
di Roberto Cetera
A febbraio Benjamin Netanyahu era volato a Washington per convincere Donald Trump della necessità di un attacco militare all’Iran, e ne aveva avuto per risposta, viceversa, l’avvio di un negoziato tra Usa e Iran sullo sviluppo dell’arma nucleare.
A maggio, mentre le trattative per la liberazione degli ostaggi rapiti il 7 ottobre languivano (e il ministro delle Finanze israeliano, Bezalel Smotrich, ammetteva che “la liberazione degli ostaggi non è una priorità”) Hamas rilasciava senza contropartite l’ostaggio americano Edan Alexander, a seguito di un negoziato diretto tra Usa e l’organizzazione islamista.
Nelle scorse settimane Trump ha reclamato sempre più con forza la fine della guerra a Gaza, e Israele ha intensificato i bombardamenti, che ormai cadono dove tutto è già distrutto.
A metà giugno Trump ha visitato i Paesi del Golfo, incontrato il nuovo presidente Ahmed al Sharaa e, complimentandosi, gli ha augurato ogni possibile successo nel Paese liberato dalla dittatura di Bashar Assad. Dí più, nei giorni scorsi Trump ha cancellato le sanzioni che da anni gravavano sulla Siria.
E Netanyahu? Il premier israeliano ha pensato bene, ieri, di bombardare lo Stato maggiore dell’esercito siriano e il palazzo presidenziale di Damasco dove risiede al Sharaa. La giustificazione è quella di proteggere i drusi aggrediti da bande filo-governative. Scontri che avvengono peró a Sweyda, cioè a 100 chilometri da Damasco, e malgrado al Sharaa abbia ordinato il ritiro delle truppe governative.
Che le relazioni tra Usa e Israele non siano così lineari e coincidenti come il premier israeliano presenta (ed auspicava mesi fa) è abbastanza evidente. Così come la continua apertura di nuovi fronti di guerra da parte di Israele sembra obbedire più a una logica di confronto con gli americani che a una effettiva necessità di sicurezza. E anche all’esigenza di Netanyahu di rinforzare la sua posizione, minacciata tanto dall’isolamento internazionale quanto dai processi per corruzione che lo vedono imputato.
A fare le spese di questi tatticismi spregiudicati sono gli abitanti di Gaza che continuano a morire a centinaia ogni giorno.
Il Medio Oriente è un pagliaio pericoloso. Chi lo percorre con un cerino acceso è un pericolo per il mondo intero.