La terra: sorella, figlia e madre

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05 novembre 2019

Nel 2007 si è tenuta nel santuario di Aparecida, in Brasile, la V Conferenza Generale dell’Episcopato dell’America Latina e dei Caraibi, sul tema «Discepoli e Missionari di Gesù Cristo, affinché i nostri popoli in Lui abbiano Vita». Ho avuto la grazia di essere uno degli esperti teologhi di quell’assemblea e di collaborare con la Commissione per la redazione del Documento conclusivo presieduta dal cardinale Jorge Mario Bergoglio, sj. Il suo terzo capitolo illustra la gioia di essere discepoli missionari che annunciano il Vangelo e, tra le buone novelle che nascono dalla Buona Novella, annuncia quella «della destinazione universale dei beni e dell’ecologia». A questa sezione appartiene un paragrafo significativo.

«Con i popoli originari dell’America, diamo lode al Signore che ha creato l’universo come uno spazio per la vita e la convivenza di tutti i suoi figli e figlie, lasciandoceli come segno della sua bontà e della sua bellezza. Anche la creazione è manifestazione dell’amore provvidente di Dio; ci è stata data affinché ce ne prendiamo cura e la trasformiamo in fonte di vita degna, per tutti. Sebbene oggi si sia diffusa una cultura di maggior rispetto per la natura, percepiamo chiaramente in quanti modi l’uomo, ancora, minaccia e distrugge il suo habitat. “Sora nostra matre terra” è la nostra casa comune e il luogo dell’alleanza di Dio con gli esseri umani e con tutta la creazione. Non prendere in considerazione le mutue relazioni e l’equilibrio che Dio stesso ha stabilito tra le cose create, costituisce un’offesa al Creatore, un attentato contro la biodiversità e, in definitiva, contro la vita. Il discepolo missionario, al quale Dio ha donato la creazione, deve contemplarla, custodirla e utilizzarla, rispettando sempre l’ordine datole dal Creatore» (Documento di Aparecida, n. 125).

In questo testo, e in altri paragrafi del documento (nn. 83-87, 470-475), c’è come un’anticipazione degli insegnamenti di Papa Francesco contenuti nella sua enciclica socio-ambientale Laudato si’ e di questioni trattate nell’Assemblea speciale del sinodo dei vescovi per la regione amazzonica sul tema «Amazzonia: Nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale». Nella cura della casa comune si vede che Bergoglio ha cooperato con Aparecida e che Aparecida coopera con Francesco.

Nel prezioso paragrafo sopracitato desidero richiamare l’attenzione solo sulla frase “Sora nostra madre terra”. Era già presente nella bozza della seconda stesura di quel documento. Uno degli oltre 2.400 modi o proposte di modifica giunti alla Commissione chiedeva che la frase fosse soppressa perché, diceva, conteneva un’ideologia indigenista ecologista, ostile alla Chiesa cattolica, che idolatrava la madre terra nella figura della Pachamama. La commissione respinse quel modus presentato da un prelato latinoamericano e decise di mettere in nota la fonte della frase virgolettata. Perciò nella nota 58 del documento si legge: «Francesco d’Assisi, Cantico di Frate Sole, versetto 20».

Ricordo questo episodio poco noto, accaduto dodici anni fa, perché nella fase di preparazione del sinodo sull’Amazzonia sono state dette e lette affermazioni simili a quella del modus citato da parte di prelati che mettevano in discussione i paragrafi dell’Instrumentum laboris sulla madre terra (nn. 17 e 84). Allora mi sono chiesto se quei detrattori, per un’inspiegabile mancanza di cultura cristiana, ignoravano il Cantico o lo eludevano nella loro dialettica offensiva. Durante il sinodo, al quale ho partecipato come esperto, ho pensato molto al contenuto di quell’espressione francescana. Il documento finale non cita il Cantico e fa riferimento a san Francesco solo al numero 17 come «esempio di conversione integrale vissuta con letizia e gioia cristiana», senza menzionare che è stato nominato patrono dell’assemblea. Fa invece due riferimenti alla madre terra nella ricerca di un’ecologia integrale (nn. 25 e 101).

Desidero ricordare qui quella bella strofa, perché illustra la saggezza cristiana riguardo alla terra.

«Laudato si’, mi Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti fior et herba».

L’ottava strofa del Cantico viene citata da Papa Francesco all’inizio della Laudato si’ perché vincola familiarmente l’essere umano alla terra. La nostra casa comune è come una sorella, con la quale condividiamo l’esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia. Nella poesia del Poverello si ode l’eco del canto dei tre giovani martiri che lodavano Dio per le sue meraviglie, come narra un frammento del libro di Daniele conservato in traduzioni greche (cfr. Dn 3, 53-90). Questo inno di benedizione è una fonte ispiratrice del cantico di san Francesco. In due versetti di quel testo biblico si legge: «Benedica la terra il Signore, lo lodi e lo esalti nei secoli» (v. 74). La terra partecipa al coro di tutte le creature che, attraverso la voce umana, lodano il Creatore. Essa contiene tutti i suoi frutti: «Benedite, creature tutte che germinate sulla terra, il Signore» (v. 76).

In questo orizzonte sapienziale si possono individuare tre relazioni dell’essere umano con la terra, due delle quali sono esplicitate in entrambi i canti di lode. A esse ne aggiungo una terza, quella filiale.

La terra è come una sorella perché noi creature proveniamo dall’unico Dio, Padre Onnipotente, Creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. La creazione è un libro aperto — il classico liber creaturae — che comunica o rivela, a modo suo, la Verità, la Bontà e la Bellezza di Dio. Contemplando l’opera d’arte conosciamo un po’ l’Artista, il suo Autore (cfr. Sap, 13, 5). Il Poverello di Assisi dava a tutte le creature il dolce nome di sorelle e le invitava a lodare Dio.

La terra è come una madre perché nutre noi esseri che nasciamo e cresciamo in questo mondo e, in particolare, quelli che da essa germogliano. La terra riceve la luce, il calore e il tepore di fratello sole, di sorella luna e di fratello fuoco. È fecondata da sorella acqua e a sua volta feconda fratello vento, aria in movimento. La saggezza della Parola di Dio e di tutti i popoli benedice il Signore dicendogli: «con il frutto delle tue opere sazi la terra» (Sal 103, 13).

La terra ci precede e ci è affidata. È anche come una figlia per l’essere umano, che è l’unico a essere stato creato sulla terra a immagine e somiglianza di Dio, che il Signore ama in forma personale e al quale consegna l’opera delle sue mani (cfr. Sal 8, 4-7). Il fratello maggiore ha la missione di coltivare e custodire la natura (cfr. Gn 2, 15), di coltivarla senza abbandonarla e di custodirla senza distruggerla, come oggi invece purtroppo avviene nei bacini dell’Amazzonia, del Congo e di tanti altri ambiti dell’habitat naturale e umano. Perciò il Papa ricorda la nostra responsabilità dinanzi a Dio riguardo alla terra: «Ciò implica una relazione di reciprocità responsabile tra essere umano e natura» (Laudato si’, n. 67).

La Chiesa invoca san Francesco d’Assisi, il fratello universale, per trovare un’ecologia integrale in cui s’impari e s’insegni ad amare e custodire la terra come sorella, madre e figlia. I popoli amazzonici ci insegnano a coltivare questa trama di rapporti culturali in un momento critico della storia perché, come si legge nell’introduzione del documento sinodale, la distruzione del bioma amazzonico avrà un impatto catastrofico su tutto il pianeta. Questa è un’altra lezione che noi non amazzonici riceviamo dal sinodo, mentre celebriamo l’iniziativa di Papa Francesco di situare questa periferia delle periferie al centro della Chiesa, perché è sempre nel cuore di Dio.

di Carlos María Galli
 Universidad Católica Argentina
Commissione Teologica Internazionale