Venerdì 1
La carta |
Oggi, solennità di Tutti i Santi, nel Vangelo (Mt 5, 1-12) Gesù proclama la carta d’identità del cristiano. Le Beatitudini. È anche la via della santità. Gesù ci mostra un cammino, quello dell’amore, che Lui ha percorso per primo facendosi uomo, e che per noi è dono di Dio e nostra risposta. |
È dono perché, come dice San Paolo, è Dio che santifica. Per questo è prima di tutto a Lui che chiediamo di farci santi, di rendere il nostro cuore simile al suo.
Con la sua grazia ci guarisce e ci libera da tutto ciò che impedisce di amare come Lui ci ama, così che in noi, come diceva il Beato Carlo Acutis, ci sia sempre «meno io per lasciare spazio a Dio».
E questo ci porta al secondo punto: la nostra risposta. Il Padre, infatti, ci offre la sua santità, ma non ce la impone. La semina in noi, ce ne fa sentire il gusto e vedere la bellezza, poi aspetta la nostra risposta.
Lascia a noi la libertà di seguire le sue buone ispirazioni, di lasciarci coinvolgere dai suoi progetti, di fare nostri i suoi sentimenti, mettendoci al servizio degli altri, con una carità sempre più universale.
Lo vediamo nella vita dei santi, anche nel nostro tempo. Pensiamo a Massimiliano Kolbe, che ad Auschwitz chiese di prendere il posto di un padre di famiglia condannato a morte; o a Teresa di Calcutta, che spese la sua esistenza al servizio dei più poveri tra i poveri; o al vescovo Óscar Romero, assassinato sull’altare per aver difeso i diritti degli ultimi.
E così possiamo fare la lista di tanti santi: quelli che veneriamo sugli altari e altri, che a me piace chiamare i santi “della porta accanto”, quelli di tutti i giorni, nascosti.
Quanta santità nascosta c’è nella Chiesa! Riconosciamo tanti fratelli e sorelle plasmati dalle Beatitudini: poveri, miti, misericordiosi, affamati e assetati di giustizia, operatori di pace.
Sono persone “piene di Dio”, incapaci di restare indifferenti ai bisogni del prossimo; sono testimoni di cammini luminosi, possibili anche per noi.
Vicinanza |
Esprimo vicinanza al popolo del Ciad, in particolare alle famiglie delle vittime del grave attentato terroristico di alcuni giorni fa, come pure a quanti sono stati colpiti dalle alluvioni. |
La Corsa |
Saluto i partecipanti alla “Corsa dei Santi”, organizzata dalla Fondazione Missioni Don Bosco. Ci ricordate che la vita cristiana è una corsa, ma non come corre il mondo! È la corsa di un cuore che ama! Grazie del sostegno alla costruzione di un centro sportivo in Ucraina. |
Donne |
Preghiamo per la martoriata Ucraina, preghiamo per la Palestina, Israele, il Libano, il Myanmar, il Sudan, e per tutti i popoli che soffrono per le guerre. |
La guerra è sempre una sconfitta! Ed è ignobile, perché è il trionfo della falsità: si cerca il massimo interesse per sé e il massimo danno per l’avversario, calpestando vite umane, ambiente, infrastrutture; tutto mascherato di menzogne.
E soffrono gli innocenti! Penso alle 153 donne e bambini massacrati, nei giorni scorsi a Gaza.
(Angelus in piazza San Pietro)
Una società |
Con grati ricordi del mio viaggio apostolico del 2018 nel vostro Paese, assicuro vicinanza spirituale nella lieta occasione del centesimo anniversario della creazione dell’Amministrazione Apostolica dell’Estonia, recentemente elevata a diocesi. |
Questa pietra miliare nella vostra storia segna un secolo di profonda fedeltà alla fede cattolica, che ha permesso a questa piccola e tuttavia vibrante Chiesa di essere una fonte di compassione e nutrimento spirituale per innumerevoli uomini e donne in tutta la nazione.
Al tempo stesso, questo anniversario commemora l’incrollabile speranza e fiducia nel Signore attraverso decenni di sofferenza, occupazione e oppressione.
Mentre riflettete su questi ultimi cento anni, mi unisco a voi nel rendere grazie a Dio per l’esempio di fede offerto dai vostri coraggiosi e resilienti antenati, che sono stati determinanti nel nutrire e sostenere la comunità cattolica in Estonia.
Penso al servo di Dio arcivescovo Eduard Profittlich, la cui testimonianza di Cristo e la cui fortezza nel rimanere vicino al suo gregge, fino a versare il proprio sangue, ha gettato semi che danno frutto ancora oggi.
Dalle piante più piccole |
Possa essere sempre fonte d’ispirazione e ricordarvi che anche le piante più minuscole, i gesti più piccoli e le offerte più modeste possono crescere ben oltre i loro umili inizi fino a dare una ricca messe. |
Confido che questa mirabile eredità di fede e di carità che caratterizza la vostra diocesi incoraggi la generazione presente di sacerdoti, religiosi e fedeli laici a continuare a crescere nel gioioso discepolato missionario mentre guardano al futuro.
Possa questo centenario essere un’opportunità di rinnovamento spirituale, innescando un nuovo senso di zelo per l’evangelizzazione, specie tra i giovani.
In tal modo, riusciranno a proclamare con maggiore efficacia il messaggio di Dio di amore, misericordia e riconciliazione e portare la luce di Gesù e la forza liberatrice del Vangelo ai molti uomini e donne che nemmeno credono in Dio.
È mia speranza che i cattolici dell’Estonia, mentre cercano di edificare una società radicata nella pace, nella giustizia, nella solidarietà e nella dignità di ogni persona umana, lavoreranno sempre più con gli uomini e le donne di altre denominazioni cristiane nel dare una testimonianza unita delle promesse di Dio.
Ciò è importante nel contesto dell’attuale guerra in Europa, che è fonte di profonda preoccupazione e che fa tragicamente riecheggiare i momenti più bui dei tempi passati.
Tuttavia, lo Spirito Santo può guidarvi a essere un segno eloquente della fiducia costante nella provvidenza di Dio e condurre i cristiani estoni, insieme a tutte le persone di buona volontà, a tendere la mano dell’amicizia ai rifugiati e ai più vulnerabili.
(Lettera per il centenario dell’erezione dell’Amministrazione apostolica dell’Estonia)
Domenica 3
Amore a Dio e agli uomini |
Il Vangelo di oggi (Mc 12, 28-34) parla di una delle tante discussioni [di] Gesù al tempio di Gerusalemme. Uno degli scribi si avvicina e lo interroga: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù risponde mettendo insieme due parole fondamentali della legge mosaica: «Amerai il Signore tuo Dio» e «amerai il tuo prossimo». |
Con la sua domanda, lo scriba cerca “il primo” dei comandamenti, cioè un principio che sta alla base di tutti i comandamenti; gli ebrei avevano tanti precetti e cercavano la base di tutti, uno che fosse il fondamentale; cercavano di mettersi d’accordo su uno fondamentale, e c’erano discussioni tra loro, discussioni buone perché cercavano la verità.
Questa domanda è essenziale anche per noi, per la nostra vita e per il cammino della nostra fede.
Anche noi a volte ci sentiamo dispersi in tante cose e ci chiediamo: ma, alla fine, qual è la cosa più importante di tutte? Dove posso trovare il centro della mia vita, della mia fede?
Gesù ci dà la risposta, unendo questi due comandamenti che sono i principali: «Amerai il Signore tuo Dio» e «amerai il tuo prossimo». E questo è il cuore della nostra fede.
Tutti abbiamo bisogno di ritornare al cuore della vita e della fede, perché il cuore è «la fonte e la radice di tutte le altre forze, convinzioni».
Mai separare Dio dall’uomo.
Al discepolo di ogni tempo il Signore dice: nel tuo cammino ciò che conta non sono le pratiche esteriori, come gli olocausti e i sacrifici, ma la disposizione del cuore con cui ti apri a Dio e ai fratelli.
Noi possiamo fare tante cose, ma farle solo per noi stessi e senza amore; farle con il cuore distratto oppure con il cuore chiuso; e questo non va. Tutte le cose devono essere fatte con l’amore.
Il Signore verrà e ci chiederà anzitutto sull’amore: “Come hai amato?” È importante allora fissare nel cuore il comandamento più importante. Qual è? Ama il Signore tuo Dio e ama il tuo prossimo come te stesso.
Tutti i giorni fare il nostro esame di coscienza e chiederci: l’amore per Dio e per il prossimo è il centro della mia vita? La preghiera mi spinge ad andare verso i fratelli e ad amarli con gratuità? Riconosco nel volto degli altri la presenza del Signore?
Ripudiare |
Saluto il gruppo di Emergency Roma Sud, impegnato a ricordare l’Articolo 11 della Costituzione Italiana. |
[Esso] dice: «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali».
Possa questo principio attuarsi in tutto il mondo: la guerra sia bandita e si affrontino le questioni con il diritto e i negoziati. Tacciano le armi e si dia spazio al dialogo. Preghiamo per la martoriata Ucraina, la Palestina, Israele, Myanmar, Sud Sudan.
(Angelus in piazza San Pietro)
Lunedì 4
Impegno |
Vorrei rivolgervi qualche parola che vi aiuti a riflettere sul lavoro nella Chiesa, il lavoro che voi svolgete, a favore dei più poveri e dei più emarginati. |
Mi viene da condividere tre aspetti: annunciare Cristo, riparare le disuguaglianze e seminare speranza.
Voi, aiutati dallo Spirito Santo, vi impegnate affinché le chiese siano come un ospedale da campo, portando avanti questi tre principi.
A volte mi dispiace tanto quando chiedi a un prete “Come va la parrocchia?” “Bene, abbiamo tante messe”. “Ma quanta gente in totale viene la domenica?”. “Calcoliamo 1.000, 1.200. “Ah che bello”. “E quanta gente c’è nel tuo quartiere?”. E lì tentenna prima di dire 200.000, 250.000.
Dobbiamo essere consapevoli che in chiesa viene poca gente. Dobbiamo andare noi a cercarla.
Rendere testimonianza d’accoglienza alla gente più con i gesti che con le parole.
Primo principio: accogliere. E anche andare a visitare, che è un’altra forma di accoglienza.
Continuate a vedere in ognuno di loro — gente vulnerabile — il volto di Cristo.
In tal modo, annunciate Cristo come colui che cammina sempre con loro, anche se anonimamente, poiché lui per primo si è fatto povero.
Mi fanno bene gli aneddoti della gente povera, della Spagna, del Sud Italia, che annuncia Cristo come può, in mezzo a un’immigrazione musulmana, per esempio. E lo annuncia con i gesti, con l’accoglienza, con l’accompagnamento, con la promozione del migrante.
Sottolineo migranti perché sia in Italia sia in Spagna è una delle realtà — non voglio dire un problema —. E, d’altra parte dobbiamo ringraziare che vengono i migranti perché l’età media dei locali è un po’ scandalosa.
Credo che in Italia l’età media sia 46 anni. Non hanno figli. Ma tutti hanno un cagnolino o un gatto!
E i migranti vengono e, in un certo senso, sono i figli che non vogliamo avere.
Denunciare e risolvere |
Secondo riparare le disuguaglianze. Con il vostro apostolato denunciate alla società che la disuguaglianza, a volte tanto grande, tra ricchi e poveri, tra cittadini e stranieri, non è ciò che Dio vuole dall’umanità e queste cose vanno risolte. |
Ristabilire il tessuto sociale; nessuno può restare indifferente di fronte alla sofferenza degli altri.
Pensate alle due estremità della vita: la disuguaglianza che c’è con i bambini e con gli anziani.
Quando gli anziani vengono scartati, vengono mandati a “quartieri generali invernali”, come se in questo momento non avessero nulla da offrire alla società.
E pensate ai bambini, quando vengono usati per certi lavori, e poi vengono abbandonati. Ci sono bambini che vengono usati per andare a raccogliere nell’immondizia cose che possono poi essere vendute.
In un Paese dove c’è un frutto molto delicato che si chiama mirtillo, e per raccoglierlo occorre delicatezza, usano i bambini affamati per la raccolta e li sfruttano.
Una domanda che ci dobbiamo fare: che succede con i bambini? Che succede con gli anziani? Gli anziani sono fonte di saggezza, e stiamo assistendo allo scandalo di custodirli nel ripostiglio di un ospizio.
Seminare |
Infine seminare speranza. In ogni persona che accogliete — perché non ha una casa, perché è un rifugiato, perché è parte di una famiglia in stato di vulnerabilità, perché è vittima della guerra, o per qualsiasi altro motivo che la rende emarginata — seminate speranza. |
Siete temerari e impavidi, non tutti hanno questo coraggio, ma quello che fate ispira gli altri.
Pensiamo ai rifugiati, ai soldati ucraini feriti nella guerra. Seminiamo speranza in questa gente.
La guerra è una realtà molto dura. È una realtà che uccide e distrugge. Dobbiamo occuparci di queste persone.
Quando vengono gruppi di bambini ucraini non sorridono. La guerra ha rubato loro il sorriso. Perciò il lavoro che fate con i rifugiati è importante. Inoltre è una delle tre condizioni che l’Antico Testamento ripete sempre: la vedova, l’orfano e lo straniero (il migrante, il rifugiato).
In ogni persona che accogliete, in ogni persona che ha una vulnerabilità, seminate speranza.
Sebbene questi fratelli spesso si sentano oppressi di fronte a un panorama che potrebbe sembrare un “vicolo cieco”, ricordate loro che la speranza cristiana è più grande di qualsiasi situazione.
Non è facile dirlo a un ferito di guerra, ma bisogna dirglielo, perché la speranza ha il suo fondamento nel Signore, non nell’uomo. Una cosa è l’ottimismo, che è buono; ma un’altra cosa è la speranza, che è completamente diversa.
Evangelizzare è aiutare |
Vorrei che nel lavoro che svolgete nella Chiesa, non smettiate mai di scoprire che assistere i vulnerabili è sempre un privilegio, perché di essi è il Regno dei Cieli. |
Ogni volta che abbiamo l’occasione di avvicinarci a loro e di offrire loro il nostro aiuto, è per noi un’opportunità di toccare la carne di Cristo, perché portare il Vangelo non è una cosa astratta, un’ideologia, che si riduce a un indottrinamento.
Portare il Vangelo si concretizza nell’impegno cristiano con i più bisognosi; lì sta la vera evangelizzazione.
Vi ringrazio per la testimonianza di vita cristiana, contagiate speranza, misericordia e amore a tutte queste persone affinché, convinte a loro volta di questa verità, possano unirsi per collaborare nel servizio ai più poveri.
“Padre, allora li dobbiamo battezzare prima che vengano a collaborare al servizio dei più poveri o li dobbiamo mandare a confessarsi affinché siano in grazia di Dio?” No.
Qualsiasi persona, atea, non ateo, qualsiasi persona, di questa religione o di un’altra. Servire, e servire i più poveri. Tra i più poveri c’è Gesù.
Stanno servendo Gesù anche se non credono in Lui. Tutti messi nella borsa del servizio, nell’impegno per gli altri.
(Ai partecipanti al iii Encuentro de Iglesias hospital de campaña")
Ognuno |
«Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo Regno». Queste sono le ultime parole rivolte al Signore da uno dei due crocifissi con Lui. Non è un discepolo, uno di coloro che hanno seguito Gesù per le strade della Galilea e hanno condiviso con Lui il pane nell’Ultima Cena. |
Invece l’uomo, che si rivolge al Signore, è invece un malfattore. Uno che lo incontra solo alla fine della vita; uno del quale non sappiamo neppure il nome.
Gli ultimi respiri di quest’estraneo, però, nel Vangelo diventano un dialogo pieno di verità.
Mentre Gesù è «annoverato tra gli empi», come aveva profetizzato Isaia, si leva una voce inattesa che dice: noi «riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male».
Questo condannato ci rappresenta tutti, possiamo dirgli il nostro nome, possiamo dargli il nostro nome.
Soprattutto, possiamo fare nostra la sua supplica: “Gesù, ricordati di me”. Tienimi vivo nella tua memoria. “Non scordarti di me”.
Meditiamo su questo: ricordare. Ricordare significa “portare ancora al cuore” — ri-cordare —, rimettere nel cuore.
Quell’uomo, crocifisso con Gesù, trasforma un estremo dolore in una preghiera: “Portami nel tuo cuore, Gesù”. Non lo chiede con voce straziante, quella di uno sconfitto, bensì pieno di speranza.
Questo è tutto ciò che desidera il delinquente che muore come discepolo dell’ultima ora: cerca un cuore ospitale.
Questo è tutto ciò che conta per lui, ora che è nudo davanti alla morte.
Il Signore ascolta la preghiera del peccatore, fino alla fine, come sempre.
Trafitto dal dolore, il cuore di Cristo si apre per salvare il mondo: accoglie, morente, la voce di chi muore. Gesù muore con noi, perché muore per noi.
All’appello del crocifisso colpevole, risponde il Crocifisso innocente: «In verità ti dico, oggi con me sarai nel paradiso».
L’amore di Dio |
Il ricordo di Gesù è efficace, la memoria di Gesù è efficace, perché è ricco di misericordia, per questo è efficace. Mentre la vita dell’uomo viene meno, l’amore di Dio sprigiona libertà dalla morte. Allora il condannato è redento; l’estraneo diventa compagno; un breve incontro sulla croce durerà per sempre nella pace. |
Questo ci fa riflettere un po’. Come incontro Gesù? O meglio ancora, come mi lascio incontrare da Gesù? Mi lascio incontrare o mi chiudo nel mio egoismo, nel mio dolore, nella mia sufficienza? Mi sento peccatore per lasciarmi incontrare dal Signore o mi sento giusto e dico: “Tu non mi servi. Vai avanti”?
Gesù si ricorda di chi è crocifisso accanto a Lui. La sua cura, fino all’ultimo respiro, ci fa riflettere.
C’è modo e modo infatti di ricordare le persone e le cose. Si possono ricordare i torti, i conti in sospeso, gli amici e gli avversari.
Domandiamoci oggi, davanti a questa scena del Vangelo: come stanno le persone nel nostro cuore? Come facciamo memoria di chi ci passa accanto lungo le vicende della vita? Giudico? Divido? O accolgo?
Rivolgendosi al cuore di Dio, gli uomini di oggi e anche gli uomini di ogni tempo possono sperare la salvezza, anche se «agli occhi degli stolti parve che morissero».
La memoria del Signore custodisce infatti l’intera storia. Egli ne è il giudice compassionevole e ricco di misericordia.
Il Signore è vicino a noi come giudice; è compassionevole e misericordioso. Con questa fede, preghiamo per i Cardinali e i Vescovi defunti negli ultimi dodici mesi.
Oggi il nostro ricordo si fa suffragio per questi fratelli. Membra elette del popolo di Dio, sono stati battezzati nella morte di Cristo, per risorgere con Lui.
Sono stati pastori e modelli del gregge del Signore: possano ora sedere alla sua mensa, dopo aver spezzato in terra il Pane della vita.
Hanno amato la Chiesa, ognuno nel suo modo, ma tutti hanno amato la Chiesa: preghiamo perché possano godere in eterno la compagnia dei santi.
(Messa in suffragio dei cardinali e dei vescovi defunti durante l’anno)
Mercoledì 6
Preghiera |
L’azione santificatrice dello Spirito Santo, oltre che attraverso la Parola di Dio e i Sacramenti, si esplica nella preghiera, ed è a questa che vogliamo dedicare la riflessione di oggi: la preghiera. |
Lo Spirito è nello stesso tempo soggetto e oggetto della preghiera cristiana. Egli è Colui che dona la preghiera ed è Colui che è donato dalla preghiera.
Noi preghiamo per ricevere lo Spirito Santo e riceviamo lo Spirito Santo per poter pregare veramente, cioè da figli di Dio, non da schiavi. Pensiamo un po’ a questo: pregare da figli di Dio, non da schiavi. Si deve pregare sempre con libertà.
«Oggi devo pregare questo, questo, questo, questo, perché io ho promesso questo, questo, questo… Altrimenti andrò all’inferno!». Questo non è preghiera.
La preghiera è libera. Tu preghi quando lo Spirito ti aiuta a pregare. Preghi quando senti nel cuore il bisogno di pregare; e quando non senti nulla, fermati e domandati: perché non sento la voglia di pregare, cosa succede nella mia vita? Sempre, la spontaneità nella preghiera ci aiuta di più.
Questo vuol dire pregare da figli, non da schiavi. Anzitutto, dobbiamo pregare per ricevere lo Spirito Santo.
Nel Nuovo Testamento vediamo lo Spirito discendere sempre durante la preghiera. Scende su Gesù nel battesimo al Giordano, mentre «stava in preghiera»; e scende a Pentecoste sui discepoli, mentre «erano perseveranti e concordi nella preghiera».
È l’unico “potere” che abbiamo sullo Spirito di Dio. lui non resiste alla preghiera. Preghiamo e viene.
Sul Monte Carmelo i falsi profeti di Baal si agitavano per invocare il fuoco dal cielo sul loro sacrificio, ma non accadde nulla, perché erano idolatri, adoravano un dio che non esiste;
Elia si mise in preghiera e il fuoco scese e consumò l’olocausto. La Chiesa segue fedelmente questo esempio: ha sempre sulla bocca l’implorazione “Vieni! Vieni!” ogni volta che si rivolge allo Spirito, “vieni!”.
E lo fa soprattutto nella Messa perché discenda come rugiada e santifichi il pane e il vino per il sacrificio eucaristico.
Imparare |
Ma c’è anche l’altro aspetto, che è il più importante e incoraggiante per noi: lo Spirito è Colui che ci dona la vera preghiera. |
Noi non sappiamo pregare. Dobbiamo imparare ogni giorno. Il motivo di questa debolezza della nostra preghiera veniva espresso in passato in una sola parola, usata in tre modi diversi: come aggettivo, come sostantivo e come avverbio.
È facile da ricordare, anche per chi non sa di latino, e vale la pena tenerlo a mente, perché da solo contiene un intero trattato.
Noi esseri umani, diceva quel detto, “mali, mala, male petimus”, che vuol dire: essendo cattivi (mali), chiediamo cose sbagliate (mala) e in modo sbagliato (male).
Gesù dice: «Cercate prima il regno di Dio e il resto vi sarà dato in sovrappiù»; noi invece cerchiamo prima di tutto il sovrappiù, cioè i nostri interessi e ci dimentichiamo del tutto di chiedere il regno di Dio.
Noi in Dio |
Lo Spirito Santo viene, sì, in soccorso della nostra debolezza, ma fa qualcosa di molto importante ancora: ci attesta che siamo figli di Dio e mette sulle nostre labbra il grido: «Padre!». |
Noi non possiamo dire “Padre, Abba” senza la forza dello Spirito Santo. La preghiera cristiana non è l’uomo che da un capo del telefono parla a Dio all’altro capo, no, è Dio che prega in noi!
Preghiamo Dio per mezzo di Dio. Pregare è mettersi dentro Dio e che Dio entri dentro di noi.
È proprio nella preghiera che lo Spirito Santo si rivela come “Paraclito”, cioè avvocato e difensore. Non ci accusa davanti al Padre, ma ci difende.
Ci convince del fatto che siamo peccatori, ma lo fa per poterci far gustare la gioia della misericordia del Padre, non per distruggerci con sterili sensi di colpa.
Anche quando il nostro cuore ci rimprovera di qualcosa, Egli ci ricorda che «Dio è più grande del nostro cuore».
Dio è più grande del nostro peccato. Tutti siamo peccatori: forse qualcuno ha paura di essere rimproverato da Dio per le cose che ha fatto e non riesce a trovare pace.
Mettiti in preghiera, chiama lo Spirito Santo e Lui ti insegnerà come chiedere perdono. E sapete una cosa? Dio non sa molta grammatica e quando noi chiediamo perdono, non ci lascia finire! “Per…” e lì, non ci lascia finire la parola perdono.
Ci perdona prima, ci perdona sempre, è sempre accanto a noi per perdonarci, prima che noi finiamo la parola “perdono”.
Lo Spirito Santo intercede per noi e ci insegna anche a intercedere, a nostra volta, per i fratelli; ci insegna la preghiera di intercessione: pregare per questa persona, pregare per quel malato, per quello che è in carcere, pregare…; pregare per la suocera pure, e pregare sempre, sempre.
Questa preghiera è particolarmente gradita a Dio perché è la più gratuita e disinteressata. Quando ognuno prega per tutti, avviene — diceva sant’Ambrogio — che tutti pregano per ognuno; la preghiera si moltiplica.
Ecco un compito tanto prezioso e necessario nella Chiesa, in particolare in questo tempo di preparazione al Giubileo: unirci al Paraclito che “intercede per tutti noi secondo i disegni di Dio”.
Ma non pregare come i pappagalli! Non dire “bla, bla, bla…”. No. Pregate con il cuore e non con le labbra, non fare come i pappagalli.
(Udienza generale in piazza San Pietro)