· Nella celebrazione di lunedì a Santa Marta il Papa chiede di avere fede, perseveranza e coraggio ·

Accanto a lavoratori e famiglie alle prese con la crisi economica

VATICAN-CHINA-POLITICS-RELIGION
24 marzo 2020

«Io confido nel Signore. Esulterò e mi rallegrerò per la tua misericordia, perché hai guardato con bontà alla mia miseria». È con i versi del salmo 31 (7-8), letti come antifona d’ingresso, che Papa Francesco, lunedì mattina 23 marzo, ha iniziato la celebrazione eucaristica — trasmessa in diretta streaming — nella cappella di Casa Santa Marta. In modo particolare il vescovo di Roma ha offerto la messa e ha invitato a pregare «oggi per le persone che per la pandemia stanno incominciando a sentire problemi economici, perché non possono lavorare e tutto questo ricade sulla famiglia. Preghiamo per la gente che ha questo problema».

Francesco ha centrato la sua meditazione nell’omelia sul passo del Vangelo di Giovanni (4, 43-54), invitando anche a pregare con «fede, perseveranza e coraggio» soprattutto in questo periodo difficile per le limitazioni dovute all’impegno di contenere la diffusione del virus.

«Questo padre chiede la salute per il figlio» ha spiegato il Papa, rileggendo il brano evangelico che racconta la guarigione del figlio del funzionario del re. E «il Signore rimprovera un po’ tutti, ma anche lui: “Se non vedete segni e prodigi, voi non credete”». Ma «il funzionario, invece di tacere e stare zitto, va avanti e gli dice: “Signore, scendi, prima che il mio bambino muoia”. E Gesù gli risponde: “Va’, tuo figlio vive”».

«Sono tre cose che, per fare una vera preghiera, ci vogliono» ha fatto presente il Pontefice. «La prima — ha affermato — è la fede: se non avete fede...». In realtà, ha proseguito, «tante volte la preghiera è soltanto orale, dalla bocca». È un qualcosa che viene fuori «ma non viene dalla fede del cuore». In poche parole, siamo davanti a «una fede debole». Per comprendere ancora meglio l’atteggiamento giusto Francesco ha suggerito, sempre riferendosi al Vangelo, di pensare «a un altro papà, a quello del figlio indemoniato, quando Gesù rispose che tutto è possibile a colui che crede». Ed ecco che quel papà chiese subito «chiaramente» al Signore di accrescere la sua fede.

«La fede nella preghiera», dunque. Bisogna «pregare con fede, sia quando preghiamo fuori, quando veniamo qui e il Signore è lì: ma ho fede o è un’abitudine?». Da qui l’invito a essere «attenti nella preghiera: non cadere nell’abitudine senza la coscienza che il Signore c’è, che sto parlando con il Signore e che Lui è capace di risolvere il problema». Perciò «la prima condizione per una vera preghiera è la fede».

«La seconda condizione, che lo stesso Gesù ci insegna, è la perseveranza» ha rilanciato il Pontefice. «Alcuni — ha specificato — chiedono e poi non viene la grazia: non hanno questa perseveranza perché, nel fondo, non ne hanno bisogno o non hanno fede». E «Gesù stesso ci insegna la parabola di quel signore che va dal vicino a chiedere pane a mezzanotte: la perseveranza di bussare alla porta». Oppure, ha aggiunto il Papa, «la vedova con il giudice iniquo: insiste e insiste e insiste». La sua è davvero «perseveranza».

«Fede e perseveranza vanno insieme — ha affermato Francesco — perché, se tu hai fede, tu sei sicuro che il Signore ti darà quello che chiedi». E «se il Signore ti fa aspettare: bussa, bussa, bussa, alla fine il Signore dà la grazia». Ma, ha fatto presente il Papa, «non fa questo, il Signore, per rendersi interessante o perché dica: “meglio che attenda”, no». Il Signore «lo fa per il nostro bene, perché prendiamo la cosa sul serio».

La preghiera infatti, ha riaffermato il Pontefice, va presa «sul serio, non come i pappagalli: “bla bla bla” e niente di più». A questo proposito, ha commentato il Papa, «lo stesso Gesù ci rimprovera» di non essere «come i pagani che credono nell’efficacia della preghiera e nelle parole, tante parole». L’atteggiamento giusto invece è «la perseveranza, lì, è la fede».

«La terza cosa che Dio vuole nella preghiera è il coraggio» ha spiegato Francesco. «Qualcuno — ha detto — può pensare: ci vuole coraggio per pregare e per stare davanti al Signore? Ci vuole». In effetti, ci vuole «il coraggio di stare lì chiedendo e andando avanti, anzi, quasi — quasi, non voglio dire un’eresia — ma quasi come “minacciando” il Signore». E come esempio il Papa ha proposto il passo del libro dell’Esodo (32, 7-14), che descrive il «coraggio di Mosè davanti a Dio quando Dio voleva distruggere il popolo e a lui farlo capo di un altro popolo». Mosè «dice: no, io con il popolo». Questo è il «coraggio».

Lo stesso «coraggio di Abramo, quando negozia la salvezza di Sodoma: “E se fossero 30, e se fossero 25, e se fossero 20...”» ha ricordato Francesco citando il brano del libro della Genesi (18, 16-33 ). Anche in questa situazione c’è «il coraggio». E «questa virtù del coraggio — ha riconosciuto il Pontefice — ci vuole tanto, non solo per le azioni apostoliche, ma anche per la preghiera».

«Fede, perseveranza e coraggio» sono gli elementi per la preghiera, ha concluso il Papa. E soprattutto «in questi giorni in cui è necessario pregare, pregare di più, pensiamo se noi preghiamo così: con fede che il Signore può intervenire, con perseveranza e con coraggio». Con la certezza che «il Signore non delude: non delude, ci fa aspettare, prende il suo tempo, ma non delude». Pregando sempre con «fede, perseveranza e coraggio».

Nell’invitare «le persone che non possono comunicarsi a fare adesso la comunione spirituale», il Papa ha recitato la preghiera del cardinale Rafael Merry del Val. E ha concluso la celebrazione con l’adorazione e la benedizione eucaristica. Le intenzioni del vescovo di Roma sono state poi riprese, a mezzogiorno, nel momento di preghiera — con l’Angelus e il rosario — guidato dal cardinale arciprete Angelo Comastri nella basilica di San Pietro.

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