Il silenzio di Hiroshima e il grido del Papa

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25 novembre 2019

È stato un grido che ha rotto il grande silenzio in memoria delle vittime di Hiroshima e Nagasaki. La decisa condanna non solo dell’uso ma anche del possesso degli armamenti atomici che Francesco ha pronunciato dai due luoghi simbolo dell’olocausto nucleare della Seconda guerra mondiale segna un ulteriore passo nel magistero sociale della Chiesa, anche se il Papa aveva già usato un’espressione simile in un discorso di due anni fa.

A Nagasaki, nell’Atomic bomb Hypocenter Park, il Papa ha affermato che la pace e la stabilità internazionale sono incompatibili con qualsiasi tentativo di costruire sulla paura della reciproca distruzione o su una minaccia di annientamento totale. Ha definito «un attentato continuo che grida al cielo» i soldi spesi e le fortune guadagnate per fabbricare, ammodernare, mantenere e vendere le armi, sempre più distruttive, nel mondo di oggi «dove milioni di bambini e famiglie vivono in condizioni disumane». E ha denunciato l’erosione dell’approccio multilaterale, fenomeno ancora più grave di fronte allo sviluppo delle nuove tecnologie delle armi che sta facendoci rotolare verso la Terza guerra mondiale, anche se per il momento combattuta «a pezzi», come ama spesso ripetere lo stesso Francesco.

A Hiroshima, ultima tappa della lunga giornata giapponese, il Papa ha voluto ribadire che «l’uso dell’energia atomica per fini di guerra è, oggi più che mai, un crimine, non solo contro l’uomo e la sua dignità, ma contro ogni possibilità di futuro nella nostra casa comune. L’uso dell’energia atomica per fini di guerra è immorale». Ma ha anche aggiunto che è immorale pure il possesso di queste armi devastanti.

Il Papa ne aveva in realtà già parlato una prima volta il 10 novembre 2017, in Vaticano, rivolgendosi ai partecipanti al convegno “Prospettive per un mondo libero dalle armi nucleari e per un disarmo integrale”. Aveva detto: «Non possiamo non provare un vivo senso di inquietudine se consideriamo le catastrofiche conseguenze umanitarie e ambientali che derivano da qualsiasi utilizzo degli ordigni nucleari. Pertanto, anche considerando il rischio di una detonazione accidentale di tali armi per un errore di qualsiasi genere, è da condannare con fermezza la minaccia del loro uso, nonché il loro stesso possesso, proprio perché la loro esistenza è funzionale a una logica di paura che non riguarda solo le parti in conflitto, ma l’intero genere umano».

Allora le sue parole non avevano avuto l’eco mondiale ottenuta invece da quelle pronunciate la sera di domenica 24 novembre a Hiroshima, avendo davanti agli occhi i sopravvissuti al disastro atomico con le loro drammatiche e commoventi storie, e i leader delle altre religioni. La decisione di definire immorale anche il possesso e l’accumulo di questi micidiali armamenti, che rendono il mondo quotidianamente a rischio di autodistruggersi, è infatti destinata a pesare e a segnare un punto di non ritorno. La vera pace, ha detto Francesco, può essere solo una pace disarmata, frutto della giustizia, dello sviluppo, della solidarietà, dell’attenzione per la nostra casa comune e della promozione del bene comune. Imparando dagli insegnamenti della storia che l’abisso di dolore vissuto a Hiroshima e Nagasaki continua a testimoniarci. Quell’abisso di dolore ben rispecchiato nel volto della Madonna lignea riemersa dalle rovine di Nagasaki, annerito dalle fiamme e privo di occhi. Un’immagine che ha accompagnato con la sua vicinanza e il suo monito l’intensa domenica giapponese del Vescovo di Roma e il grido che ha voluto levare davanti al mondo.

di Andrea Tornielli