Il cardinale Krajewski a Izyum

Né parole né lacrime
Solo preghiere

 Né parole né lacrime Solo preghiere  QUO-215
20 settembre 2022

«Non ci sono le parole, né le lacrime». Il cardinale Konrad Krajewski, Elemosiniere del Papa inviato da lui per la quarta volta in Ucraina, racchiude in questa frase il senso di una giornata difficile che lascia il cuore appesantito dal dolore e che solo la preghiera può alleggerire e sollevare.

Da Kharkhiv, dove è giunto in serata, racconta della mattinata passata con monsignor Pavlo Honcharuk, vescovo della diocesi di Kharkiv-Zaporizhia, a Izyum, una località «appena lasciata dai russi» e dove sono stati ritrovati i resti di circa 500 persone. «Lì abbiamo assistito a una “celebrazione” — possiamo dire così — dove 50 uomini giovani, soprattutto poliziotti, vigili del fuoco, soldati vestiti con tute bianche scavavano e portavano via dalle tombe, spesso comuni, le salme dei poveri ucraini uccisi, qualcuno 3-4 mesi fa, qualcuno appena sepolto lì». Si resta ammutoliti davanti a tanto orrore. «Lo so… c’è la guerra — spiega il cardinale Krajewski — e la guerra non conosce la pietà, ci sono anche i morti. Certo che vederne così tanti in una zona è una cosa difficile da raccontare, da spiegare».

Portare via i corpi nel silenzio, in una partecipazione commossa e toccante. Krajewski guarda e vede in chi è chiamato a un doloroso compito la pietà di ogni uomo. «C’era una cosa che mi ha toccato tanto: questi giovani ucraini tiravano fuori le salme in modo così delicato, così silenzioso, totalmente silenzioso. Sembrava una celebrazione, nessuno parlava ma li c’erano tanti poliziotti, soldati… Almeno 200 persone. Tutti in silenzio, con una stima incredibile per il mistero della morte. Veramente c’era tanto da imparare da questi ragazzi».

«Veramente è stato un momento toccante vedere in che modo portavano le salme. Sembrava che lo facessero per le proprie famiglie, per i propri genitori, figli, fratelli. Io e il vescovo giravamo tra di loro, io dicevo la coroncina della Misericordia in continuazione, siamo stati almeno 3 ore. Non potevo fare altro». E’ stata — sottolinea il cardinale — «una celebrazione della misericordia, un gesto totalmente gratuito. Questo mi è rimasto ora che sono tornato a Karkhiv, mi trovo nella cappella e penso a questi giovani». É stata una giornata difficile, segnata anche dalla visita ad una stazione di polizia, trasformata in una camera di tortura.

«Io lo sapevo di trovare tanti morti ma ho incontrato uomini che hanno mostrato la bellezza che ogni tanto è nascosta nei nostri cuori. Hanno mostrato una bellezza umana nel posto — racconta commosso il cardinale Krajewski — dove ci poteva essere solo vendetta. Invece no. Mi sono venute in mente le parole della Sacra Scrittura che il male bisogna sempre vincerlo con il bene». Una certezza che è balsamo sulle piaghe di questa guerra.

Due giorni fa il cardinale polacco è stato raggiunto da colpi d’arma da fuoco, rimanendo illeso, mentre consegnava aiuti a Zaporizhia insieme ad altri due vescovi, uno cattolico e uno protestante, e accompagnato da un soldato ucraino. «Per la prima volta nella mia vita — ha detto a Vatican News — non sapevo dove fuggire ... perché non basta correre, bisogna sapere dove». Alla fine è andato tutto bene, nessuno è rimasto ferito e gli aiuti sono stati consegnati fino all’ultimo, anche i rosari benedetti dal Papa e chi li riceveva subito li metteva intorno al collo. 

Domani Krajewski raggiungerà Kiev e di lì ripartirà per Roma.

di Benedetta Capelli