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Semi di Speranza Il capodanno al Teatro dell’Opera di Roma: sul palcoscenico salgono gli ultimi

Che ci faccio qui? Forse per un applauso

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01 febbraio 2025

di Ciro Salvucci

«L’Osservatore di strada» mi ha aperto davvero la porta a tanta bellezza, a tanta conoscenza, a tanta arte, a un mondo che pensavo non mi appartenesse più.

Per il secondo anno consecutivo il Teatro dell’Opera di Roma ha chiesto la collaborazione della nostra redazione per animare la festa del primo dell’anno, intitolata Capodarte. È stato un onore tornare ad iniziare l’anno in uno dei luoghi più significativi e importanti della storia del bel canto a Roma e in Italia. Per tutti quel pomeriggio è stato un vero capolavoro.

Le persone che sono messe sempre ai margini della società, le persone con gravi difficoltà, sono diventate ancora una volta protagoniste della bellezza. Come è successo l’anno scorso, a un certo punto mi sono chiesto: «Ma che ci faccio qui? Che c’entro io con loro?». È stato solo per un momento, perché poi mi sono subito reso conto che non sono meno di nessuno. Ogni persona è unica e preziosa. E questo vale anche per me, che sono salito su un palcoscenico dove sono passati e passano i più grandi artisti del mondo: io con la mia storia, il mio passato, il mio presente e soprattutto con la speranza in un futuro sempre più ricco di gioie e soddisfazioni.

Forse è stato proprio il mio passato tragico a permettermi di salire su quel palcoscenico e di dire a tutti: «Ci sono anche io! Io sono qui, nonostante tutto, e me lo merito».

Quando ad un certo punto della serata Alessandro, che ha presentato l’evento, mi ha chiesto qual è il mio primo pensiero quanto mi sveglio e io ho risposto: «Penso di essere una persona fortunata».

Non tutti hanno nella vita una grande opportunità come l’ho avuta io. Il mondo non è come quello che ho conosciuto io, col mio passato orrendo e tragico. Al mondo c’è tanta e ancora tanta bontà. A volte basta un po’ di considerazione, rispetto, ascolto… e tutto cambia. Un’intera vita può cambiare.

Si dice: «Quando si chiude una porta, si apre un portone». È vero, ve lo assicuro.

È stata una cosa grandiosa ascoltare la testimonianza di Flaminia, mia importante amica e grande collaboratrice del nostro giornale. Poi le parole di Fabrizio, sempre unico e irripetibile. Ma anche quelle di Alexandra, artista di CaritasArt, una pittrice, disegnatrice e illustratrice umile e grandiosa. Un altro momento importante è stato quando sono salite sul palcoscenico del teatro le signore di Casa Sabotino, la casa di Binario 95 per le donne cisgender e transgender. Portano un vissuto fatto di tante sofferenze, tante umiliazioni e tanta emarginazione. Vederle lì, insieme con tutti noi, mi ha allargato ancora di più il cuore. È difficile iniziare una nuova vita quando si è abituati agli abusi di quella vecchia. Vedere che ce l’hanno fatta è stupendo.

Gli applausi del pubblico non me li toglierà nessuno. Avrei dovuto ringraziare io per l’opportunità che mi è stata data e invece Andrea, l’organizzatore dell’evento, è venuto verso di me per dirmi grazie per la mia testimonianza. Tutto questo me lo ricorderò ogni volta che avrò l’autostima a terra e penserò di non valere nulla.

A volte ci sono mondi lontani anche se le persone che li abitano sono le une accanto alle altre. Il teatro dell’opera lirica, si sa, non è per tutti, appare ed è spesso un mondo riservato a persone di un certo livello sociale e culturale. Ma il Teatro dell’Opera di Roma, per l’inizio dell’anno nuovo, ha voluto mescolare un po’ le cose. E quando avviene questo il mondo diventa migliore.