all’altezza del suo ruolo per affrontare la sfida che ha di fronte in questa fase e per farlo è chiamata a compiere un deciso cambio di passo dal punto di vista politico e sociale. Per chi ha veramente a cuore l’Unione europea, per chi crede in un’Europa unita, forte e solidale, all’altezza della sua storia e della sua civiltà, questo è il momento di compiere passi risoluti, sostenendo e promuovendo tutti i mezzi per la ricostruzione e la rinascita. Se vogliamo preservare la nostra casa comune, è il momento di ragionare come una squadra. Solo così potremo competere, virtuosamente, con gli altri attori globali nell’immane sfida sociale ed economica che seguirà la crisi sanitaria.
 

Come si può, al di là delle legittime differenze tra maggioranza e opposizione nei singoli Paesi, o fra Paese e Paese in ambito sovranazionale, ritrovare il senso di condivisione e solidarietà al servizio del bene comune?

Tra il Governo e le opposizioni c’è un confronto costante. Abbiamo chiesto ai cittadini di essere uniti, è dovere della politica dare l’esempio. Dobbiamo imparare molto da questo periodo. A livello internazionale tantissimi Paesi hanno dimostrato il loro sostegno all’Italia, inviando personale sanitario, strumentazioni, aiuti. Il primo ministro albanese Edi Rama, al momento dell’invio di medici e infermieri in Italia, ha osservato: «Laggiù è casa nostra da quando i nostri fratelli italiani ci hanno salvati, ospitati e adottati in casa loro». Questo spirito di solidarietà, la necessità di sostenerci l’uno con l’altro, ci fa riscoprire di essere — nonostante pur legittime differenze — una grande famiglia, senza steccati.
 

Il segretario generale dell’Onu, Guterres, e Papa Francesco hanno chiesto un cessate-il-fuoco globale per affrontare il comune nemico della pandemia. Il governo italiano è pronto a sostenere questo appello anche favorendo uno sforzo di riconversione dell’industria bellica?

In una recente intervista ad una tv statunitense ho ribadito il sostegno italiano a questo appello per un cessate-il-fuoco globale: è necessario che tutte le parti impegnate in conflitti, in ogni angolo del pianeta, uniscano le forze contro questo nemico invisibile che miete vittime in tutto il mondo. L’impegno italiano, tramite le proprie forze armate e sotto l'egida della comunità internazionale, è finalizzato alla stabilizzazione delle aree a rischio.
 

Siamo nella Settimana santa. Molti fedeli cattolici vivono con dolore la privazione della Messa. Sull’apertura-chiusura delle chiese e sulla possibilità di accedervi da parte dei singoli fedeli c’è stata una difficoltà nel comprendere quali fossero le indicazioni da parte del Governo. Che cosa può dire al riguardo?

Capisco il rammarico che l’intera comunità di fedeli prova nel vivere una Pasqua diversa, lontani dal calore e dall’affetto dei propri cari, impossibilitati a partecipare alle celebrazioni del Triduo, culmine e centro dell’anno liturgico, a cui il nostro popolo è così legato. Siamo consapevoli del grande sacrificio che stiamo chiedendo ai fedeli e ai pastori, costretti a celebrare sine populo i riti della Settimana santa. Il Governo, che ha costantemente e doverosamente informato la Conferenza episcopale italiana in ogni più delicato passaggio, è grato per il senso di responsabilità con il quale i Vescovi italiani, sotto la guida del cardinale Bassetti, hanno accolto queste misure, nella consapevolezza dei beni supremi coinvolti in questo momento così drammatico per la comunità nazionale. Ma sono fiducioso: dobbiamo augurarci che da questa rinuncia possa nascere una stagione feconda, di cui potremo presto raccogliere i frutti, anche sul piano spirituale. Nel canto dell’Exultet che, rompendo il silenzio del Sabato santo, annuncia la vittoria di Cristo risorto sul peccato e sulla morte, è racchiuso il senso più profondo di questo tempo sospeso, di questo silenzio irreale che avvolge le nostre città, oltre il quale dobbiamo gettare uno sguardo di fiducia e di speranza.
 

Accanto al dolore per una situazione così grave, emergono quotidianamente storie di eroismo e un rinnovato senso di appartenenza alla comunità nazionale. Come pensa che sarà l’Italia quando finalmente usciremo da questa emergenza?

Sono fiero e commosso davanti ai gesti di grande abnegazione e generosità a cui stiamo assistendo in questo triste periodo della nostra storia. Anche da qui voglio dire grazie ai medici e agli infermieri che sono in prima linea nelle corsie degli ospedali. Grazie ai tanti medici del centro-sud che sono partiti per il Nord volontariamente, per supportare i colleghi in trincea nelle zone messe più a dura prova dal virus. Desidero ringraziare anche chi, continuando a lavorare, ha permesso di non spegnere completamente il motore del Paese. Grazie anche alle forze dell’ordine, ai vigili del fuoco, a tutti coloro che non amano essere chiamati eroi, ma che in questo momento meritano la gratitudine di tutti noi. Ogni giorno nel nostro Paese ci sono piccoli e grandi gesti che denotano un forte senso di altruismo, solidarietà, spirito di abnegazione. Gesti in cui rivive il messaggio del Papa, che ha invitato tutti a non pensare a quello che ci manca, ma al bene che possiamo fare. Finita l’emergenza potremo contare su donne e uomini più consapevoli del valore della vita e dell’importanza di dare di più agli altri e alla comunità. Vedo una nuova primavera per l’Italia.

 di Alessandro Gisotti