
di Evaristo Ettorre *
Accompagnato da un gruppo di medici specializzandi della Scuola di Geriatria dell’università La Sapienza di Roma, ho seguito le attività di servizio domiciliare svolto dal portierato sociale nel territorio del iii municipio di Roma. È stata un’esperienza importante sul piano umano e professionale che ci ha dato modo di verificare, incontrando direttamente le persone nelle loro case, la crescente richiesta da parte di cittadini anziani soli di servizi sanitari, ma anche psicologici e sociali.
Serve fare sinergia tra geriatra e medico di base, serve maggiore integrazione tra servizi sanitari e sociali per penetrare nei gangli del disagio e affrontarlo. Il traguardo rimane ancora all’orizzonte, ma è l’obiettivo al quale si deve tendere e verso il quale occorre investire risorse umane e professionali.
Per il medico, sia per quello di famiglia sia per lo specialista, è importante concentrare la propria attenzione sulla solitudine dell’anziano, ponendosi come obiettivo la possibilità di rilevarla con ogni mezzo. Anche i servizi sociali, che hanno conoscenza diretta dei cittadini del loro territorio, dovrebbero segnalare e affrontare la solitudine. Purtroppo oggi la capacità di valutare il disagio da solitudine, spesso soltanto interiore, non è sempre adeguata alla gravità del problema. Questo disagio si manifesta in molteplici modi e con significati clinici variabili. La solitudine è spesso aggravata dall’assenza di speranza nel futuro e questo è un fattore di rischio che porta alla depressione. Non di rado, poi, si associa ad apatia, pregiudicando in questo modo la salute complessiva dell’anziano e divenendo anche una delle cause che possono portare alla demenza. Recentemente, la ricerca scientifica ha evidenziato anche una correlazione tra solitudine e malattia di Alzheimer.
Nessuno dovrebbe essere lasciato solo a fronteggiare i problemi della vecchiaia e i bisogni conseguenti. Spesso non basta neanche la famiglia. La solitudine svuota il senso delle giornate — il potenziale “tempo libero” tende ad essere percepito come un tempo “vuoto” — innescando o alimentando un disagio psicologico che può sfociare in ansia e in depressione.
Per questo sono importanti le campagne contro la solitudine degli anziani e le iniziative sul piano sociale svolte con l’aiuto del volontariato. Si tratta di strumenti efficaci e concreti sul piano sanitario e sociale, sia individuale che collettivo.
Non sarà certo soltanto la tecnologia a risolvere anche situazioni esistenziali sfavorevoli. Inoltre, le persone più anziane e più sole non sono agevolate dalla complessità anche burocratica del sistema sanitario e sociale. Perciò oggi, come in passato, serve un approccio personale e narrativo, un punto di riferimento certo e rassicurante.
La sinergia tra geriatra e medico di base rappresenta il punto focale per una proposta a difesa degli anziani più in difficoltà anche perché soli.
* Geriatra, Direttore della Scuola di specializzazione in geriatria dell’Università La Sapienza di Roma