Maternità e detenzione

 Maternità e detenzione  ODS-010
06 maggio 2023

In occasione dello scorso otto marzo, l’associazione Antigone ha pubblicato un report sulla condizione della donna in carcere che, unitamente ai recenti dibattiti, offre l’occasione per riflettere sul complicato rapporto tra maternità e detenzione.

Oltre alle esigenze di tutela della salute e dignità della donna, al riguardo emerge con forza il diritto del bambino a non essere separato dalla madre abile al suo ruolo, e al contempo a non scontare in carcere una pena ingiusta, che evidentemente non gli spetta.

È chiaro che il reo deve scontare la propria condanna, ma il tempo e le modalità con cui essa viene espiata devono tenere conto delle circostanze del caso concreto. Solo così la pena può mantenere un volto umano, rispettoso della nostra dignità.

Per queste ragioni la legge prevede un particolare regime penitenziario per le madri che non sono state private della responsabilità genitoriale, volto a preservare il rapporto affettivo con i figli e, al contempo, ad evitare la reclusione della prole.

Le donne con figli di età inferiore ai sei anni possono essere detenute in carcere, in esecuzione di una misura cautelare, solo nei casi in cui sussistano esigenze di prevenzione di eccezionale rilevanza. È inoltre previsto che la misura cautelare possa essere eseguita presso particolari istituti di custodia attenuata per madri ( icam ).

L’esecuzione della pena definitiva, viceversa, deve essere differita qualora la condannata abbia un figlio minore di un anno, mentre il differimento è facoltativo qualora il figlio ha meno di tre anni. Ciò, peraltro, non significa impunità: infatti, il differimento avviene con provvedimento del giudice, che può al contempo disporre la detenzione domiciliare.

Infine, in alternativa al carcere, e qualora ne sussistano i requisiti, la donna potrà essere ammessa a scontare la pena negli icam fino a che suo figlio non abbia compiuto sei anni, oppure presso il proprio domicilio o nelle case-famiglia protette, finché il bambino non abbia compiuto dieci anni.

Il rapporto dell’associazione Antigone restituisce un quadro piuttosto completo della situazione attuale in materia.

Le madri recluse in carcere con il proprio figlio al seguito sono attualmente due: una presso la sezione nido di Rebibbia, l’altra presso la sezione femminile di Lecce.

Gli istituti di custodia attenuata per madri sono quattro, ed al loro interno al 31 gennaio 2023 erano presenti 15 bambini. Si caratterizzano per la presenza di camere ampie, sale comuni, come biblioteche e ludoteche, e spazi esterni attrezzati. Gli ambienti sono in genere curati, sono assenti i tradizionali sistemi di sicurezza penitenziaria e gli agenti non indossano la divisa, ciò al fine di diminuire nei bambini la percezione della reclusione. Le detenute, inoltre, hanno libertà di movimento all’interno della struttura. Nei casi in cui sia prevista una permanenza non temporanea, i bambini frequentano gli asili nido o le scuole dell’infanzia cittadine, e svolgono attività esterne con l’ausilio di volontari. Occorre tuttavia osservare che, per quanto gli icam siano adattati alla presenza dei bambini, sono pur sempre istituti detentivi con tutti i limiti che ciò comporta per lo sviluppo della loro personalità.

Discorso diverso vale per le case famiglia, ove possono essere accolte anche le madri prive di un luogo idoneo alla detenzione domiciliare, per le quali altrimenti si aprirebbero le porte degli istituti di custodia. Esse consentono ai bambini di abbandonare il contesto proprio della detenzione e alle madri di istradarsi verso la piena autonomia ed il reinserimento.

La legge istitutiva delle case famiglia protette non ha previsto alcuna copertura finanziaria per la loro costituzione, le relative spese quindi gravano integralmente sui privati. Forse anche per questo allo stato ve ne sono solo due: una a Milano ed una a Roma.

In questo contesto, nella scorsa legislatura è stata approvata dalla Camera dei Deputati una proposta di legge volta ad escludere del tutto la possibilità di detenzione carceraria per le madri con prole fino ai sei anni, riservandola ai casi di evasione o tentata evasione dagli icam . La proposta di legge, inoltre, limita la possibilità di diniego della detenzione domiciliare ai casi di pericolo di commissione di altri delitti. Infine, prevede l’introduzione di misure volte a favorire la costituzione di case famiglia.

Ad oggi, tuttavia, pare che il Parlamento intenda percorrere una strada contraria, diretta verso l’ampliamento dei casi di carcerazione immediata delle madri con figli in tenera età.

Questa impostazione trascura il diritto del figlio ad instaurare una relazione con la madre e a non essere costretto alla reclusione per stare in sua compagnia, inoltre confonde la certezza della pena con le modalità della sua esecuzione. Per di più, trascura il fatto che l’ordinamento dispone di mezzi per reprimere l’abuso strumentale della maternità.

La condanna deve essere scontata, ma il carcere non è l’unica pena possibile.

La valorizzazione di misure alternative e preparatorie rispetto al distacco tra madre e figlio, come quelle della permanenza presso le case famiglia, potrebbe rappresentare un giusto equilibrio tra i diritti in gioco e la certezza della pena.

di Gianluca Pignotti

Gianluca Pignotti