Nel libro di monsignor Diego Giovanni Ravelli «La Domus ecclesiae»

Una guida ai luoghi
della celebrazione

 Una guida ai luoghi  della celebrazione  QUO-277
03 dicembre 2022

Offrire un percorso per «recuperare la capacità di porre e di comprendere i simboli della liturgia» (Desiderio desideravi, 44) laddove Gesù desidera incontrare i fedeli e raggiungerli con la potenza della sua Pasqua (cfr. n. 11): è la premessa da cui prende spunto il volume La Domus ecclesiae, con cui Diego Giovanni Ravelli accompagna il lettore nei “luoghi della celebrazione”, come recita il sottotitolo. Non una guida qualsiasi, quindi, ma il sacerdote che affianca Papa Francesco come maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie, il quale ha voluto raccogliere nel libro (Edizioni San Paolo, 272 pp, 20 euro) parte di articoli pubblicati su riviste specializzate. Un lavoro che in qualche modo intende essere una risposta alla lettera apostolica sulla formazione liturgica del popolo di Dio scritta dal Pontefice nel luglio scorso, a sua volta ricca di rimandi alla Costituzione Sacrosanctum concilium emanata dal Vaticano ii . Di seguito ampi stralci dell’introduzione dell’autore.

Se la Chiesa è il «sacramento universale della salvezza» ( lg 48), la Domus Ecclesiae è il “sacramento della Chiesa” stessa, in quanto “segno visibile” dell’unico vero tempio che è Cristo e il suo Corpo mistico, che celebra in un determinato luogo in spirito e verità. La chiesa-edificio è, dunque, «segno del mistero della Chiesa», cioè epifania del popolo di Dio radunato per lodare incessantemente il Signore, per nutrirsi della parola di Dio e intercedere per la salvezza del mondo, in particolare con la celebrazione dell’Eucaristia e dei sacramenti, così come viene sintetizzato nella grande preghiera di dedicazione di una chiesa.

Nell’edificio della chiesa sono distribuiti con sapienza e armonia i luoghi della celebrazione. Così ci ricordano le Premesse della C ei al Pontificale della dedicazione della chiesa e dell’altare: «Intorno all’altare, polo dello spazio sacro, si dispongono tutti gli elementi necessari per una celebrazione articolata e gerarchica del rito: la sede per la presidenza e l’ambone per la proclamazione della Parola. [...] Verso lo stesso altare, come a centro ideale, convergono il fonte battesimale, matrice e grembo della Chiesa, la sede propria per la riconciliazione e la cappella della custodia eucaristica».

Esattamente su questi “luoghi” coinvolti nella celebrazione del mistero di Cristo si ferma la nostra ricerca e riflessione.

Molto probabilmente sono spazi da noi abitualmente frequentati e ben conosciuti nelle dinamiche celebrative. Tuttavia, sembra che, oltre alla loro funzionalità, non ci dicano più nulla: rimangono “insignificanti” e li viviamo in modo per lo più indifferente. Romano Guardini, nel suo famoso e prezioso libro I santi segni, fa un’amara constatazione: «Viviamo in un mondo di segni, ma la realtà che essi significano l’abbiamo perduta». Sappiamo forse bene a che cosa servono e a quale funzione sono destinati, ma non ci dicono altro. Rimangono segni muti, spesso ingrigiti dall’abitudine e di cui, forse o senza forse, abbiamo perso quel ricco senso intrinseco da essi significato.

Eppure, i luoghi della celebrazione nell’aula dell’assemblea liturgica non sono “neutri” e neppure semplicemente “funzionali al rito”. Essi sono spazi pieni di “senso” e dei veri “luoghi simbolici”, soprattutto quando la comunità dei credenti è radunata per celebrare i santi misteri, ma anche fuori della celebrazione stessa con la loro semplice e nobile presenza. Vere “icone” della nostra fede celebrata.

Nell’edificio-chiesa si pongono come realtà o poli singolari che non possono e non debbono essere considerati come semplici spazi arredati, benché necessari, per poter svolgere le celebrazioni. Neppure si presentano come degli splendidi monumenti, frutto o meno dell’arte e della genialità umana. Essi sono “memoriali” e cioè i luoghi in cui celebriamo gli eventi della nostra fede che superano lo spazio e il tempo. Sono quindi strettamente legati a quanto si celebra: ciò che di essi è visibile, assieme ai gesti e alle preghiere, ci mostra e dona l’invisibile.

Le pagine di questo studio (...) non propongono un corso di architettura per la liturgia, ma si offrono come una “visita guidata” nell’edificio della chiesa ai luoghi liturgici o, meglio, come un percorso mistagogico che accompagna il lettore a scoprire la valenza, la bellezza e la ricchezza di questi “santi segni”, al fine di aiutare ciascuno a passare dai segni al mistero e a coinvolgere in esso l’intera esistenza.

Come la catechesi mistagogica, tanto cara ai Padri della Chiesa antica, aveva lo scopo d’iniziare i neofiti nell’intelligenza dei sacramenti ricevuti nella santa notte di Pasqua, aiutandoli a scoprire la valenza dei gesti e delle parole della liturgia, similmente l’itinerario qui offerto, nel far prendere maggiore consapevolezza della pregnanza di senso e significato di questi segni visibili all’interno dell’edificio-chiesa, ha come fine quello di introdurre, accompagnare, condurre e formare l’assemblea liturgica a una partecipazione sempre più «piena, consapevole e attiva» ( sc 14). Proprio noi, che siamo abituali frequentatori di questi spazi per la preghiera e la celebrazione, veniamo invitati a coglierne la precipua funzione nel a liturgia come anche il ricco significato simbolico (...)

Ecco allora in queste pagine la proposta di una “via mistagogica” che attraversa i luoghi nei quali viene celebrato il mistero pasquale, reso presente dalla liturgia per ritus et preces. Una via idonea di formazione liturgica per essere un po’ meno spettatori e più protagonisti nella celebrazione dell’incontro con il mistero della nostra salvezza.

La presente pubblicazione, dedicata agli spazi liturgici nell’aula ecclesiale, non ha certamente la presunzione del rigore e della completezza di studi specialistici, tuttavia non s’inquadra neppure in una prospettiva di semplice divulgazione. Infatti, imprescindibili compagni di viaggio e insostituibile bussola del cammino, nel percorso di ricerca della funzionalità rituale e della dimensione simbolica dei luoghi per la celebrazione, sono stati soprattutto la storia liturgica, i documenti del Concilio Vaticano ii e della C ei , e i libri liturgici della riforma che con i loro Ordines regolano e animano la lex orandi della Chiesa,

L’unica ambizione non è altro che quella di offrire un sussidio o uno strumento, che ci si augura essere utile e pratico, per la formazione liturgica permanente sia dei ministri ordinati sia di tutti coloro, consacrati e laici, che sono impegnati nella catechesi e nella pastorale e, in modo speciale, nella cura, nella preparazione e nella guida della preghiera liturgica.

L’auspicio finale, pertanto, è quello di poter essere per il lettore una guida affidabile e utile in una “visita” ai luoghi liturgici dell’edificio cultuale, spesso testimoni di profonda fede e tesori di preziosa arte, per interrogarli e riscoprirli come “segni” che, ancora prima del loro compito funzionale, ci “parlano” — come direbbe ancora Romano Guardini — con la loro stessa presenza, attraverso un linguaggio simbolico che, senza servirsi della parola, sa arrivare alla mente e al cuore del credente.