Con lo sguardo del buon samaritano Un progetto della Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti

Vite che profumano di pane

 Vite che profumano di  pane  ODS-005
03 dicembre 2022

«In questi giorni ti porterò in giro con la nostra Panda gialla segnata dalle parole il senso del pane. Sarai anche tu, per un giorno, postino di Gesù». Sorpresa dalla sua affermazione, rispondo: «Postino, io?» e lui: «Si, postino di Gesù. Andremo a distribuire le ostie nelle chiese di Roma». La telefonata si conclude con la sensazione di un incontro ricco di bellezza. L’appuntamento è fissato per il giovedì seguente a Via Gregorio vii .

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Le luci di un inedito tramonto di novembre irradiano la cupola di San Pietro e il mio incontro con Stefano Curzi, romano e volontario del progetto “il senso del pane” della Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti. Il suo ciondolo di legno a forma di sole, simbolicamente rappresentativo di quello che mi avrebbe raccontato più avanti, mi colpisce prima ancora della sua stretta di mano. «Ma la Panda gialla, dov’è? Perché postino di Gesù?» chiedo.

Non mi risponde subito e si imbarca nel racconto di un passato che non sembra avere molto in comune con la sua storia attuale, che ha il sapore di una conversione, di un cambiamento di rotta. Gli chiedo di fare un salto dritto nel presente, certa di ascoltare un racconto da cui sarei rimasta affascinata, come anche coloro che questa storia l’avrebbero letta. Stefano ricorda la sua amicizia con Paolo Mosca e di quella attuale con suo figlio Arnoldo, Presidente della Fondazione Casa dello Spirito e della Arti, che affianca nella fase finale del progetto “Il senso del pane”. Nasce tutto, mi spiega, da un’ispirazione di Arnoldo Mosca Mondadori di creare — all’interno delle carceri — dei laboratori per la produzione di ostie, che vengono donate ogni settimana a decine di chiese in tutta Italia. A Milano, nel carcere di Opera è nato, nel 2015, il primo laboratorio di produzione artigianale di ostie, affidato alle mani di tre detenuti, macchiati da un passato criminoso, convertiti e pentiti. Un progetto che si è esteso rapidamente e che oggi conta, in tutto il mondo, 17 laboratori.

«Con la mia Panda gialla» continua Stefano «raggiungo chiunque ne faccia richiesta telefonando o scrivendo all’indirizzo email ilsensodelpane@gmail.com, pensato per il progetto»; insomma, un appello rivolto alle chiese e agli istituti religiosi di Roma e di tutta Italia, perché queste ostie siano dono per tutti.

Mentre Stefano racconta, la sensazione di chiedersi quale senso abbia “quel pane” è molto forte. Per coloro che quel pane lo preparano, è motivo per non sentirsi ultimi, per scoprire di essere ancora vivi, per restituire valore alla propria vita con la quale sono in debito, per riconoscersi uomini. Per chi, come Stefano, questo pane lo distribuisce, trascorrendo parte della giornata a bordo della sua Panda gialla, è un dono l’incontro con sacerdoti e religiosi/e che lo accolgono; è la risposta alla chiamata di chista spettando quel pane, perché è tempo di Natale e le chiese sono gremite di umanità. Per coloro che ricevono in dono quel pane e poi lo consacreranno, è simbolo del lavoro di uomini redenti e di una carità che si propaga. Il mio incontro con Stefano diventa itinerante e la promessa di essere postini per un giorno viene mantenuta.

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Siamo diretti alla Parrocchia di San Basilio a cui, per la prima volta, verranno donate le ostie del laboratorio del carcere di San Vittore, prodotte da donne detenute. Ad attenderci c’è don Stefano Sparapani, che ci accoglie con lo scetticismo di chi, non sapendo bene chi siamo, prende le distanze e al quale, però, strappiamo un po’ di tempo dai poveri che lo attendono fuori alla porta del suo ufficio. Il clima è teso inizialmente. Don Stefano è provato dalla miseria della sua gente, dalle richieste di aiuto cui deve far fronte, dalle necessità di un quartiere che rimane inascoltato e fa leva sul volontariato vincenziano, che da anni distribuisce pacchi alimentari alle famiglie in difficoltà e — da un anno — offre assistenza gratuita pensando all’uomo e ai suoi bisogni di cura.

Stefano senza esitare arriva al punto, consegnando le ostie e spiegando che a produrle sono gli ultimi, gli scartati a prescindere, i reclusi che cercano di ridare dignità alla propria vita, insomma «ostie che da una periferia raggiungono altre periferie di Roma e del mondo». Don Stefano ci commuove perché vorrebbe lasciare un’offerta personale, ma questo non è lo spirito del progetto, ribadisce Stefano, né l’intento della Fondazione. Alla fine di una lunga chiacchierata, in cui è tangibile la sua preoccupazione, Don Stefano ribatte, con rammarico, che «se il sistema avesse a mente l’uomo, non ci sarebbe questo disastro economico che investe il lavoro, la famiglia, la salute facendo accrescere il numero dei poveri e popolando le carceri, senza prevederne per questi ultimi un programma di rieducazione. Questo progetto, come tanti altri da realizzare in carcere, ha un grande valore sociale e umano».

Ci congediamo riprendendo la strada verso il centro di Roma, perché ad attenderci c’è Suor Melania, che ci porta, attraverso il racconto dei sacerdoti che celebrano la messa in carcere, in quei luoghi in cui il lavoro è la svolta per ridonare la speranza e restituire dignità alla vita.

Finisce qui il mio viaggio a bordo della Panda gialla e penso agli uomini e alle donne che ogni giorno si svegliano per preparare quel pane, perché sia donato e consacrato. Per fare questo, non puoi che esserti convertito, non puoi non avere fede e hai imparato cosa vuol dire vivere per gli altri. Il profumo del pane che respiri non può non averti, nuovamente, fatto innamorare della vita! Come insegnano i domenicani, essere pane significa che devi essere disponibile, a tempo pieno. Significa che devi essere umile, come il pane, che non figura nella lista delle specialità; ma è sempre lì per accompagnare. Significa che devi coltivare la tenerezza e la bontà, perché così è il pane, tenero e buono.

«Grazie Stefano, per la tua testimonianza e la tua bontà. Grazie alla Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti, che ha reso possibile questo incontro e offre la possibilità a tanti uomini e donne di farsi pane e di innamorarsi ancora della vita».

di Rossana Ruggiero