Pace in Ucraina, Libano, Israele, Palestina e in Siria dove il conflitto è tornato ad accendersi
Un sussulto di coscienza, una chiamata alla responsabilità di tutti, una scossa all’assuefazione e all’indifferenza che rischiano di risucchiare la sensibilità di ciascuno: l’accorato appello di Papa Francesco all’Angelus di ieri, prima domenica di Avvento, è risuonato, ancora una volta, come un forte monito contro le guerre che insanguinano tanti Paesi del mondo. Guerre che il Pontefice ha definito «un orrore», un’offesa a Dio e all’umanità.
Rivolgendo il pensiero in particolare alla «martoriata Ucraina» dove la popolazione sta vivendo la «tragica concomitanza» di guerra e freddo, nonché al Libano, Israele e Palestina, il Pontefice ha auspicato «la liberazione degli israeliani che ancora sono tenuti in ostaggio e l’accesso degli aiuti umanitari alla popolazione palestinese stremata». Una preghiera speciale è stata chiesta inoltre per la Siria, dove «purtroppo la guerra si è riaccesa causando molte vittime».
«La ricerca della pace è una responsabilità non di pochi, ma di tutti — ha aggiunto —. Se prevalgono l’assuefazione e l’indifferenza agli orrori della guerra, tutta, tutta la famiglia umana è sconfitta».
Affacciatosi a mezzogiorno dalla finestra dello Studio privato del Palazzo apostolico vaticano, il Santo Padre ha introdotto la recita della preghiera mariana con i fedeli presenti in piazza San Pietro e con quanti lo seguivano attraverso i media, commentando il Vangelo di Luca e invitando i fedeli a considerare questo tempo forte dell’anno liturgico come «un’occasione preziosa per alzare lo sguardo verso Gesù».