Intervista al cardinale Matteo Maria Zuppi

Lo sguardo contemplativo sulla città, motore dell’azione politica

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07 novembre 2019

«Paolo non guarda la città di Atene e il mondo pagano con ostilità ma con gli occhi della fede. E questo ci fa interrogare sul nostro modo di guardare le nostre città: le osserviamo con indifferenza? Con disprezzo?». Mercoledì scorso il Papa ha posto questa domanda al popolo dei cristiani durante la catechesi del mercoledì dedicata alla lettura degli Atti degli Apostoli; il brano in particolare era quello del discorso di San Paolo ad Atene sull’Aeropago, che segna in qualche modo il primo incontro tra la fede nuova del Vangelo e il mondo della cultura e della civiltà occidentale.

Il cardinale Zuppi, arcivescovo di Bologna che ha fatto dell’incontro con la realtà delle città il punto qualificante del suo impegno pastorale, si sente sollecitato dalle parole del Santo Padre, lo abbiamo incontrato in occasione della presentazione del saggio di Mauro Magatti e Chiara Giaccardi La scommessa cattolica, sull’impegno dei cattolici nella società, nella città:

Innanzitutto vorrei dire che la città è una dimensione fondamentale, dove dire “città” non vuol dire soltanto riferirsi a conglomerati urbani di un certo numero di abitanti, ma significa parlare della “città degli uomini”. Ricordo che quando a Bologna abbiamo fatto proprio il Vangelo della città abbiamo dovuto aggiungere l’espressione “la città degli uomini” perché altrimenti ai paesi sembrava parlassimo di Bologna e non dell’incontro con quel luogo di incarnazione che è la città.

Poi vorrei ricordare che Papa Francesco nella Evangelii gaudium ci invita ad avere verso la città uno sguardo e un’attenzione contemplativa, e direi che la chiave è proprio lì. Può sembrare sorprendente, noi tendenzialmente penseremmo la contemplazione come qualcosa di astratto, che facciamo coincidere con l’assenza della realtà, con l’estraniarsi dalla realtà e invece il Papa ci chiede di imparare a contemplare la città. È quello che il cristiano deve fare, perché la contemplazione vuol dire guardare dentro, significa riconoscere la domanda che emerge dalla città, scoprire i semi della Parola, quei tanti Semina Verbi che ci sono nella città, svelare la presenza di Dio nella città. Se c’è questo atteggiamento contemplativo non guardi più la città per difenderti, per proteggerti, ma per capire il contenuto, leggerne la domanda.

Sempre nel testo della catechesi di mercoledì il Papa ci invitava a guardare la città «con la fede che riconosce i figli di Dio in mezzo alle folle anonime».

Sì, la fede è fiducia che nel mondo, nella storia degli uomini, c’è Dio all’opera. Avere fiducia come insegna il Vangelo, penso alla scena dell’incontro con la samaritana (icona biblica quest’anno per la diocesi di Bologna): c’è la sete di Gesù che è in realtà sete di incontro, sete degli uomini, che poi è la vera sete della donna, che non è tanto sete dell’acqua ma di una “acqua” che poi toglie la sete. Questa fiducia a cui ci invita il Papa spinge a leggere nella città l’opera di Dio, un’opera che viene realizzata dagli uomini figli di Dio. Quindi innanzitutto c’è la contemplazione, questo sguardo che sa leggere nel profondo e quindi che si interroga e si impegna verso una risposta; da questo punto di vista contemplazione è misericordia, contemplazione e annuncio del Vangelo sono profondamente uniti.

Città, polis, politica: questo impegno può diventare anche attività politica?

Tutto questo ha senz’altro a che fare con la politica. Contemplazione e politica sono connesse perché la politica in realtà deve essere la risposta alta a questa contemplazione. Quando la politica invece cerca soltanto il proprio interesse immediato vuol dire che non è contemplativa e non è in senso pienamente umano e cristiano, nemmeno politica.

di Andrea Monda